martedì 19 luglio 2011

Lombardi: attribuire gravi responsabilità al Vaticano per casi di pedofilia in Irlanda sembra vada aldilà di quanto asserito nel Rapporto su Cloyne

Premette che la sua non è la ''risposta ufficiale della Santa Sede'', ma con una nota diffusa oggi sulla Radio Vaticana, di cui è anche direttore, il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi, risponde al clamore crescente arrivato in questi giorni dall'Irlanda dopo la pubblicazione del rapporto sugli abusi su minori nella diocesi di Cloyne. Un rapporto che ha mostrato come alcuni vescovi irlandesi non abbiano seguito le procedure di prevenzione degli abusi messi in campo dalla stessa Chiesa e come le coperture e i silenzi siano continuati anche fino ad anni molti recenti. In reazione alla sua pubblicazione, il governo ha convocato il nunzio vaticano nell'isola e in Parlamento c'è adesso chi chiede di chiudere l'ambasciata irlandese presso la Santa Sede. Padre Lombardi sottolinea che il rapporto, pubblicato il 13 luglio, ''come quello che lo aveva preceduto sulla arcidiocesi di Dublino'' mette ''ancora una volta'' ''in luce la gravità dei fatti avvenuti, questa volta anche in un periodo piuttosto recente'', visto che copre gli eventi che vanno dal 1996 al 2009. ''Le autorità irlandesi - sottolinea Lombardi - hanno inoltrato a Roma tramite il nunzio copia del Rapporto chiedendo una reazione da parte della Santa Sede; si deve quindi prevedere che essa darà i suoi commenti e le sue risposte nelle forme e nei tempi appropriati''. Il portavoce ritiene ''comunque opportuno esprimere alcune considerazioni sul Rapporto e i suoi echi'' che ''non costituiscono però in alcun modo la risposta ufficiale della Santa Sede''. Lombardi richiama ''gli intensi sentimenti di dolore e di riprovazione espressi dal Papa'' in numerose occasioni, durante gli incontri con vescovi, con le vittime degli abusi e le loro famiglie. ''E' giusto quindi - sottolinea il portavoce vaticano - riconoscere l'impegno deciso posto dalla Santa Sede nell'incoraggiare e appoggiare efficacemente tutti gli sforzi della Chiesa in Irlanda per la 'guarigione ed il rinnovamento' necessari'' così come l'impegno ''sul versante normativo, con la chiarificazione e il rinnovamento delle norme canoniche''. Uno dei punti-chiave del rapporto è, al capitolo 4, una lettera dell'allora nunzio apostolico in Irlanda, mons. Luciano Storero, che riferisce ai vescovi irlandesi le ''serie riserve'' vaticane sull'obbligo di denunciare i preti pedofili, obbligo contenuto nelle linee guida adottate della Conferenza Episcopale: ''Non c'è dubbio'', secondo il rapporto, che la lettera ebbe l'effetto di ''mettere in guardia'' i vescovi dal mettere in pratica le norme di tutela dei minori. ''E' giusto ricordare - sottolinea oggi Lombardi - che tale Documento era stato inviato alla Congregazione non come documento ufficiale della Conferenza Episcopale, ma come 'Report of the Irish Catholic Bishops' Advisory Committee on Child Sexual Abuse by Priests and Religious' e che nella sua Premessa si affermava: 'Questo documento è lungi dal rappresentare l'ultima parola su come affrontare i problemi che sono stati sollevati - This document is far from being the last word on how to address the issues that have been raised'''. ''Che la Congregazione proponesse delle obiezioni - nota il portavoce vaticano - era quindi comprensibile e legittimo, tenuto conto della competenza di Roma per quanto riguarda le leggi della Chiesa, e - anche se si può discutere sull'adeguatezza dell'intervento romano di allora in rapporto alla gravità della situazione irlandese - non vi è alcuna ragione per interpretare tale lettera come intesa a occultare i casi di abuso. In realtà, si metteva in guardia dal rischio che si prendessero provvedimenti che poi si rivelassero contestabili o invalidi dal punto di vista canonico, vanificando così lo stesso scopo di sanzioni efficaci che i vescovi irlandesi si proponevano''. Lombardi sottolinea però che ''non vi è assolutamente nulla nella lettera che suoni invito a non rispettare le leggi del Paese''. ''Le obiezioni - prosegue - a cui faceva riferimento la lettera circa un obbligo di informazione alle autorità civili ('mandatory reporting'), non si opponevano ad alcuna legge civile in tal senso, perchè essa non esisteva in Irlanda a quel tempo (e le proposte di introdurla sono state oggetto di discussione per diversi motivi nello stesso ambito civile)''. Per il portavoce, ''risulta perciò curiosa la gravità di certe critiche mosse al Vaticano, come se la Santa Sede fosse colpevole di non aver dato valore di legge canonica a norme a cui uno Stato non aveva ritenuto necessario dare valore di legge civile! Nell'attribuire gravi responsabilità alla Santa Sede per ciò che è avvenuto in Irlanda, simili accuse sembrano andare assai aldilà di quanto asserito nello stesso Rapporto (che usa toni più equilibrati nell'attribuzione delle responsabilità) e non manifestano la consapevolezza di ciò che la Santa Sede ha effettivamente fatto nel corso degli anni per contribuire ad affrontare efficacemente il problema''.

Asca

Commento di padre Lombardi alla vicenda della diocesi di Cloyne