domenica 23 settembre 2012

Il Papa: noi, che siamo piccoli, aspiriamo ad apparire grandi, ad essere i primi, mentre Dio, che è realmente grande, non teme di abbassarsi e di farsi ultimo

A mezzogiorno il Santo Padre Benedetto XVI si è affacciato al balcone del Cortile interno del Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo per recitare l’Angelus insieme ai fedeli e ai pellegrini presenti. “Nel nostro cammino con il Vangelo di Marco, domenica scorsa siamo entrati nella seconda parte, cioè l’ultimo viaggio verso Gerusalemme e verso il culmine della missione di Gesù - ha ricordato il Papa -. Dopo che Pietro, a nome dei discepoli, ha professato la fede in Lui riconoscendolo come il Messia, Gesù incomincia a parlare apertamente di ciò che gli accadrà alla fine”, annunciando “in modo sempre più chiaro il destino che l’attende e la sua intrinseca necessità”. Anche nel brano di questa domenica annuncia questa verità. In effetti, ha osservato il Pontefice, “leggendo questa parte del racconto di Marco, appare evidente che tra Gesù e i discepoli c’è una profonda distanza interiore; si trovano, per così dire, su due diverse lunghezze d’onda, così che i discorsi del Maestro non vengono compresi, o lo sono soltanto superficialmente”. Così Pietro, subito dopo aver manifestato la sua fede in Gesù, si permette di rimproverarlo perché ha predetto che dovrà essere rifiutato e ucciso. Dopo il secondo annuncio della passione, i discepoli si mettono a discutere su chi tra loro sia il più grande; e, dopo il terzo, Giacomo e Giovanni chiedono a Gesù di poter sedere alla sua destra e alla sua sinistra, quando sarà nella gloria”. Ma ci sono “diversi altri segni di questa distanza: ad esempio, i discepoli non riescono a guarire un ragazzo epilettico, che poi Gesù guarisce con la forza della preghiera; o quando vengono presentati a Gesù dei bambini, i discepoli li rimproverano, e Gesù invece, indignato, li fa rimanere, e afferma che solo chi è come loro può entrare nel Regno di Dio”. “Che cosa ci dice tutto questo - si è chiesto il Santo Padre -? Ci ricorda che la logica di Dio è sempre ‘altra’ rispetto alla nostra, come rivelò Dio stesso per bocca del profeta Isaia: ‘I miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie’”. Per questo, ha chiarito, “seguire il Signore richiede sempre all’uomo una profonda conversione da noi tutti, un cambiamento nel modo di pensare e di vivere, richiede di aprire il cuore all’ascolto per lasciarsi illuminare e trasformare interiormente”. “Un punto-chiave in cui Dio e l’uomo si differenziano è l’orgoglio - ha precisato Benedetto XVI -: in Dio non c’è orgoglio, perché Egli è totale pienezza ed è tutto proteso ad amare e donare vita; in noi uomini, invece, l’orgoglio è intimamente radicato e richiede costante vigilanza e purificazione. Noi, che siamo piccoli, aspiriamo ad apparire grandi, ad essere i primi, mentre Dio, che è realmente grande, non teme di abbassarsi e di farsi ultimo”. La Vergine Maria è “perfettamente ‘sintonizzata’ con Dio: invochiamola con fiducia, affinché ci insegni a seguire fedelmente Gesù sulla via dell’amore e dell’umiltà”.

SIR

LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DELL’ANGELUS