Udienza generale questa mattina nell’Aula Paolo VI dove il Santo Padre ha incontrato gruppi di fedeli e pellegrini provenienti dall’Italia e da ogni parte del mondo. Nella catechesi il Papa ha incentrato la sua meditazione sulla preghiera di Gesù nell’orto del Getsemani (cfr Mc 14,32-42). Di quella notte, ha esordito, la “preghiera di Gesù è particolarmente significativa”. Gesù sale al Monte degli Ulivi, dopo l'Ultima Cena, mentre sta pregando con i suoi discepoli. Nel racconto di Marco, “il percorso fino al Getsemani è costellato di espressioni di Gesù che fanno sentire incombente il suo destino di morte e annunciano l'imminente dispersione dei discepoli”. Sul Monte degli Ulivi, come altre volte Gesù si prepara alla preghiera personale. “Ma questa volta avviene qualcosa di nuovo: sembra non voglia restare solo”, invita Pietro, Giacomo e Giovanni “a stargli più vicino”. Anche quella notte Gesù pregherà il Padre da solo, ha proseguito Benedetto XVI, “perché il suo rapporto con Lui è del tutto unico e singolare: è il rapporto del Figlio Unigenito”. Gesù, però, “vuole che almeno tre discepoli rimangano non lontani, in una relazione più stretta con Lui. Si tratta di una vicinanza spaziale, una richiesta di solidarietà nel momento in cui sente approssimarsi la morte, ma è soprattutto una vicinanza nella preghiera, per esprimere, in qualche modo, la sintonia con Lui, nel momento in cui si appresta a compiere fino in fondo la volontà del Padre ed è un invito ad ogni discepolo a seguirlo nel cammino della Croce”. Nella parola che rivolge ai tre, Gesù, ancora una volta, si esprime con il linguaggio dei Salmi, questa volta è il Salmo 43: “La mia anima è triste”. Sono parole che “rivelano come Egli provi paura e angoscia in quell’ora” e “sperimenti l’ultima profonda solitudine proprio mentre il disegno di Dio si sta attuando. E in tale paura e angoscia di Gesù è ricapitolato tutto l’orrore dell’uomo davanti alla propria morte, la certezza della sua inesorabilità e la percezione del peso del male che lambisce la nostra vita”. In seguito, Gesù si rivolge al Padre, in una preghiera “chiede al Padre che, se fosse possibile, passasse via da lui quest’ora. Non è solo la paura e l’angoscia dell’uomo davanti alla morte, ma è lo sconvolgimento del Figlio di Dio che vede la terribile massa del male che dovrà prendere su di Sé per superarlo, per privarlo di potere”. "Anche noi – ha commentato il Papa - nella preghiera dobbiamo essere capaci di portare davanti a Dio le nostre fatiche, la sofferenza di certe situazioni, di certe giornate, l’impegno quotidiano di seguirlo, di essere cristiani e anche il peso del male che vediamo in noi e attorno a noi, perché Egli ci dia speranza, ci faccia sentire la sua vicinanza, ci doni un po’ di luce nel cammino della vita”. Nel prosieguo della preghiera di Gesù “Abbà! Padre! Tutto è possibile a te: allontana da me questo calice! Però non ciò che voglio io, ma ciò che vuoi tu”, Benedetto XVI ha evidenziato “tre passaggi rivelatori”. “All'inizio abbiamo il raddoppiamento del termine con cui Gesù si rivolge a Dio: ‘Abbà! Padre!’, che in aramaico è quella che veniva usata dal bambino per rivolgersi al papà ed esprime quindi il rapporto di Gesù con Dio Padre, un rapporto di tenerezza, di affetto, di fiducia, di abbandono”. Nel secondo “passaggio” c’è la consapevolezza dell'onnipotenza del Padre, ‘tutto è possibile a te’, che introduce una richiesta in cui, ancora una volta, appare il dramma della volontà umana di Gesù davanti alla morte e al male: ‘allontana da me questo calice!’. Ma c’è la terza espressione della preghiera di Gesù ed è quella decisiva, in cui la volontà umana aderisce pienamente alla volontà divina. Gesù, infatti, conclude dicendo con forza: ‘Però non ciò che voglio io, ma ciò che vuoi tu’”. “Nell’unità della persona divina del Figlio la volontà umana trova la sua piena realizzazione nell’abbandono totale dell’Io al Tu del Padre, chiamato Abbà”, ha spiegato il Papa, citando san Massimo il Confessore, secondo il quale “dal momento della creazione dell’uomo e della donna, la volontà umana è orientata a quella divina ed è proprio nel ‘sì’ a Dio che la volontà umana è pienamente libera e trova la sua realizzazione”. “Purtroppo, a causa del peccato, questo ‘sì’ a Dio si è trasformato in opposizione: Adamo ed Eva hanno pensato che il ‘no’ a Dio fosse il vertice della libertà, l’essere pienamente se stessi”, il commento del Papa, secondo il quale “Gesù al Monte degli Ulivi riporta la volontà umana al ‘sì’ pieno a Dio; in Lui la volontà naturale è pienamente integrata nell’orientamento che le dà la Persona Divina. Gesù vive la sua esistenza secondo il centro della sua Persona: il suo essere Figlio di Dio. La sua volontà umana è attirata dentro l’Io del Figlio, che si abbandona totalmente al Padre”. Gesù “ci dice che solo nel conformare la sua volontà a quella divina, l’essere umano arriva alla sua vera altezza, diventa ‘divino’; solo uscendo da sé, solo nel ‘sì’ a Dio, si realizza il desiderio di Adamo, quello di essere completamente liberi. È ciò che Gesù compie al Getsemani: trasferendo la volontà umana nella volontà divina nasce il vero uomo, e noi siamo redenti”. "Ogni giorno nella preghiera del Padre nostro noi chiediamo al Signore: ‘Sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra’”. “Nella preghiera di Gesù al Padre, in quella notte terribile e stupenda del Getsemani – le parole del Papa – la terra è diventata cielo; la terra della sua volontà umana, scossa dalla paura e dall’angoscia, è stata assunta dalla sua volontà divina, così che la volontà di Dio si è compiuta sulla terra”. “Dobbiamo imparare ad affidarci di più alla Provvidenza divina, chiedere a Dio la forza di uscire da noi stessi per rinnovargli il nostro ‘sì’, per ripetergli ‘sia fatta la tua volontà’, per conformare la nostra volontà alla sua”. “È una preghiera che dobbiamo fare quotidianamente – ha esortato Benedetto XVI – perché non sempre è facile affidarci alla volontà di Dio, ripetere il ‘sì’ di Gesù, il ‘sì’ di Maria”. I racconti evangelici del Getsemani, ha ricordato il Santo Padre, “mostrano dolorosamente che i tre discepoli, scelti da Gesù per essergli vicino, non furono capaci di vegliare con Lui, di condividere la sua preghiera, la sua adesione al Padre e furono sopraffatti dal sonno”. "Domandiamo al Signore – la conclusione del Papa - di essere capaci di vegliare con Lui in preghiera, di seguire la volontà di Dio ogni giorno anche se parla di Croce, di vivere un’intimità sempre più grande con il Signore, per portare in questa terra un po’ del cielo di Dio”.
AsiaNews, SIR
L’UDIENZA GENERALE - il testo integrale della catechesi e dei saluti del Papa