Due ore, dalle 17.30 alle 19.30. Il tempo di salutare la popolazione, la recita dei Vespri nella Certosa, l’incontro con la Comunità religiosa e la visita a una cella e all’infermeria. E’ tutta qui la visita che Benedetto XVI compirà domenica 9 ottobre alla Comunità certosina di Serra San Bruno. Un appuntamento voluto direttamente dal Pontefice, un momento breve, eppure intenso e da non sottovalutare, per il grande significato che il Papa annette alla vita religiosa e a quella monastica in particolare. Una vita che da sempre ha ispirato i monaci, le monache gli eremiti e gli anacoreti ad un unico obiettivo: cercare Dio. La stessa ricerca che si pratica in conventi e monasteri, a cui Benedetto XVI ha dedicato una delle sue catechesi delle Udienze generali della scorsa estate. Il 10 agosto, parlando ai fedeli raccolti a Castel Gandolfo, il Papa osservava che “il silenzio e la bellezza del luogo in cui vive la comunità monastica – bellezza semplice e austera – costituiscono come un riflesso dell’armonia spirituale che la comunità stessa cerca di realizzare. Il mondo è costellato da queste oasi dello spirito, alcune molto antiche, particolarmente in Europa, altre recenti, altre restaurate da nuove comunità. Guardando le cose in un’ottica spirituale, questi luoghi dello spirito sono una struttura portante del mondo! E non è un caso che molte persone, specialmente nei periodi di pausa, visitino questi luoghi e vi si fermino per alcuni giorni: anche l’anima, grazie a Dio, ha le sue esigenze!”. Un’attenzione che il Papa non ha mancato di sottolineare anche nel corso delle sue visite a questi centri spirituali. Ripercorriamo in breve alcuni tratti salienti. Un vero e proprio elogio del modello monastico il Papa lo aveva tracciato il 24 maggio 2009 nel corso dei Vespri recitati all’Abbazia di Montecassino insieme agli abati e alle abbadesse benedettine: “Alla scuola di San Benedetto i monasteri sono diventati, nel corso dei secoli, fervidi centri di dialogo, di incontro e di benefica fusione tra genti diverse, unificate dalla cultura evangelica della pace. I monaci hanno saputo insegnare con la parola e con l’esempio l’arte della pace attuando in modo concreto i tre “vincoli” che Benedetto indica come necessari per conservare l’unità dello Spirito tra gli uomini: la Croce, che è la legge stessa di Cristo; il libro e cioè la cultura; e l’aratro, che indica il lavoro, la signoria sulla materia e sul tempo. Grazie all’attività dei monasteri, articolata nel triplice impegno quotidiano della preghiera, dello studio e del lavoro, interi popoli del continente europeo hanno conosciuto un autentico riscatto e un benefico sviluppo morale, spirituale e culturale, educandosi al senso della continuità con il passato, all’azione concreta per il bene comune, all’apertura verso Dio e la dimensione trascendente. Preghiamo perché l’Europa sappia sempre valorizzare questo patrimonio di principi e di ideali cristiani che costituisce un’immensa ricchezza culturale e spirituale. Ciò è possibile però soltanto se si accoglie il costante insegnamento di san Benedetto, ossia il “quaerere Deum”, cercare Dio, come fondamentale impegno dell’uomo. L’essere umano non realizza appieno sé stesso, non può essere veramente felice senza Dio”. Alla vita conventuale il Papa aveva inoltre fatto riferimento nel discorso alle Monache di Santa Francesca Romana, il cui Monastero volle visitare al termine della visita in Campidoglio il 9 marzo del 2009. “Il vostro monastero si trova nel cuore della città. Come non vedere in questo quasi il simbolo della necessità di riportare al centro della convivenza civile la dimensione spirituale, per dare senso pieno alle molteplici attività dell’essere umano? Proprio in questa prospettiva, la vostra comunità, insieme con tutte le altre comunità di vita contemplativa, è chiamata ad essere una sorta di “polmone” spirituale della società, perché a tutto il fare, a tutto l’attivismo di una città non venga a mancare il “respiro” spirituale, il riferimento a Dio e al suo disegno di salvezza. È questo il servizio che rendono in particolare i monasteri, luoghi di silenzio e di meditazione della Parola divina, luoghi dove ci si preoccupa di tenere sempre la terra aperta verso il cielo”. E alle suore claustrali domenicane del monastero romano di Santa Maria del Rosario così indicava, il 24 giugno 2010, il rapporto tra preghiera contemplativa e vita attiva all’interno della Chiesa: “La forma di vita contemplativa vi colloca, come membra vive e vitali, nel cuore del corpo mistico del Signore, che è la Chiesa; e come il cuore fa circolare il sangue e tiene in vita il corpo intero, così la vostra esistenza nascosta con Cristo, intessuta di lavoro e di preghiera, contribuisce a sostenere la Chiesa, strumento di salvezza per ogni uomo che il Signore ha redento con il suo Sangue”.
Ciro Fusco, Korazym.org