"Veni, Creator Spiritus, mentes tuorum visita…". I sacerdoti romani cantano l’inno e accolgono Benedetto XVI nell’Aula delle Benedizioni, per il tradizionale incontro all’inizio della Quaresima. Ascoltano attenti la lectio divina sulla Lettera agli Ebrei. E al termine, dopo aver salutato con affetto il Papa, il loro vescovo, riflettono insieme, si scambiano opinioni. Ciascuno tornerà in parrocchia pronto ad affrontare gli impegni pastorali con rinnovato vigore. Ne è sicuro don Enrico Rampone, viceparroco nella comunità del Preziosissimo Sangue di Nostro Signore Gesù Cristo. "Quello che mi piace sempre di questo appuntamento – sottolinea – è che si tratta di un’occasione per incontrare da vicino il nostro vescovo, che è anche un po’ il vescovo del mondo". Ma rispetto al passato c’è una novità: il Pontefice ha tenuto ieri una lectio, mentre gli anni scorsi l’incontro era sempre strutturato come un dialogo, con le domande di alcuni presbiteri e le risposte del Santo Padre. "Mi ha colpito molto il passaggio sulla sofferenza di Cristo – aggiunge don Enrico –. Il Papa ha invitato noi sacerdoti a seguire l’esempio di Gesù, partecipando alle sofferenze dell’essere umano. Questo è un punto centrale del sacerdozio". Concorda don Giampiero, parroco: "Il sacerdote è chiamato a condividere le gioie e le sofferenze con tutte le persone che fanno parte della comunità cristiana, come ha fatto Cristo. Si tratta di valorizzare la nostra 'umanità' nel senso più pieno del termine, come compassione, capacità di piangere anche, quando serve". La parola 'compassione' torna nelle riflessioni di don Daniele Salera, educatore al Pontificio Seminario Romano Maggiore. "L’incarnazione ha portato Cristo a compatire, nel senso più letterale del termine, le grida e le sofferenze dell’umanità. E il sacerdozio è sicuramente una via per compatire". Un aspetto su cui si punta molto, nei vari Seminari della diocesi. "Al giorno d’oggi arrivano da noi tanti ragazzi portati a un ascolto del sé più che dei bisogni degli altri – osserva don Salera –. Hanno diversi punti deboli, causati dalla cultura di cui sono imbevuti, legata al soddisfacimento immediato dei propri bisogni. La formazione sacerdotale, al contrario, insegna alla rinuncia, e la più grande è proprio quella alla propria volontà. Siamo chiamati all’obbedienza". Da intendersi, però, come "valore evangelico legato al sacerdozio di Gesù", commenta don Marco Vianello, che guida la comunità di San Saturnino. "È da rileggere nell’ottica dell’obbedienza di Gesù al Padre – spiega il parroco – e in questo senso assume un valore molto importante". Don Marco ha apprezzato molto la formula della lectio: "Quello di oggi (ieri) è stato un incontro meno dialogato, ma a mio avviso più positivo e costruttivo rispetto al passato". Gli fa eco don Francesco, collaboratore in una parrocchia dell’Eur: "Un’idea molto edificante, che ci ha fatto riflettere in modo positivo".
Giulia Rocchi, Avvenire