martedì 7 giugno 2011

Le critiche di mons. Martin per la lentezza della visita apostolica in Irlanda: non al Papa ma ai suoi collaboratori. Perciò il Vaticano reagisce

A furia di criticare il Vaticano per la “lentezza” con la quale ha portato avanti la visita apostolica nella Chiesa d’Irlanda al fine di valutare quali misure adottare per risolvere il problema della pedofilia nel clero, Diarmuid Martin (nella foto con Benedetto XVI), arcivescovo di Dublino, è riuscito a diventare l’“eroe” del New York Times. Sabato è stata Maureen Dowd a rendere nota una conversazione avvenuta tra lei e Martin nella quale il presule, mostrando il proprio disappunto per come la Santa Sede ha gestito fino a oggi il problema “molto sentito” della pedofilia, ha offerto alla columnist statunitense la possibilità di dire la sua in merito: “Martin, da sempre dalla parte delle vittime, è un outsider di una gerarchia” dove spiccano in negativo i nomi del card. Bernard Law, ex arcivescovo di Boston che a seguito del deflagrare in diocesi del problema pedofilia si trasferì a Roma per divenire arciprete della Basilica di Santa Maria Maggiore, e di Angelo Sodano, l’ex Segretario di Stato vaticano “che difese il noto pedofilo e padre di più figli Marcial Maciel Degollado”, fondatore dei Legionari di Cristo. Difficile dire se Martin si senta descritto da queste parole. Di certo c’è che, come ha scritto ieri il National Catholic Reporter, la Dowd “ha trovato in Martin il suo cavaliere nella gerarchia cattolica”. E di certo c’è che, rispetto al problema della pedofilia nel clero Martin, che nella Curia romana ha reso il suo lungo servizio dal 1986 al 2001 come sottosegretario e poi segretario di Giustizia e Pace, è stato lo scorso anno tra i primi a fare propria con forza la linea di maggior rigore voluta da Papa Benedetto XVI. Una linea che ha avvicinato molto Papa Ratzinger a Martin, tra i vescovi europei uno coi quali il Pontefice ha oggi maggiore confidenza. Ma alle accuse di Martin la Santa Sede non poteva non reagire. Martin, infatti, alla Dowd non ha parlato solo della “lentezza” del Vaticano nel condurre la visita apostolica ma anche del suo disgusto per come il clero e i vescovi irlandesi si sono comportati in passato: “La mia non è una critica al Santo Padre, è piuttosto un appello ai suoi collaboratori” ha detto. Punti sul vivo, i collaboratori del Papa hanno risposto ieri con una nota che, facendo esplicito riferimento alle parole di Martin, comunica che “la visita si è conclusa in conformità alle scadenze previste”. Lo svolgimento della visita “è stato molto proficuo, grazie alla collaborazione di tutti coloro che hanno contribuito a tale scopo”. Tuttavia, se “per diocesi e seminari non saranno necessarie altre indagini”, dopo un questionario generale inviato a tutti i monasteri, saranno effettuate ispezioni “in loco ad alcune realtà religiose”. Come a dire: la visita è andata avanti con la giusta tempistica seppure non tutto è oggi concluso. Manca ancora l’ispezione nelle realtà religiose, un affaire molto delicato, che Papa Ratzinger ha voluto venisse condotta da un pezzo da novanta dei presuli americani, l’arcivescovo di New York e capo della Conferenza Episcopale statunitense Timothy Dolan.

Paolo Rodari, Il Foglio