SIR, AsiaNews
mercoledì 12 gennaio 2011
Il Papa: il purgatorio non un luogo ma un fuoco interiore che purifica l’anima. Dalle donne un contributo fondamentale alla società e alla Chiesa
Il purgatorio come “esperienza interiore dell’uomo in cammino verso l’eternità”. E’ una delle immagini più conosciute di Santa Caterina da Genova, nata a Genova nel 1447 e morta nel 1510, figura al centro della catechesi dell’Udienza generale di Benedetto XVI di questa mattina nell'Aula Paolo VI. Nel 1473 ebbe una “singolare esperienza”: recandosi nella chiesa di San Benedetto e nel vicino monastero di Nostra Signore delle Grazie ricevette, scrive, “una ferita al cuore con una visione delle sue miserie e dei suoi difetti e della bonta di Dio che quasi svenne. Da questa esperienza nacque la decisione che orientò tutta la sua vita: ’Non più mondo, non più peccati’”. Fuggì lasciando in sospeso la confessione. tornò a casa e pianse a lungo. Fu una “esperienza spirituale dell’amore di Dio verso lei peccatrice”. Pochi giorni dopo tornò dal sacerdote “per compiere una buona confessione”. “Iniziò qui quella vita di purificazione che, per lungo tempo, le fece provare un costante dolore per i peccati commessi e la spinse ad imporsi penitenze e sacrifici per mostrare a Dio il suo amore”. Nella sua “Vita” è scritto che “la sua anima era guidata e ammaestrata interiormente dal solo dolce amore di Dio, che le dava tutto ciò di cui aveva bisogno”. Si trasferì nell’ospedale di Pammatone del quale divenne direttrice e animatrice. E “si venne formando attorno a lei un gruppo di seguaci, discepoli e collaboratori, affascinati dalla sua vita di fede e dalla sua carità. Nacque un gruppo di persone affascinate dalla sua vita”. Lo stesso marito ne fu conquistato tanto da lasciare la vita che conduceva, farsi terziario francescano e trasferirsi anch’egli all’ospedale. Caterina non ebbe "mai rivelazioni specifiche sul purgatorio o sulle anime che vi si stanno purificando”, ha spiegato Benedetto XVI, ma nei suoi scritti “è un elemento centrale e il modo di descriverlo ha caratteristiche originali rispetto alla sua epoca”. Il primo “tratto originale” di Santa Caterina riguarda il “luogo” della purificazione delle anime: “Nel suo tempo – ha ricordato il Papa - lo si raffigurava principalmente con il ricorso ad immagini legate allo spazio”, mentre in Caterina il purgatorio “non è presentato come un elemento del paesaggio delle viscere della terra: è un fuoco non esteriore, ma interiore”. Caterina, in particolare, parla del “cammino di purificazione dell’anima verso la comunione piena con Dio, partendo dalla propria esperienza di profondo dolore per i peccati commessi, in confronto all’infinito amore di Dio”. Anche qui, per Benedetto XVI, c’è un “tratto originale” rispetto al pensiero del tempo: “Non si parte dall’aldilà per raccontare i tormenti del purgatorio e poi indicare la via per la purificazione o la conversione, ma si parte dall’esperienza interiore dell’uomo in cammino verso l’eternità”. L’anima, per Caterina, “si presenta a Dio ancora legata ai desideri e alla pena che derivano dal peccato, e questo le rende impossibile godere della visione beatifica di Dio”. In altre parole, “Dio è così puro e santo che l’anima con le macchie del peccato non può trovarsi in presenza della divina maestà. L’anima è consapevole dell’immenso amore e della perfetta giustizia di Dio e, di conseguenza, soffre per non aver risposto in modo perfetto a tale amore e proprio l’amore stesso di Dio la purifica dalle sue scorie di peccato”. L’immagine ripresa dalla Santa è quella di Dionigi l’Areopagita: il “filo d’oro” che “collega il cuore umano con Dio stesso”. Quando viene purificato, cioè, “il cuore dell’uomo viene invaso dall’amore di Dio, che diventa l’unica guida, l’unico motore della sua esistenza”. Questa situazione di “elevazione verso Dio e di abbandono alla sua volontà”, espressa dall’immagine del filo, viene utilizzata da Caterina per esprimere “l’azione della luce divina sulle anime del purgatorio, luce che le purifica e le soleva verso gli splendori dei raggi fulgenti di Dio”. “Quanto più amiamo Dio e siamo costanti nella preghiera, tanto più riusciremo ad amare veramente chi ci sta vicino, perché saremo capaci di vedere in ogni persona il volto del Signore, che ama senza limiti e distinzioni”. Santa Caterina da Genova, ha sottolineato il Santo Padre fuori testo, “visse una vita totalmente attiva, nonostante la profondità della sua vita interiore”. Due gli elementi caratterizzanti della sua esistenza: “Da una parte l‘esperienza mistica, la profonda unione con Dio, e dall’altra l’assistenza ai malati, il servizio al prossimo, specialmente i più bisognosi e abbandonati”. “Dio e il prossimo”: due “poli”, questi, ha spiegato Benedetto XVI, che “riempirono totalmente la sua vita”, trascorsa praticamente all’interno delle mura dell’ospedale Pammatone, il più grande complesso ospedaliero genovese, del quale fu “direttrice e animatrice”. “La mistica – ha precisato il Papa a braccio – non crea distanza, ma amicizia all’altro, perché comincia a vedere con gli occhi e con il cuore di Dio”. Scrivendo sul purgatorio, ha affemato Benedetto XVI, Santa Caterina da Genova “ci ricorda una verità fondamentale della fede che diventa per noi invito a pregare per i defunti affinché possano giungere alla visione beata di Dio nella comunione dei Santi”. "Il servizio umile, fedele e generoso che la santa prestò per tutta la sua vita in ospedale - ha concluso il Papa- è un esempio luminoso di carità per tutti ed un incoraggiamento specialmente per le donne che danno un contributo fondamentale alla società e alla Chiesa con la loro preziosa opera, arricchita dalla loro sensibilità e dall’attenzione verso i più poveri e i più bisognosi”.