venerdì 7 maggio 2010

Il progetto del Papa per il Concistoro 2010: ridimensionare i cardinali residenziali italiani per una maggiore rappresentanza delle Chiese emergenti

Il progetto è sul tavolo di Benedetto XVI da diverse settimane. Papa Ratzinger ne ha parlato con i porporati più vicini ma ancora non è entrato nella fase operativa. Anzi, proprio su questo progetto si sta consumando un braccio di ferro senzaprecedenti entro le mura leonine. Il perché è presto detto. Joseph Ratzinger intende ridisegnare gli equilibri delle rappresentanze della Chiesa nel mondo e, in particolare, ridimensionare il ruolo dei cardinali residenziali italiani. Che passerebbero da 8 a 5. Un mezza rivoluzione, un taglio secco del 40% togliendo tre sedi cardinalizie, ovvero Bologna, Firenze e Torino e accogliendo le richieste sempre più pressanti degli episcopati stranieri. Andrebbe quindi fuori l’arcivescovado retto dal metropolita Severino Poletto a Torino, stesso discorso per Betori nel capoluogo toscano. Le tre città saranno “retrocesse” a sedi episcopali. In parallelo, da mesi Benedetto XVI ha pronta un’infornata di nuovi cardinali, tutti stranieri che andrebbero a completare il riequilibro voluto dal Papa che dà forza a Paesi finora tenuti in secondo piano come Messico, Giappone e Pakistan dando loro la possibilità di essere rappresentati da uno dei 120 cardinali che saranno nominati nel Concistoro. Il "senato del Papa" penalizza troppo Africa e Asia a favore di un Paese storicamente cattolico come l’Italia e in prospettiva a fare le spese di questo "riequilibrio" potrebbero essere Torino, Firenze, Bologna. "Per Benedetto XVI non è scontato che le sedi cardinalizie italiane siano subito e automaticamente premiate con la porpora come hanno sempre fatto i suoi predecessori - spiegano nei Sacri Palazzi -. Papa Ratzinger ha interrotto un’inveterata consuetudine e ora, in pratica, l’unico scranno che assicura “ipso facto” il cardinalato è quello occupato dai prefetti delle Congregazioni". Ossia, dai "ministri di serie A" della Santa Sede. Insomma, le creazioni cardinalizie stanno diventando di "totale discrezione del Pontefice", contrariamente alla prassi invalsa nei secoli in virtù della quale hanno subito ricevuto la porpora al primo concistoro utile tutti i titolari delle sedi cardinalizie italiane. "Per Torino, come per Firenze e, domani, per Bologna, questo riconoscimento non è più scontato al 100% - precisano Oltretevere -. La geopolitica della Chiesa è in continua evoluzione e un secolo fa erano ritenute “tradizionalmente cardinalizie” diocesi italiane che non lo sono più come Perugia, Ravenna, Benevento, Viterbo". Per il pontificato "global" di Benedetto XVI nel Sacro Collegio devono trovare maggiore rappresentanza le Chiese emergenti del Terzo Mondo. Il "club più esclusivo del mondo", invece, resta troppo sbilanciato sull’Italia e per adeguarlo ai tempi Joseph Ratzinger non esita a mettere in discussione consolidati automatismi. L’estensione culturale e geografica della Chiesa universale, che oggi conta 4500 vescovi, stride con raffiche di neo-cardinali italiani. "Per fare in modo che il Sacro Collegio sia una fotografia più fedele del XXI secolo ci sono due strade: internazionalizzare la Curia diminuendo gli italiani nei ruoli cardinalizi e ridurre in Italia le sedi i cui titolari ricevono subito la porpora". Il progetto di Benedetto XVI è ambizioso ed è stato accolto con freddezza da una parte rilevante della Curia romana, a iniziare dai fedelissimi del card. Ruini che vivono questa scelta come una doccia fredda. Il Papa intende togliere dei privilegi secolari, consolidati. Mettendo in secondo piano, come è nello stile, i giochi di potere, le cordate e le consorterie. In particolare, c’è un aspetto assai rilevante per l’Italia. Se l’operazione dovesse andare in porto significa mettere una seria ipoteca sulla nazionalità del prossimo Papa. Una pregiudiziale che riduce le possibilità a qualsiasi italiano di spuntarla sugli altri candidati, mortificando così le ambizioni malcelate di chi da mesi studia e briga per allargare i propri consensi. Si assottigliano anche le possibilità di salire nel Palazzo Apostolico anche per un cardinale del Vecchio Continente. Gli elettori si dovranno ricontare, le vecchie alleanze si allentano. La visione di Benedetto XVI, anche in questo caso, non si ferma alle miopie personali ma cerca visioni di insieme e cerca soprattutto di rendere la Chiesa interprete dei mutamenti del tempo. La preoccupazione del Papa è rivolta soprattutto al nichilismo che la crescita della Cina può portare nei Paesi che sta colonizzando in silenzio nel mondo. Il libretto rosso di Mao ormai è un ricordo di archeologia politica che non inquieta ma quel sistema sociale, l’ipermercato mondiale di Pechino è incompatibile con i custodi come lui della dottrina. Il “nulla” del post-comunismo coloniale inquieta e influenza su ogni progetto dei prossimi anni. Togliere alla Curia italiana il prestigio da posizione e il potere di rendita, o quantomeno alleggerirlo è un passaggio considerato inevitabile per riproporsi con forza in aree un tempo non considerate strategiche. Questa partita rientra quindi in quel confronto ampio e sempre più difficile che Papa Ratzinger compie con chi gli rema contro. Riuscirà Benedetto XVI a superare le trame e gli interessi della curia romana coagulando nella congregazione dei vescovi le forze per imporre il cambiamento? O dovrà rinunciare? È ancora presto per dirlo. I giochi sono lontani dall’essere conclusi. Di certo la partita appassiona gli osservatori entro e fuori le mura. Anche perché gli ultimi scandali a sfondo sessuale che hanno compromesso l’immagine degli ultimi mesi, quasi per assurdo, iniziano a ridare forza a chi impone la linea dura della trasparenza a tutti i costi e affida le scelte anche alla giustizia dei tribunali. A chi, quindi, su tutto, sostiene le riforme di Benedetto XVI. Riforme che giorno dopo giorno stanno toccando tutti i punti nevralgici della Santa Sede in un percorso sempre più inesorabile.

Gianluigi Nuzzi, Libero-news.it - Giacomo Galeazzi, La Stampa