lunedì 15 febbraio 2010

Lo scandalo preti pedofili nella Chiesa irlandese. In Vaticano due dei vescovi accusati. La linea dura di mons. Martin non sostenuta da tutto il clero

La gravissima crisi della Chiesa Cattolica irlandese è stata scatenata dalla pubblicazione l'anno scorso, a pochi mesi di distanza l'uno dall'altro, di due dettagliati rapporti sugli abusi sessuali commessi da membri della Chiesa a danno di minori. Il primo, detto Ryan Report, dal nome del giudice che ha condotto i lavori della commissione d'inchiesta, si occupa degli abusi perpetrati tra la fine degli anni '30 la fine degli anni '70 nelle scuole e negli istituti gestiti da religiosi che accoglievano minori in difficoltà. Pubblicato nel maggio 2009 dopo dieci anni di indagini, il rapporto è lungo 3.500 pagine, è costato 70 milioni di euro e raccoglie circa 2.500 testimonianze di orfani, minori condannati per reati diversi e figli di famiglie 'difficili', che avevano frequentato gli istituti religiosi. Il clamore suscitato dal Ryan Report è stato enorme, ma dopo appena pochi mesi è la volta della pubblicazione di un altro rapporto devastante: si tratta del Murphy Report sugli abusi commessi nell'arcidiocesi di Dublino dal 1975 al 2004. In particolare, l'indagine si concentra sulla risposta delle gerarchie della Chiesa alla denunce degli abusi presentate dalle vittime o dalle famiglie, e mette in luce come ''la principale preoccupazione'' dei vescovi, ''almeno fino alla metà degli anni '90, sia stata quella di mantenere il segreto, di evitare lo scandalo, di proteggere la reputazione della Chiesa e i suoi beni materiali. Tutte le altre considerazioni, compresa la salute dei bambini e la giustizia per le vittime, erano subordinate a queste priorita'''. Ben quattro arcivescovi di Dublino vengono accusati nel rapporto di aver coperto gli abusi, compreso il predecessore dall'attuale presule, il card. Desmond Connell, oggi in pensione, insieme ai loro ausiliari e a sacerdoti che lavoravano con loro. Di questi, cinque sono vescovi ancora in carica, e l'attuale arcivescovo di Dublino, mons. Diarmuid Martin, arriva a suggerirne in maniera neanche troppo velata le dimissioni. Il primo a 'cedere', dopo settimane di proteste da parte delle vittime, è mons. Donal Murray, vescovo di Limerick, il 18 dicembre, seguito da mons. Jim Moriarty, vescovo di Kildare, il 23, e dai due attuali ausiliari di Dublino, i monsignori Raymond Field e Eamonn Walsh. Fino ad oggi, Papa Benedetto XVI ha accettato le dimissioni solo di mons. Murray. Nel rapporto è coinvolto anche mons. Martin Drennan, vescovo di Galway, che però fino ad oggi ha difeso il suo comportamento e si è rifiutato ostinatamente di presentare le dimissioni: oggi è in Vaticano per partecipare al summit di due giorni con il Papa su come rispondere alla crisi degli abusi, insieme al dimissionario vescovo Moriarty. La Chiesa irlandese, e in particolare l'arcivescovo di Dublino Martin, ha fino ad oggi risposto alla crisi ammettendo senza reticenze le proprie colpe, prendendo risolutamente la parte delle vittime e invocando risposte energiche e concrete per rispondere ai problemi evidenziati da due rapporti. ''Noi, come vescovi chiediamo scusa a tutti coloro che sono stati abusati da preti come bambini, alle loro famiglie e a tutte le persone che si sentono giustamente indignate e deluse dalla mancanza di autorità morale e di responsabilità che emerge dal Rapporto'', scrivevano in dicembre i vescovi dopo una riunione della Conferenza Episcopale dedicata proprio ai contenuti del Murphy Report. Da più parti dentro la Chiesa si sono sollevate richieste di riforme radicali nella struttura e nella gestione delle diocesi, fino alla convocazione di un Sinodo nazionale. Questa 'linea dura' però, non ha trovato il sostegno pieno da parte di tutta la Chiesa: il giornale cattolico Irish Catholic ha pubblicato la trascrizione di una riunione tra l'arcivescovo di Dublino Martin, in prima fila nel rispondere alla crisi, e i suoi preti che lo accusavano di essere diventato una ''fonte di divisione'' per la Chiesa con la sua richiesta di dimissioni per i vescovi accusati dall'inchiesta. Mons. Martin ha anche chiesto a un altro ausiliare di Dublino, oggi in pensione, mons. Dermot O'Mahony, di non celebrare le cresime, un gesto che ha 'scandalizzato' molti preti. Secondo molti commentatori, dai contenuti della lettera alla Chiesa irlandese che Papa Benedetto XVI sta preparando, che dovrebbe essere diffusa dopo la fine dall'incontro in Vaticano, e in particolare dalla sorte di mons. Drennan, si vedrà se la linea di mons. Martin viene appoggiata o meno dal Papa e dalla Curia. Ieri, in una conferenza stampa pre-summit a Roma, mons. Joe Duffy, vescovo di Clogher, ha spiegato che il caso di Drennan non viene sollevato nella relazione con cui ha aperto questa mattina l'incontro con il Papa. Quanto alle sue dimissioni, ha concluso, ''questo è qualcosa che accadrà, o non accadrà, come risultato della discussione generale che si terrà in questi due giorni col Santo Padre''. Il responsabile per le Comunicazioni della Conferenza Episcopale irlandese, mons. Joseph Duffy, vescovo di Clogher, le sue parole, pronunciate a nome di tutti i vescovi, sono state riportate questa mattina da diversi siti anglofoni. "Ammetto con molta franchezza quello che tutti sanno", ha detto Duffy, secondo quanto riportato dalle fonti, episodi che hanno inferto alla Chiesa "ferite profonde", mettendola in una "situazione molto seria". Un "grave danno", "all'autorità della Chiesa e alla fedeltà al Vangelo di Gesù Cristo" rispetto al quale l'incontro di oggi e domani con il Papa non si rivelerà "un semplice esercizio cosmetico".

Asca, Il Messaggero.it