La Chiesa adotti uno stile di vita casto, povero e obbediente: è quanto affermato da Benedetto XVI nell’Udienza generale in Aula Paolo VI, davanti ad ottomila fedeli. Il Papa ha dedicato la sua catechesi a San Bonaventura di Bagnoregio, dottore della Chiesa, che seppe armonizzare la spiritualità francescana con la riflessione teologica. “Uomo buono, affabile, pio e misericordioso, colmo di virtù, amato da Dio e dagli uomini”: Benedetto XVI prende a prestito le parole di un antico elogio pontificio per offrire un ritratto di San Bonaventura da Bagnoregio. Un “uomo di azione e contemplazione”, ha sottolineato il Papa, che contribuì alla composizione di un’“armonia tra fede e cultura”. Quindi, ha ricordato il suo recente pellegrinaggio a Bagnoregio ed ha confidato ai fedeli il suo amore per San Bonaventura, fin dagli anni giovanili: “Vi confido che, nel proporvi questo argomento, avverto una certa nostalgia, perché ripenso alle ricerche che, da giovane studioso, ho condotto proprio su questo autore, a me particolarmente caro. La sua conoscenza ha inciso non poco nella mia formazione”. Benedetto XVI ha quindi ripercorso la straordinaria parabola umana di San Bonaventura, al secolo Giovanni da Fidanza. Un episodio accaduto quando era ragazzo, ha rammentato il Papa, lo segnò profondamente. In fin di vita per una grave malattia, viene salvato grazie a San Francesco d’Assisi a cui la madre aveva chiesto un’intercessione. Giovanni si interroga dunque sulla sua vita e “affascinato dalla testimonianza di fervore e radicalità evangelica dei Frati Minori”, viene accolto nella grande famiglia dei discepoli di Francesco. Il Papa ha quindi richiamato le parole dello stesso San Bonaventura sulle ragioni della sua scelta: “Scriveva così in una lettera indirizzata ad un altro frate: “Confesso davanti a Dio che la ragione che mi ha fatto amare di più la vita del beato Francesco è che essa assomiglia agli inizi e alla crescita della Chiesa. La Chiesa cominciò con semplici pescatori, e si arricchì in seguito di dottori molto illustri e sapienti; la religione del beato Francesco non è stata stabilita dalla prudenza degli uomini, ma da Cristo” Nel 1243, Giovanni veste il saio francescano e assume il nome di Bonaventura. Inizia così, a Parigi, anche i suoi studi di teologia. Matura negli anni una “propria riflessione personale e una sensibilità spirituale di grande valore” e, così, ha detto il Papa, “diventa uno dei teologi più importanti della storia della Chiesa”. Sottolinea in particolare il titolo della tesi che egli difese “per essere abilitato all’insegnamento della teologia”, “Questioni sulla conoscenza di Cristo”. “Questo argomento mostra il ruolo centrale che Cristo ebbe sempre nella vita e nell’insegnamento di Bonaventura. Possiamo dire senz’altro che tutto il suo pensiero fu profondamente cristocentrico”. Negli anni in cui San Bonaventura era a Parigi, ha rammentato il Papa, si contestava ai francescani e ai domenicani di insegnare nell’università, mettendo “in dubbio persino l’autenticità della loro vita consacrata”. In realtà, è stata la sua riflessione, i cambiamenti introdotti dagli Ordini Mendicanti “nel modo di intendere la vita religiosa” erano “talmente innovativi che non tutti riuscivano a comprenderli”. Si aggiungevano poi come a volte accade, “anche tra persone sinceramente religiose, motivi di debolezza umana come l’invidia e la gelosia”. Bonaventura si occupa della questione nell’opera “La perfezione evangelica” in cui dimostra che gli Ordini Mendicanti, “praticando i voti di povertà, di castità e di obbedienza, seguivano i consigli del Vangelo stesso”. Un insegnamento sempre attuale: “La Chiesa è resa più luminosa e bella dalla fedeltà alla vocazione di quei suoi figli e di quelle sue figlie che non solo mettono in pratica i precetti evangelici ma, per la grazia di Dio, sono chiamati ad osservarne i consigli e testimoniano così, con il loro stile di vita povero, casto e obbediente, che il Vangelo è sorgente di gioia e di perfezione”. San Bonaventura sarà anche Ministro generale dell’Ordine dei Frati Minori per 17 anni. Un incarico, ha affermato il Papa, svolto con “saggezza e dedizione”, intervenendo “talvolta con una certa severità per eliminare gli abusi”. Per evitare il pericolo di una frattura interna, fu dunque ratificato un testo di Bonaventura in cui “si unificavano le norme che regolavano la vita quotidiana dei Frati Minori”. “Bonaventura intuiva, tuttavia, che le disposizioni legislative, per quanto ispirate a saggezza e moderazione, non erano sufficienti ad assicurare la comunione dello spirito e dei cuori. Bisognava condividere gli stessi ideali e le stesse motivazioni”. Per questo motivo, Bonaventura volle presentare “l’autentico carisma di Francesco, la sua vita ed il suo insegnamento”. Ascoltò con attenzione i ricordi di coloro che avevano conosciuto direttamente Francesco e ne nacque una biografia del Santo di Assisi. Qual è dunque l’immagine di San Francesco che “emerge dal cuore e dalla penna del suo figlio devoto e successore, San Bonaventura?”: “Francesco è un alter Christus, un uomo che ha cercato appassionatamente Cristo. Nell’amore che spinge all’imitazione, egli si è conformato interamente a Lui. Bonaventura additava questo ideale vivo a tutti i seguaci di Francesco. Questo ideale, valido per ogni cristiano, ieri, oggi, sempre, è stato indicato come programma anche per la Chiesa del Terzo Millennio dal mio Venerabile Predecessore Giovanni Paolo II”. Un programma che si incentra in Cristo stesso “da conoscere, amare, imitare, per vivere in lui la vita trinitaria, e trasformare con lui la storia fino al suo compimento nella Gerusalemme celeste”.