Gioia, riconoscenza, grazia: la stampa cattolica del Benin usa queste parole per descrivere il viaggio di Benedetto XVI nel Paese, in programma dal 18 al 20 novembre. All’origine del viaggio pontificio, il 22° al di fuori dell’Italia, c’è la consegna ai vescovi del continente dell’Esortazione Apostolica post-sinodale, redatta dal Santo Padre dopo il secondo Sinodo speciale per l’Africa, svoltosi nel 2009. Sarà la terza volta di un Successore di Pietro in Benin: il Paese, infatti, ha già accolto due volte Giovanni Paolo II, nel febbraio del 1982 e nel marzo del 1993. Naturalmente, la stampa locale cattolica dedica ampio spazio all’evento. In particolare, il settimanale La Croix du Benin ha pubblicato una riflessione dell’economista cattolico Baptiste Mamah, il quale scrive: “Benedetto XVI arriva nel Paese in un momento in cui il mondo intero si confronta con ogni tipo di ideologia e il nostro cammino di spiritualità si trova davanti ad alcuni interrogativi”, tanto che “la nostra fede talvolta viene attaccata e messa a dura prova”. L’obiettivo del Pontefice, allora, è quello di indicare “nuove direzioni per lo sviluppo dell’umanità”. In questo senso, continua La Croix du Benin, il Papa sarà nel Paese per soli tre giorni, ma saranno “tre giorni essenziali, tre giorni forti, tre giorni significativi e positivi per tutta l’Africa”, come se il Pontefice dicesse: “Vengo ad esortare tutti gli africani a lavorare per il continente per i prossimi trent’anni”. Quanto al campo d’azione nel quale devono impegnarsi tutti gli africani, l’economista Mamah non ha dubbi: “Riconciliazione, giustizia e pace”, perché “la pace è una riconciliazione, la riconciliazione conduce alla pace e la giustizia è la nostra guida quotidiana”. In questo senso, la giustizia va cercata “sul piano politico, amministrativo, privato, sociale, in famiglia, per le strade dei nostri quartieri”. Ma non solo: l’articolo del settimanale mette anche in luce come il viaggio del Papa in Benin sia uno stimolo per l’unità di tutto il continente: “Il Pontefice – si legge – ci porta a ritrovarci tutti noi, cristiani cattolici africani, in un solo Paese. Oggi si tratta del Benin, ma potrebbe essere qualsiasi altra nazione dell’Africa. E questa è la prova che tutti noi abbiamo delle cause comuni da difendere e delle sfide comuni da affrontare, insieme all’umanità intera da tutelare e a cui garantire lo sviluppo”. In quest’ottica, conclude l’economista Mamah, il primo passo da compiere è quello di “neutralizzare la guerra”. “All’indomani della visita del Papa – afferma – dobbiamo tutti chiederci cosa possiamo fare perché un giorno si decreti che mai più in Africa qualcuno possa entrare in guerra con un altro e mai più un africano possa armarsi contro un altro africano”.
Radio Vaticana