Il Papa: il vescovo non è un governante o un burocrate, egli è chiamato a essere padre, fratello e amico creando un clima di fiducia e accoglienza
La missione del vescovo non può essere intesa con la mentalità dell’efficienza e dell’efficacia. Il vescovo “non è un mero governante, o un burocrate, o un semplice moderatore e organizzatore della vita diocesana”. Egli è chiamato ad essere “forte e deciso, giusto e sereno” ma anche “padre, fratello e amico” nel “cammino cristiano ed umano”, che deve saper “creare un clima di fiducia, di accoglienza, di affetto, ma anche di franchezza e di giustizia”. È l’esortazione del Papa nell’incontro di questa mattina con i vescovi di recente nomina, riuniti a Roma per l’annuale Convegno promosso dalla Congregazione per i vescovi. Il Pontefice ha inoltre ringraziato il card. Marc Ouellet porgendogli uno speciale augurio all’inizio del suo servizio come prefetto del dicastero. Benedetto XVI ha tratteggiato il ruolo che i presuli sono chiamati a svolgere partendo da alcune espressioni illuminanti di San Tommaso d’Aquino: "Commentando l’espressione di Gesù nel Vangelo di Giovanni: 'Il Buon Pastore offre la vita per le sue pecore', San Tommaso osserva: 'Egli consacra a loro la sua persona nell’esercizio dell’autorità e della carità. Si esigono tutte e due le cose: che gli ubbidiscano e che le ami. infatti la prima senza la seconda non è sufficiente'”. “Autorità” e “carità” sono, secondo quest’ultimo, i requisiti fondamentali per il vescovo, citati anche nella “Lumen Gentium”, in cui si esorta il vescovo a “compatire quelli che sono nell’ignoranza e nell’errore”. “La missione del vescovo – ha detto Benedetto XVI – non può essere intesa con la mentalità dell’efficienza ne dell’efficacia, per cui si pone l’attenzione primariamente su ciò che c’è da fare, ma occorre sempre tenere in conto la dimensione ontologica, che è alla base di quella funzionale”. E’, dunque, “una profonda prospettiva di fede e non semplicemente umana, amministrativa o di stampo sociologico quella in cui si colloca il ministero del vescovo, il quale non è un mero governante, o un burocrate, o un semplice moderatore e organizzatore della vita diocesana. Sono la paternità e la fraternità in Cristo che danno al Superiore la capacità di creare un clima di fiducia, di accoglienza, di affetto, ma anche di franchezza e di giustizia". “Grandi sono le responsabilità di un vescovo per il bene della diocesi, ma anche della società”. Il Papa ha sottolineato che il vescovo “è chiamato ad essere forte e deciso, giusto e sereno, per un discernimento sapienziale delle persone, della realtà e degli avvenimenti”. “Per l’autorità di Cristo di cui è rivestito – ha proseguito il Santo Padre – quando siede sulla Cattedra è posto ‘sopra’ e ‘di fronte’ alla comunità, in quanto egli è ‘per’ la comunità verso la quale dirige la sua sollecitudine pastorale”. Il Papa ha dunque richiamato la Regola Pastorale di Papa San Gregorio Magno, che precisa come la potestà di governo pastorale “la regge bene chi sa con essa erigersi contro le colpe e domina sui vizi piuttosto che sui fratelli”. Ha poi ricordato le parole del rito della consegna dell’anello nella liturgia dell’Ordinazione episcopale: “Ricevi l’anello, segno di fedeltà, e nell’integrità della fede e nella purezza della vita custodisci la Santa Chiesa, sposa di Cristo”: "La Chiesa è 'sposa di Cristo' e il Vescovo è il ‘custode’ (episkopos) di questo mistero. L’anello è dunque un segno di fedeltà: si tratta della fedeltà alla Chiesa e alla purezza della fede di lei. Al vescovo, quindi, viene affidata un’alleanza nuziale: quella della Chiesa con Cristo". Il Papa si è soffermato infine su un’antica preghiera di sant’Aelredo di Rievaulx, Abate: “Tu, dolce Signore, sono le parole della preghiera, hai posto uno come me a capo della tua famiglia...perché potesse essere manifestata la tua misericordia...così che si vedesse la sublimità della tua forza, non quella dell’uomo”.Radio Vaticana, SIR