Dopo il discorso al Bundestag il Papa ha incontrato in una sala del Reichstag una quindicina di rappresentanti della Comunità ebraica. Nel suo discorso, Benedetto XVI ha sottolineato “quanto sia cresciuta la fiducia tra il Popolo ebraico e la Chiesa cattolica, che hanno in comune una parte non irrilevante delle loro tradizioni fondamentali”. "Al tempo stesso, tutti noi sappiamo bene – ha detto - che la comunione tra Israele e la Chiesa,” nel rispetto reciproco per l’essere dell’altro, deve ulteriormente crescere ed è da includere in modo profondo nell’annuncio della fede”.Il Pontefice ha osservato che da questo luogo “fu progettata ed organizzata la Shoah, l’eliminazione dei concittadini ebrei in Europa”. In questo luogo “bisogna anche richiamare alla memoria il pogrom della ‘notte dei cristalli’ dal 9 al 10 novembre 1938. Pochi percepirono tutta la portata di tale atto di umano disprezzo come lo percepì il prevosto del Duomo di Berlino, Bernhard Lichtenberg, che, dal pulpito della cattedrale di Sant’Edvige, gridò: ‘Fuori il Tempio è in fiamme – è anch’esso una casa di Dio’. Il regime di terrore del nazionalsocialismo si fondava su un mito razzista, di cui faceva parte il rifiuto del Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, del Dio di Gesù Cristo e delle persone credenti in Lui. L’‘onnipotente’ Adolf Hitler era un idolo pagano, che voleva porsi come sostituto del Dio biblico, Creatore e Padre di tutti gli uomini. Con il rifiuto del rispetto per questo Dio unico si perde sempre anche il rispetto per la dignità dell’uomo. Di che cosa sia capace l’uomo che rifiuta Dio e quale volto possa assumere un popolo nel ‘no’ a tale Dio, l’hanno rivelato le orribili immagini provenienti dai campi di concentramento alla fine della guerra”. Di fronte a questa memoria vi è da constatare, con gratitudine, ha aggiunto, “che da qualche decennio si manifesta un nuovo sviluppo circa il quale si può addirittura parlare di una rifioritura della vita ebraica in Germania. È da sottolineare che in questo tempo la comunità ebraica si è resa benemerita in modo particolare nell’opera di integrazione di immigrati esteuropei”. Con vivo apprezzamento il Papa ha accennato anche al dialogo della Chiesa Cattolica con l’Ebraismo, “un dialogo che si sta approfondendo. La Chiesa sente una grande vicinanza al Popolo ebraico. Con la Dichiarazione Nostra aetate del Concilio Vaticano II si è cominciato a 'percorrere un cammino irrevocabile di dialogo, di fraternità e di amicizia'. Ciò vale per l’intera Chiesa cattolica, nella quale il beato Papa Giovanni Paolo II si è impegnato in modo particolarmente intenso a favore di questo nuovo cammino. Ciò vale ovviamente anche per la Chiesa Cattolica in Germania che è ben consapevole della sua responsabilità particolare in questa materia”. “Mi sembra che noi cristiani - ha proseguito - dobbiamo anche renderci sempre più conto della nostra affinità interiore con l’Ebraismo. Per i cristiani non può esserci una frattura nell’evento salvifico. La salvezza viene, appunto, dai Giudei. Laddove il conflitto di Gesù con il Giudaismo del suo tempo è visto in modo superficiale, come un distacco dall’Antica Alleanza, si finisce per ridurlo a un’idea di liberazione che considera la Torà soltanto come l’osservanza servile di riti e prescrizioni esteriori. Di fatto, però, il Discorso della montagna non abolisce la Legge mosaica, ma svela le sue possibilità nascoste e fa emergere nuove esigenze; ci rimanda al fondamento più profondo dell’agire umano, al cuore, dove l’uomo sceglie tra il puro e l’impuro, dove si sviluppano fede, speranza e amore”. Nel contesto di “una società sempre più secolarizzata”, il Pontefice ha sottolineato l'importanza del “messaggio di speranza” trasmesso dai libri della Bibbia ebraica e dell’Antico Testamento cristiano. Se è vero che il messaggio è stato “assimilato e sviluppato da giudei e da cristiani in modo diverso” e ciò ha provocato “secoli di contrapposizione”, per il Papa bisogna “far sì che questi due modi della nuova lettura degli scritti biblici – quella cristiana e quella giudaica – entrino in dialogo tra loro, per comprendere rettamente la volontà e la parola di Dio”. Questo dialogo, ha aggiunto, “deve rinforzare la comune speranza in Dio”, perché “senza tale speranza la società perde la sua umanità”.
Il presidente della comunità ebraica Graumann, da parte sua - ha espresso la sua gioia per i progressi compiuti nel dialogo e nell’amicizia, ma ha espresso le solite 'preoccupazioni', come la questione dei lefebvriani, la preghiera per gli ebrei del Venerdì Santo e la causa di Beatificazione di Pio XII. Quindi ha concluso: “Insieme siamo qui, insieme crediamo – e, naturalmente, ci sentiamo anche uniti! Assumiamo allora insieme la responsabilità di mantenere sempre queste comuni fondamenta basate su una cordiale amicizia, più fiducia, nuovi contatti e di farle diventare anche più forti e solide”.
Radio Vaticana, Zenit
VIAGGIO APOSTOLICO IN GERMANIA (22-25 SETTEMBRE 2011) (IV) - il testo integrale del discorso del Papa