martedì 23 novembre 2010

'Luce del mondo'. Benedetto XVI sulle 'divisioni' di un Papa, omossessualità, Aids, preti e matrimonio, Israele, lefebvriani, Ratisbona, Russia e Cina

"Quante divisioni ha il Papa?". "Stalin aveva effettivamente ragione quando diceva che il Papa non ha divisioni e non può intimare o imporre nulla". Il Papa "non possiede nemmeno una grande impresa, nella quale, per così dire, tutti i fedeli della Chiesa sarebbero suoi dipendenti o subalterni. In questo senso - afferma Benedetto XVI - da un lato il Papa è una persona assolutamente impotente. Dall'altro ha una grande responsabilità. Egli è, in un certo senso, il capo, il rappresentante e allo stesso tempo il responsabile del fatto che quella fede che tiene uniti gli uomini sia creduta, che rimanga viva e che rimanga integra nella sua identità. Ma unicamente il Signore ha il potere di conservare gli uomini della fede".
Omosessualità. "Se qualcuno presenta delle tendenza radicate omosessuali profondamente radicate - ed oggi ancora non si sa se sono effettivamente congenite oppure se nascano invece con la prima fanciullezza - se in ogni caso queste tendenze hanno un certo potere su quella data persona, allora questa è per lui una grande prova, così come una persona può dovere sopportare altre prove". ''L'omosessualità non è conciliabile con il ministero sacerdotale, perchè altrimenti anche il celibato come rinuncia non ha alcun senso''. ''Sarebbe un grande pericolo se il celibato divenisse motivo per avviare al sacerdozio persone che in ogni caso non desiderano sposarsi, perchè in fin dei conti anche il loro atteggiamento nei confronti di uomo e donna è in qualche modo alterato, ed in ogni caso non è in quell'ordine della creazione del quale abbiamo parlato''. E' importante, aggiunge, fare ''molta attenzione affinchè il celibato dei preti non venga identificato con la tendenza all'omosessualità''. Papa Ratzinger sottolinea che ''un conto è il fatto che sono persone con i loro problemi e le loro gioie, e alle quali, in quanto persone, è dovuto rispetto, persone che non devono essere discriminate perchè presentano quelle tendenze. Il rispetto per la persona è assolutamente fondamentale e decisivo''. Ma, conclude, ''non per questo l'omosessualità diviene moralmente giusta, bensì rimane qualcosa che è contro la natura di quello che Dio ha originariamente voluto''.
Chiesa e Aids. "Dal punto di vista giornalistico il viaggio in Africa è stato del tutto oscurato da un'unica mia frase" precisa il Papa a proposito della risposta che diede nel 2009 in volo verso il Camerun, a una domanda sulla posizione della Chiesa rispetto ai preservativi. "Mi è stato chiesto - racconta Benedetto XVI - perchè la Chiesa Cattolica, relativamente all'Aids, assumesse una posizione irrealistica ed inefficace. Così mi sono sentito sfidato perchè la Chiesa fa più di tutti gli altri. E continuo a sostenerlo, perchè la Chiesa è l'unica istituzione veramente vicina alle persone, molto concretamente: nel prevenire, nell'educare, nell'aiutare, nel consigliare e nello stare a fianco; e perchè come nessun altro si cura di tanti malati di Aids e in particolare di tantissimi bambini colpiti da questa malattia".
Sacerdoti e matrimonio. ''Laddove un sacerdote vive insieme a una donna si deve esaminare se esista una vera volontà matrimoniale e se i due possano contrarre un buon matrimonio. Se così fosse, dovranno imboccare quella strada'', afferma il Papa. ''Se invece si trattasse di una caduta della volontà morale, senza un autentico legame interiore, sarà necessario trovare vie di risanamento per lui e per lei. In ogni caso - aggiunge il Pontefice - è necessario provvedere al fatto che i bambini - che sono il bene più prezioso - siano tutelati e che possano vivere nel contesto educativo vivo del quale hanno bisogno''.
