Il Papa all'ambasciatore di Macedonia: forte dell'identità cristiana costruisca il suo futuro e porti all'Europa il contributo della sua esperienza
“Mantenere vivi e saldi” i principi cristiani conosciuti sin dall’antichità, per costruire una pace giusta nel presente e nel futuro e una società non condizionata dal relativismo morale. Sono i principali auspici che Benedetto XVI ha espresso nel suo discorso al nuovo ambasciatore della Macedonia presso la Santa Sede Gioko Gjorgjevski (foto), ricevuto questa mattina in udienza per la presentazione delle Lettere credenziali. La Macedonia ambisce legittimamente a far parte della comunità europea e al suo interno, ha riconosciuto Benedetto XVI, si colgono i segni di un “armonico progresso”. Ma per costruire il futuro che si vuole bisogna tener conto della storia di un popolo, della sua cultura e della anima, per essere certi che il nuovo regga ai condizionamenti che possono nascere da ferite sociali mai rimarginate, da interessi economici globali che ignorano i bisogni locali, dalle voci dei relativismi che soffocano quelle delle coscienze. Al nuovo ambasciatore, il Papa ha ricordato che la Macedonia conserva segni “ben visibili” dei “valori umani e cristiani” ai quali far riferimento. “Attingendo a tale patrimonio, i cittadini del Suo Paese continueranno a costruire anche in futuro la propria storia e, forti della loro identità spirituale, potranno apportare al consorzio dei popoli europei il contributo della loro esperienza. Per questo, auspico vivamente che vadano a buon fine le aspirazioni e i crescenti sforzi di questo Paese per far parte dell’Europa unita, in una condizione di accettazione dei relativi diritti e doveri e nel reciproco rispetto di istanze collettive e di valori tradizionali dei singoli popoli”. Si respira, nella Repubblica ex-jugoslava, un clima “in cui le persone – ha detto il Pontefice – si riconoscono fratelli, figli dello stesso Dio e cittadini dell’unico Paese”. Tuttavia, ha osservato, dialogo e pace non possono dipendere solo da strategie politiche o “pianificazioni umane”, perché la pace è “dono di Dio agli uomini di buona volontà”. “Di questa pace, poi, la giustizia e il perdono rappresentano pilastri basilari. La giustizia assicura un pieno rispetto dei diritti e dei doveri, e il perdono guarisce e ricostruisce dalle fondamenta i rapporti tra le persone, che ancora risentono delle conseguenze degli scontri tra le ideologie del recente passato”. E passando dal peso della storia alle situazioni di un presente più globale e globalizzante, Benedetto XVI ha ribadito: “Uno stabile sviluppo sociale ed economico non può non tener conto delle esigenze culturali, sociali e spirituali della gente, come pure deve valorizzare le tradizioni e le risorse popolari più nobili. E ciò nella consapevolezza che il crescente fenomeno della globalizzazione, comportante, da una parte, un certo livellamento delle diversità sociali ed economiche, potrebbe, dall’altra, aggravare lo squilibrio tra quanti traggono vantaggio dalle sempre maggiori possibilità di produrre ricchezza e quanti invece sono lasciati ai margini del progresso”. All’inizio del suo discorso, il Papa aveva messo in risalto la “cordiale cooperazione” tra il Paese balcanico e la Santa Sede, testimoniata in particolare, aveva rilevato, “dalla costruzione di edifici di culto cattolici in diversi luoghi del Paese”, pur essendo la Chiesa locale in minoranza. Facendo leva su questo patrimonio spirituale e culturale, Benedetto XVI ha concluso auspicando che la Macedonia non si lasci irretire dal “relativismo morale” e dallo “scarso interesse per l’esperienza religiosa” che oggi imperano, ma che viceversa i suoi abitanti “sappiano operare un saggio discernimento nell’aprirsi ai nuovi orizzonti di autentica civiltà e di vero umanesimo”. “Per fare questo, occorre mantenere vivi e saldi, a livello personale e comunitario, quei principi che stanno alla base anche della civiltà di questo popolo: l’attaccamento alla famiglia, la difesa della vita umana, la promozione delle esigenze religiose specialmente dei giovani”.