SIR
mercoledì 1 luglio 2009
L'economista Zamagni: la 'Caritas in veritate' non nasce come risposta alla crisi finanziaria, ma è un invito a superare i vecchi modelli
“Caritas in veritate”, la terza Enciclica di Benedetto XVI, inizialmente doveva rappresentare il completamento della riflessione sulla globalizzazione avviata da Giovanni Paolo II con la Centesimus annus”. È quanto afferma all'agenzia SIR l'economista Stefano Zamagni, docente all'Università di Bologna e consultore del Pontificio Consiglio di Giustizia e Pace. L'economista interverrà alla conferenza stampa di presentazione del documento in sala stampa vaticana martedì 7 luglio. Zamagni ricorda che nel 1991, anno di pubblicazione della “Centesimus annus”, il “fenomeno” della globalizzazione “era da poco iniziato, e dunque non si vedevano ancora le conseguenze che oggi, invece, sono sotto gli occhi di tutti”. L’Enciclica di Benedetto XVI, precisa l’economista, “non nasce come risposta alla crisi economico-finanziaria: il Papa ha detto che si tratta di un approfondimento della "Populorum progressio" di Paolo VI”. Zamagni sottolinea che “il punto chiave della recente riflessione sulla dottrina sociale della Chiesa sta nell'indicare agli uomini di oggi la via per il superamento dei due modelli che, finora, avevano guidato i comportamenti in ambito sia economico sia politico: da un lato il modello legato al blocco sovietico - e a questo ci aveva già pensato la Centesimus annus - dall'altro quel modello da taluni definito liberista che dovrebbe avere solo una posizione marginale nell'economia di mercato”. Per l’economista, “l'errore corrente, rimarcato dalla dottrina sociale della Chiesa, sta nell'identificazione dell'economia di mercato con un particolare modello, ovvero quello capitalistico".