mercoledì 23 febbraio 2011

Il vescovo di Dublino lava i piedi a vittime di abusi: un lungo cammino da percorrere sulla via dell'onestà prima di meritare davvero il perdono

La Chiesa è grata alle vittime degli abusi sessuali da parte di membri del clero che hanno rifiutato di restare in silenzio anche quando non sono state credute, ha affermato l'arcivescovo di Dublino. Mons. Diarmuid Martin (nella foto con Benedetto XVI) lo ha dichiarato questa domenica presiedendo una Liturgia di Pentimento nella procattedrale di St. Mary nel contesto della Visitazione apostolica all'arcidiocesi di Dublino. Durante il servizio liturgico, preparato soprattutto dalle vittime, il visitatore della diocesi card. Sean O’Malley, arcivescovo di Boston, e l'arcivescovo Martin hanno lavato i piedi di un gruppo di persone che hanno sofferto in vari modi a causa degli abusi. Nella sua omelia, l'arcivescovo Martin ha riflettuto sul silenzio. “Qualcuno una volta mi ha ricordato la differenza tra chiedere scusa e chiedere perdono. Posso urtare qualcuno per strada e dire 'scusi'. Può avere un significato o essere solo una formula vuota. Quando dico 'scusi' dipende da me. Quando chiedo perdono, tuttavia, non dipende più da me, sono nelle mani di altri. Solo tu puoi perdonarmi; solo Dio può perdonarmi”, ha osservato il presule. “Come arcivescovo di Dublino e come Diarmuid Martin, resto in silenzio e chiedo il perdono di Dio e i primi passi di perdono da parte di tutte le vittime di abusi”, ha aggiunto. L'arcivescovo ha poi parlato di un altro silenzio, quello che è “una mancanza di coraggio e di verità”. “In questa Cattedrale ci sono oggi uomini e donne ai quali dobbiamo esprimere la nostra enorme gratitudine per il fatto di non essere rimasti in silenzio”, ha detto. “Malgrado il dolore che ha provocato loro, hanno avuto il coraggio di parlare, parlare, parlare e ancora parlare, con coraggio e determinazione, anche di fronte all'incredulità e al rifiuto”. La Chiesa a Dublino e la Chiesa di tutto il mondo sono in debito con queste vittime, ha sottolineato. “Alcuni di voi, nel dolore e nell'indignazione, hanno rifiutato la Chiesa che una volta amavano, ma paradossalmente il vostro abbandono può aver aiutato a purificare la Chiesa sfidandola ad affrontare la verità, a superare la negazione, a riconoscere il male che è stato fatto e il dolore che è stato provocato”, ha osservato mons. Martin. “Faccio appello a voi affinché continuiate a parlare”, ha aggiunto. “C'è ancora un lungo cammino da percorrere sulla via dell'onestà prima di poter meritare davvero il perdono”. Il presule ha anche ricordato il silenzio di Gesù sulla croce, sottolineato dalle sue ultime parole, inclusa la sua affermazione di perdono nei confronti di uno dei ladroni crocifissi con lui. “Quel perdono non è a buon mercato”, ha affermato l'arcivescovo. “Un ladrone ha deriso Gesù; non ha riconosciuto l'atto di ingiustizia che era stato commesso. L'altro ha riconosciuto la propria colpa, e quel riconoscimento ha aperto la porta al perdono”. “Nessuno che abbia avuto una qualsiasi responsabilità per ciò che è accaduto nella Chiesa di Gesù Cristo in questa arcidiocesi può chiedere il perdono di coloro che sono stati abusati senza prima riconoscere l'ingiustizia commessa e il proprio fallimento per ciò che è avvenuto”. “Ci riuniamo sotto il segno della croce che ci giudica ma in ultima istanza ci libera”, ha indicato. Mons. Martin ha definito la liturgia come “solo un primo passo”. “L'arcidiocesi di Dublino non sarà mai pià la stessa”, ha concluso. “Porterà sempre questa ferita dentro di sé”. “L'arcidiocesi di Dublino non potrà aver riposo finché l'ultima vittima abbia trovato la pace e possa gioire nell'essere pienamente la persona che Dio nel suo progetto vuole che sia”.

Zenit