giovedì 24 novembre 2011

Benedetto XVI e i detenuti, una sollecitudine di tutto il Pontificato: dalla visita al carcere minorile di Roma all'incontro con quelli di Sulmona

Il 18 dicembre prossimo Benedetto XVI si recherà in visita pastorale alla Casa Circondariale Nuovo Complesso di Rebibbia a Roma. Non è il primo incontro di Benedetto con la realtà carceraria. Per la Quaresima del 2007, il 18 marzo, Benedetto XVI aveva visitato i ragazzi di Casal del Marmo, il carcere minorile di Roma dove si trovano una cinquantina di ragazzi tra i 14 e i 18 anni adolescenti, soli, per lo più stranieri ed emarginati. Ha voluto ascoltarli, celebrare per loro la Santa Messa, pregare con loro e soprattutto essere testimone dell’amore di Dio, che, aveva ricordato il Papa, è “Padre misericordioso e fedele, nonostante gli errori dei figli...E’ un’opportunità per decidere di “alzarsi e partire”, abbandonare cioè il peccato e scegliere di tornare a Dio. Facciamo insieme questo cammino di liberazione interiore”.
Il 12 marzo del 2008 furono i detenuti di Lanciano ad essere ricevuti dal Papa al termine di un'Udienza generale in Piazza San Pietro. Accompagnati dagli agenti della Polizia Penitenziaria, un gruppo di detenuti della Casa Circondariale di Lanciano ha potuto partecipare all'Udienza grazie ad un permesso speciale del Tribunale di Sorveglianza. Li ha guidati il vescovo della diocesi abruzzese, mons. Carlo Ghidelli. Benedetto XVI, nella catechesi aveva parlato anche della condizione dei detenuti e delle sofferenze causate dall'ingiustizia presente in tanta parte della giustizia umana. “Ogni detenuto - disse - per qualunque motivo sia finito in carcere, intuisce quanto sia pesante questa particolare condizione umana”. Il Papa aveva ricordato la figura di Cassiodoro e Boezio. “Anche nel carcere – aveva assicurato il Pontefice – rimane la possibilità della preghiera, del dialogo con Colui che ci salva. Il fatto elimina la possibilità della preghiera, mentre la Provvidenza ci permette di stare in amicizia con Dio”. “L’avversa fortuna – aveva aggiunto Benedetto XVI riferendosi ancora alla condizione di chi si trova carcerato – permette di discernere i falsi amici dai veri e fa capire che nulla è più prezioso per l’uomo di un’amicizia vera. Le difficoltà della vita non soltanto rivelano quanto l’avversa fortuna sia effimera e di breve durata, ma si dimostrano perfino utili per individuare e mantenere gli autentici rapporti tra gli uomini”. Ai detenuti di Lanciano il Papa aveva riservato un saluto speciale: “Auspico che quest'incontro spinga ciascuno a riaffermare la propria fervida adesione agli insegnamenti del Vangelo”. A nome dei detenuti, uno degli accompagnatori donò al Papa un berretto verde con lo stemma di un gruppo di volontariato. Benedetto XVI subito lo indossò con un grande sorriso.

Dal Papa anche i detenuti di Monza che hanno donato a Benedetto XVI nel giugno del 2009 una "tenda della parola" realizzata nella falegnameria della casa circondariale di via Sanquirico. Si tratta di un porta Bibbia di quelli che da alcuni anni i reclusi della struttura brianzola realizzano nella falegnameria interna alle mura di via Sanquirico. Per Papa Ratzinger ne hanno realizzato uno speciale, in rovere bianco, con impressi la stella di Davide e lo stemma del Pontefice. Il modello, comunque, rimane simile a quelli prodotti per la casa editrice San Paolo che ha commissionato proprio al laboratorio gestito dalla cooperativa sociale 2000 le "tende" vendute nelle librerie del gruppo editoriale. In tutto dalla casa circondariale ne sono uscite un paio di migliaia. Grazie proprio alla San Paolo e all’ideatore della "tenda della parola" don Marco Valentini, del porta Bibbia usato nelle chiese come nelle case si era parlato nel Sinodo dei vescovi nell'ottobre 2008. E da qui era nata l’idea di far conoscere anche al Papa il lavoro dei reclusi, donandogli un modello prodotto in carcere.
E nell’aprile del 2010 il Papa ha scritto un messaggio ai detenuti maltesi durante il viaggio nell'isola del Mediterraneo. Nella Lettera inviata in risposta ad un loro messaggio in occasione del suo viaggio apostolico nell’isola, il Papa espresse il suo “più profondo apprezzamento” per i sentimenti espressi nel messaggio e ringrazia di cuore i detenuti che gli assicurano il sostegno delle loro preghiere. I detenuti si dicono in qualche modo confortati dal fatto che il primo evangelizzatore dell’Isola sia stato San Paolo, giunto a Malta come prigioniero e dunque condividendo la loro condizione. E Benedetto XVI sottolineò come San Paolo “benché prigioniero, ebbe la libertà interiore di ‘rallegrarsi nel Signore’ , persuaso che ‘né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze, né altezza né profondità, né alcun’altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, che è in Gesù Cristo, nostro Signore”. Il Papa concluse la sua Lettera dicendosi vicino a quanti sono in carcere e invocando su di loro la sua benedizione “pegno di forza e pace nel Signore”.
Il 4 luglio del 2010 altro incontro con il mondo delle carceri a Sulmona (foto). "Sono felice di essere con voi. Avrei voluto incontrarvi tutti", perciò "portate il mio saluto" agli altri detenuti. "Vi sono sempre vicino e prego affinché il Signore vi aiuti in questo cammino non facile: vi porterò nel mio cuore e di cuore vi auguro che possiate trovare la via per dare un contributo alla società, secondo le vostre capacità e i doni che Dio vi ha dato. Nella mia preghiera siete sempre presenti". Con parole improvvisate, lontano da microfoni e telecamere, Benedetto XVI ha salutato così una delegazione della casa circondariale di Sulmona, durante la visita pastorale alla città, in occasione dell'anno giubilare voluto dai vescovi della regione ecclesiastica Abruzzo-Molise per l'ottavo centenario della nascita di San Pietro Celestino. Un breve saluto, non previsto dal programma, richiesto dal cappellano, il marista Franco Messori, mentre nella casa sacerdotale attigua al vescovado presentava al Pontefice il direttore dell'istituto Sergio Romice, alcuni agenti di custodia e cinque rappresentanti, il più giovane era Catalin, ha poco più di trent'anni e viene dalla Romania, dei 420 detenuti e internati che affollano la struttura. "Ho chiesto al Papa - ha confidato il cappellano - una parola di luce e di speranza, perché incontrando questi cinque uomini il suo messaggio giunga a tutti i detenuti abruzzesi e delle altre case circondariali d'Italia". Padre Messori non condivide la definizione di "carcere dei suicidi" data dai media alla struttura detentiva sulmonese, ma evidenzia la necessità di maggiori fondi per l'istruzione e il lavoro. "Senza queste due cose - spiega - non ci sono possibilità di reinserimento". Anche per questo all'incontro privato con Benedetto XVI, durato una decina di minuti, ha partecipato anche la responsabile dei programmi educativi.


Angela Ambrogetti, Korazym.org