
Benedetto XVI denuncia le speculazioni e parla di un “cattivo utilizzo” della finanza che “ha danneggiato l’economia reale”; sottolinea che negli ultimi anni è cresciuta “una classe cosmopolita di manager, che spesso rispondono solo alle indicazioni degli azionisti”. Tra le cause della crisi c’è l'attaccamento al denaro: “L'avarizia umana è idolatria. Noi dobbiamo denunciare questa idolatria che sta contro il vero Dio e la falsificazione dell'immagine di Dio con un altro Dio, 'mammona'. Dobbiamo farlo con coraggio ma anche con concretezza" (Incontro con i parroci e il clero della diocesi di Roma, 26 febbraio 2009).
E il Papa parla contro lo sfruttamento dei lavoratori, in particolare degli immigrati, usati spesso come “merce”, chiede che il lavoro, soprattutto per le donne, sia armonizzato con la famiglia, e che sia rispettato il riposo domenicale, perché l’uomo non deve essere schiavo del lavoro. La crisi attuale, tuttavia, può diventare un’opportunità per rivedere i modelli di sviluppo e gli stili di vita: “Forse mai come oggi la società civile comprende che soltanto con stili di vita ispirati alla sobrietà, alla solidarietà ed alla responsabilità, è possibile costruire una società più giusta e un futuro migliore per tutti” (Agli amministratori della Regione Lazio, del Comune e della Provincia di Roma, 12 gennaio 2009).
Il lavoro per i cristiani diventa anche preghiera quotidiana, come faceva Gesù: il Figlio di Dio – ricorda il Papa - si è dedicato “per molti anni ad attività manuali, tanto da essere conosciuto come il figlio del carpentiere”. E Benedetto XVI affida tutti i lavoratori al loro patrono, San Giuseppe, e indica il suo stile: “Dall'esempio di San Giuseppe viene a tutti noi un forte invito a svolgere con fedeltà, semplicità e modestia il compito che la Provvidenza ci ha assegnato”. (Angelus, 19 marzo 2006).
Radio Vaticana