mercoledì 18 luglio 2012

Per i lefevriani ora il Papa è luterano e Roma torna nemica. L'attacco dopo la rottura dei negoziati: non abbiamo paura delle scomuniche vaticane

Dopo la rottura con Roma, appena ammorbidita nei toni diplomatici del superiore della Fraternità di San Pio X, mons. Bernard Fellay, ora i lefebvriani temono nuovi provvedimenti disciplinari da parte della Santa Sede. Forse una nuova scomunica, insomma la situazione sembra essere tornata indietro di anni. E' quanto scrive fra l'altro in una nota diffusa il 17 luglio il superiore del distretto francese della Fraternità, l'abate Régis de Cacqueray. Il distretto francese insieme a quello svizzero, è uno dei più importanti centri dei lefebvriani. Dopo il capitolo generale della Fraternità svoltosi la settimana scorsa a Econe, in Svizzera, e le parole di Fellay con le quali si sanciva che un accordo con la Santa Sede per il reintegro dei lefebvriani nella Chiesa di Roma non era stato raggiunto, ora arriva una presa di posizione estremamente dura che sembra chiarire ulteriormente la situazione. Nel frattempo, tuttavia, va detto che la Fraternità ha inviato una risposta ufficiale alla Congregazione per la Dottrina della Fede nella quale le varie considerazioni emerse durante il capitolo generale saranno sottoposte alla valutazione del Vaticano. Quest'ultimo, da parte sua, sua nelle settimane passate, aveva però lasciato intendere che la trattativa non poteva andare avanti all'infinito. In ogni caso, una volta conosciuta la risposta ufficiale dei lefebvriani alla proposta di accordo avanzata dalla Santa Sede, la Congregazione per la Dottrina della Fede farà conoscere a sua volta una sua valutazione del nuovo documento dei lefebvriani. E in attesa di questa che dal distretto francese della Fraternità arriva però un nuovo attacco al Papa e alla Chiesa di Roma: "Quale sarà la credibilità del verdetto che la Roma conciliare renderà presto pubblico a proposito della Fraternità?". "La dichiarerà - prosegue l'abate de Cacqueray - scismatica, nuovamente scomunicata o gli verranno risparmiati questi 'nomignoli'? Quale che sia la conclusione non bisognerà dargli un'importanza eccessiva". Dal Vaticano, si sottolinea, in questi anni sono arrivate infatti minacce, pene inflitte e mani tese. "Le pene della Chiesa - afferma ancora l'esponente di spicco della Fraternità - fino alle più gravi, sono arrivate a sanzionare la tenacia della Fraternità a rifiutare gli errori del Concilio, la nuova Messa, il nuovo Codice di Diritto canonico, la nuova religione". Secondo l'abate le promesse fatte dal Vaticano, in riferimento alla possibilità di organizzarsi sotto la forma di Prelatura personale una volta rientrati nella Chiesa, "avevano come unica contropartita quella di far cessare queste critiche e di ottenere che la Fraternità taccia la propria opposizione su questi temi". Così le scomuniche e poi la revoca di scomuniche, e quindi le nuove minacce di scomunica, si spiega, non impressionano più e si tratta anzi, da parte del Vaticano, di colpi di teatro. Dalle critiche non viene risparmiato neanche il Papa che, viene sottolineato, pur avendo applicato il Concilio in modo più saggio, non ha rinunciato agli "incontri interreligiosi, alle viste a moschee e sinagoghe" quindi "alla partecipazione a una cerimonia liturgica luterana a Roma" e poi ci sono stati "l'elogio di Martin Lutero, la reiterazione dello scandalo di Assisi , la Beatificazione di Giovanni Paolo II, i Vespri celebrati in presenza dello pseudo arcivescovo di Canterbury". Nei giorni scorsi, poi, sembrava che il vescovo negazionista della Shoah, Richard Williamson fosse stato allontanato dalla Fraternità. Ma nelle ultime ore il portavoce dei lefebvriani, l'abate Alain Lorans, ha confermato che Williamson era stato escluso dal Capitolo generale, ma ha anche fatto sapere che ha conservato il proprio statuto di vescovo e fa parte della Fraternità. Un elemento che certamente non aiuterà la Santa Sede a dare un giudizio positivo su quanto è avvenuto. D'altro canto la Santa Sede aveva fatto intendere con chiarezza che il Magistero del Papa e il Concilio Vaticano II dovevano essere accettati per intero dalla Fraternità se questa voleva rientrare nel seno della Chiesa universale.

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