“Se il nostro è un rapporto tra fratelli c’è da chiedersi sinceramente a che punto siamo di questo percorso e quanto ci separa ancora dal recupero di un rapporto autentico di fratellanza e comprensione” e “cosa dobbiamo fare per arrivarci”. Nel saluto al Papa in visita alla Sinagoga, Riccardo Di Segni (nella foto con Benedetto XVI), rabbino capo della comunità ebraica di Roma, ha invitato a riflettere sul “rapporto tra ebrei e cristiani” per capire “cosa dobbiamo e possiamo fare insieme”. Ad esempio, ha sottolineato Di Segni, “si parla molto in questi tempi dell’urgenza di proteggere l’ambiente” e “su questo punto abbiamo delle visioni comuni e speciali da trasmettere” perché “gli imperativi biblici che condividiamo, insieme a quello della misericordia” sono quelli di “vivere la propria religione con onestà e umiltà, come potente strumento di crescita e promozione umana, senza aggressività, senza strumentalizzazione politica, senza farne strumento di odio, di esclusione e di morte”. Nel ricordare i “pannelli elogiativi” esposti dagli ebrei durante la processione per le vie di Roma a seguito dell’elezione di un nuovo Papa, il rabbino ha precisato che “sono le aperture del Concilio che rendono possibile questo rapporto” tra ebrei e cristiani ma “se venissero messe in discussione non ci sarebbe più possibilità di dialogo”. Al “miracolo di sopravvivenza” degli ebrei nella storia “mentre gli imperi che li avevano assoggettati e sconfitti non esistevano più”, ha proseguito Di Segni, “si è aggiunto il miracolo dell’indipendenza riconquistata dello Stato d’Israele” che è “un’entità politica, garantita dal diritto delle genti”. Oggi, ha ribadito il rabbino, “viviamo una stagione di riscoperta della nostra tradizione, di studio e di pratica della Torà” mentre “le nostre scuole crescono, crescono i servizi religiosi, le sinagoghe si moltiplicano nel tessuto urbano” e “tutto questo avviene con una piena integrazione nella città, in spirito di amicizia, di accoglienza, di solidarietà e di apertura”. Inoltre, Di Segni ha ricordato che “il silenzio di Dio o la nostra incapacità di sentire la Sua voce davanti ai mali del mondo, sono un mistero imperscrutabile” ma “il silenzio dell’uomo è su un piano diverso, ci interroga, ci sfida e non sfugge al giudizio”. “Ebrei, Cristiani e altri fedeli sono stati perseguitati e continuano ad essere perseguitati nel mondo per la loro fede”, ha concluso Di Segni: “Malgrado una storia drammatica, i problemi aperti e le incomprensioni, sono le visioni condi vise e gli obiettivi comuni che devono essere messi in primo piano”.
Riccardo Pacifici: segno profondo nelle relazioni
“Quello odierno è un evento che lascerà un segno profondo nelle relazioni fra il mondo ebraico e quello cristiano, non solo sul piano religioso ma soprattutto per la ricaduta che auspichiamo possa avere tra le persone nella società civile”. È l’augurio espresso ieri da Riccardo Pacifici, presidente della comunità ebraica di Roma. Dopo aver dichiarato che sul tema dell’immigrazione “possiamo e dobbiamo contrastare paura e sospetto, egoismo ed indifferenza” e “rafforzare la cultura dell’accoglienza e della solidarietà, dell’altruismo e della sete di conoscenza dell’altro”, Pacifici ha posto l’accento sul “peso della storia” che “si fa si sentire anche sull’evento di oggi con ferite ancora aperte che non possiamo ignorare” e “per questo guardiamo con rispetto anche coloro che hanno deciso di non essere fra noi”. Sul processo di beatificazione di Papa Pacelli, infine, Pacifici ha ribadito che “il silenzio di Pio XII di fronte alla Shoàh, duole ancora come un atto mancato” perché “forse non avrebbe fermato i treni della morte, ma avrebbe trasmesso, un segnale, una parola di estremo conforto, di solidarietà umana, per quei nostri fratelli trasportati verso i camini di Auschwitz”.
Renzo Gattegna: la nuova stagione è solo all'inizio
“La nostra generazione, che è sopravvissuta alla Shoah, e che, poi, ha avuto la fortuna di vedere realizzata la millenaria aspirazione alla ricostruzione dello Stato d’Israele, si sente pronta ad affrontare le prossime sfide, di cui la principale sarà quella di contribuire ad instaurare nel mondo, per tutti, il rispetto dei diritti umani fondamentali, cosicchè le diversità non siano, mai più, causa di conflitti ideologici o religiosi, bensì di reciproco arricchimento culturale e morale”. Lo ha dichiarato ieri Renzo Gattegna, presidente dell’Unione delle comunità ebraiche Italiane. “La nuova stagione è solo agli inizi”, ha sottolineato Gattegna, e c’è “un lungo cammino da percorrere, ma tutto sarà più facile se sapremo riempire di contenuto e dare il giusto significato a quel termine stupendo ‘fratelli’ con il quale i nostri predecessori si salutarono ventiquattro anni fa (visita di Giovanni Paolo II alla sinagoga di Roma del 13 aprile 1986, ndr), impegnandosi a costruire un prezioso rapporto di amicizia”.