Ebrei e Israele. "Israele sa che il Vaticano appoggia Israele, appoggia l'ebraismo nel mondo, sa che noi riconosciamo gli ebrei come nostri padri e fratelli". Nota personale di Benedetto XVI sul viaggio in Israele: "Direi che forse ero troppo protetto. La protezione accordatami è stata imponente. Ma in Israele abbiamo potuto celebrare due grandi liturgie eucaristiche all'aperto, cosa che a Giovanni Paolo II non era stata possibile". Nello stesso viaggio, "nei Territori palestinesi ho avuto un incontro che mi ha impressionato: ho incontrato dei bambini, i cui genitori sono prigionieri in Israele. Così abbiamo visto anche l'altro lato del dolore; emergendo così in generale un ampio panorama di dolore da entrambi le parti".
Lefebvriani e Williamson. I tradizionalisti lefebvriani non ''seguono ancora in tutto'' il Papa e anzi, il vescovo negazionista Richard Williamson ''è una figura particolare in quanto non è mai stato cattolico nel senso proprio del termine. Era anglicano e dagli anglicani è passato direttamente a Lefebvre''. Williamson ''non ha mai vissuto in comunione con tutta la Chiesa universale, in comunione con il Papa''. Di fronte alle sue posizioni negazioniste della Shoah, ampiamente documentate in rete, per Papa Ratzinger sarebbe stato necessario ''separare il caso Williamson dagli altri, ma purtroppo nessuno di noi ha guardato su internet e preso coscienza di chi si trattava''. Quanto alla reazione globale alla revoca della scomunica, per il Papa ''è evidente che esiste un'animosità pronta a esplodere, che attende solo che queste cose accadano per poi colpire con precisione. A parte nostra è stato un errore non studiare e non esaminare a sufficienza la questione. Dall'altra parte, diciamo, si era pronti ad aggredire, e si era soltanto in attesa della propria vittima''. ''Su questo punto - aggiunge - il nostro lavoro di comunicazione non è riuscito bene. Non è stato spiegato abbastanza bene perchè questi vescovi fossero stati scomunicati e perchè più, già solo per ragioni giuridiche, quella scomunica dovesse essere revocata''. Papa Ratzinger ricorda che ''per il fatto stesso di essere stati consacrati senza il mandato del Papa sono stati scomunicati; e per il fatto stesso di avere riconosciuto il Papa - anche se non lo seguono ancora in tutto - la loro scomunica è stata revocata''.
Ratisbona. ''Avevo concepito quel discorso come un lezione strettamente accademica, senza rendermi conto che il discorso di un Papa non viene considerato dal punto di vista accademico, ma da quello politico''. Seewald, a proposito del celebre intervento di Benedetto XVI all'ateneo di Ratisbona che provocò una grave crisi nei rapporti con l'Islam, chiede al Pontefice: ''Quel discorso è stato poi catalogato come il primo errore del suo pontificato. Lo fu veramente?''. Quindi il Papa risponde ammettendo di non aver valutato le conseguenze ''politiche'' del suo discorso. ''Tuttavia - aggiunge il Pontefice a proposito del suo intervento - dopo tutte le cose terribili accadute e per le quali non posso non addolorarmi molto, ha sortito effetti positivi''. ''Durante la mia visita in Turchia - spiega ancora il Pontefice - ho potuto dimostrare di avere rispetto per l'Islam, che lo riconosco come una grande realtà religiosa, con la quale bisogna dialogare. E così da quella controversia è scaturito un dialogo veramente molto intenso''. Il Papa afferma anche che l'Islam deve chiarire, da parte sua, due questioni: "Quella del suo rapporto con la violenza e con la ragione". Quindi Papa Ratzinger giudica postiviamente che in ambito islamico si sia avviato un dibattito su questi punti.
Russia e Cina. "Matura sempre più il contesto in cui potrà avvenire" l'incontro tra il Papa e il patriarca di Mosca, incontro che Benedetto XVI "spera" di realizzare durante il proprio pontificato ma per questo, osserva, "dipende da quanti anni di vita mi concederà ancora il buon Dio". "Direi di sì", risponde inoltre il Pontefice alla domanda se sia possibile "un incontro non troppo lontano tra Roma e Mosca". Benedetto XVI, inoltre,si augura che "l'unificazione" della Chiesa in Cina, divisa tra ufficiale e clandestina, possa avvenire durante il suo pontificato.

Asca, Apcom, La Repubblica.it