Udienza generale questa mattina nell’Aula Paolo VI dove il Santo Padre ha incontrato gruppi di fedeli e pellegrini provenienti dall’Italia e da ogni parte del mondo. Nella catechesi il Papa, continuando il ciclo sulla preghiera, ha incentrato la sua meditazione sulla preghiera di Gesù nell’imminenza della morte (cfr Lc 23,34). Sono tre “parole”, nelle quali “la prima e la terza sono rivolte esplicitamente al Padre e la seconda al buon ladrone crocifisso con lui”. Nella prima “parola”, “subito dopo essere stato inchiodato sulla croce e mentre i soldati si stanno dividendo le sue vesti”, “la prima preghiera che Gesù rivolge al Padre è di intercessione: chiede il perdono per i propri carnefici”, ha esordito Benedetto XVI, secondo il quale con questo gesto Gesù “compie in prima persona quanto aveva insegnato nel discorso della montagna. Adesso, dalla croce, Egli non solo perdona i suoi carnefici, ma si rivolge direttamente al Padre intercedendo a loro favore”. Un “atteggiamento”, questo, che trova “un’imitazione commovente nel racconto della lapidazione di santo Stefano, primo martire”, che “si rivolge al Signore Risorto e chiede che la sua uccisione non sia imputata ai suoi lapidatori”. Gesù sulla croce, ha spiegato Benedetto XVI, “si rivolge al Padre e non solo chiede il perdono per i suoi crocifissori, ma offre anche una lettura di quanto sta accadendo. Secondo le sue parole, infatti, gli uomini che lo crocifiggono ‘non sanno quello che fanno’”. Gesù pone, cioè, “l’ignoranza, il non sapere, come motivo della richiesta di perdono al Padre, perché essa lascia aperta la via verso la conversione”. Come del resto avviene nelle parole che pronuncerà il centurione alla morte di Gesù: “Veramente, quest’uomo era giusto”. La seconda parola di Gesù sulla croce riportata da san Luca “è una parola di speranza”, è la risposta alla preghiera di uno dei due uomini crocifissi con Lui. Il buon ladrone, davanti a Gesù, “rientra in se stesso e si pente, si accorge di trovarsi di fronte al Figlio di Dio, e lo prega: ‘Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno”. La risposta del Signore a questa preghiera, ha sottolineato il Papa, “va ben oltre la richiesta. Gesù è consapevole di entrare direttamente nella comunione col Padre e di riaprire all’uomo la via per il paradiso di Dio. Così attraverso questa risposta dona la ferma speranza che la bontà di Dio può toccarci anche nell’ultimo istante della vita e la preghiera sincera, anche dopo una vita sbagliata, incontra le braccia aperte del Padre buono che attende il ritorno del figlio”. Soffermandosi sulle ultime parole di Gesù morente, “Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito”, il Papa ha fatto notare che alcuni aspetti di questa narrazione sono diversi rispetto a quanto dicono Marco e Matteo: “Le tre ore di oscurità in Marco non sono descritte, mentre in Matteo sono collegate con una serie di diversi avvenimenti apocalittici, come il terremoto, l’apertura dei sepolcri, i morti che risuscitano. In Luca, le ore di oscurità hanno la loro causa nell’eclissarsi del sole, ma in quel momento avviene anche il lacerarsi del velo del tempio. In questo modo il racconto lucano presenta due segni, in qualche modo paralleli, nel cielo e nel tempio. Il cielo perde la sua luce, la terra sprofonda, mentre nel tempio, luogo della presenza di Dio, si lacera il velo che protegge il santuario". In Luca “la morte di Gesù è caratterizzata esplicitamente come evento cosmico e liturgico; in particolare, segna l’inizio di un nuovo culto, in un tempio non costruito da uomini, perché è il Corpo stesso di Gesù morto e risorto, che raduna i popoli e li unisce nel Sacramento del suo Corpo e del suo Sangue”. In questo “momento di sofferenza”, la preghiera di Gesù “è un forte grido di estremo e totale affidamento a Dio”, ed esprime “la piena consapevolezza di non essere abbandonato”. “Dall’inizio alla fine, quello che determina completamente il sentire di Gesù, la sua parola, la sua azione, è la relazione unica con il Padre”, ha ribadito il Santo Padre: “Anche sulla croce Egli vive pienamente, nell’amore, questa sua relazione filiale con Dio, che anima la sua preghiera”. “La preghiera di Gesù di fronte alla morte – le parole del Papa – è drammatica come lo è per ogni uomo, ma, allo stesso tempo, è pervasa da quella calma profonda che nasce dalla fiducia nel Padre e dalla volontà di consegnarsi totalmente a Lui”. Come nel Getsemani, anche ora, “negli ultimi istanti, Gesù si rivolge al Padre dicendo quali sono realmente le mani a cui Egli consegna tutta la sua esistenza”. “Adesso, che la vita sta per lasciarlo, Egli sigilla nella preghiera la sua ultima decisione”, ha concluso il Papa: “Gesù si è lasciato consegnare nelle mani degli uomini, ma è nelle mani del Padre che Egli pone il suo spirito; così – come afferma l’Evangelista Giovanni – tutto è compiuto, il supremo atto di amore è portato sino alla fine, al limite e al di là del limite”. “Le parole di Gesù sulla croce negli ultimi istanti della sua vita terrena – ha detto Benedetto XVI – offrono indicazioni impegnative alla nostra preghiera, ma la aprono anche ad una serena fiducia e ad una ferma speranza”. “Gesù che chiede al Padre di perdonare coloro che lo stanno crocifiggendo – ha proseguito – ci invita al difficile gesto di pregare anche per coloro che ci fanno torto, ci hanno danneggiato, sapendo perdonare sempre, affinché la luce di Dio possa illuminare il loro cuore; ci invita, cioè, a vivere, nella nostra preghiera, lo stesso atteggiamento di misericordia e di amore che Dio ha nei nostri confronti”, come ripetiamo nel Padre nostro. “Gesù che nel momento estremo della morte si affida totalmente nelle mani di Dio Padre, ci comunica la certezza che, per quanto dure siano le prove, difficili i problemi, pesante la sofferenza, non cadremo mai fuori delle mani di Dio”. Quelle mani che “ci hanno creato, ci sostengono e ci accompagnano nel cammino dell’esistenza, perché guidate da un amore infinito e fedele”.
SIR, AsiaNews
L’UDIENZA GENERALE - il testo integrale della catechesi e dei saluti del Papa