venerdì 5 ottobre 2012

La Cattedra dei non credenti di Martini e il Cortile dei Gentili di Benedetto XVI non sono sinonimi, ma c’è un’assonanza non trascurabile che supera i contesti e i tempi della loro attuazione: l’uomo ha bisogno di Dio

"Siamo passati da una cattedra a un cortile". Sagace e senza appello l’analisi di padre Bartolomeo Sorge, sacerdote gesuita e arcivescovo mancato di Milano. Papa Luciani aveva, infatti, pensato a lui come guida della grande diocesi ambrosiana, ma la sua morte repentina dopo appena trentatré giorni dall’elezione al Pontificato sbarrò la strada alla nomina. A rivelarlo a padre Sorge fu, qualche tempo dopo, Karol Wojtyła che, pur condividendo l’idea del suo diretto predecessore di nominare un sacerdote gesuita alla guida della più grande diocesi europea, non scelse l’uomo indicato da Luciani ma Carlo Maria Martini (nella foto con Benedetto XVI). Nella frase ironica di padre Sorge c’è condensata in filigrana la profezia del grande arcivescovo ambrosiano, scomparso appena un mese fa, e il sogno del Papa tedesco costretto spesso a scendere dalla cattedra nel cortile delle gelosie e delle meschine lotte intestine della Curia. Frutto avvelenato di tutto ciò è la vicenda dei Vatileaks e il processo all’ex maggiordomo di Benedetto XVI, Paolo Gabriele, che si sta celebrando in questi giorni in Vaticano. Ma c’è un’altra Chiesa, quella di Papa Ratzinger, che continua a respirare, seppur dietro le quinte. Lei che, invece, dovrebbe svolgere il ruolo principale. L’agenda è ricca: ieri visita a Loreto sulle orme di Giovanni XXIII il 4 ottobre, Cortile dei gentili ad Assisi oggi e domani, apertura del Sinodo dei vescovi sulla nuova evangelizzazione domenica e inizio dell’Anno della Fede lgiovedì 11 a cinquant’anni dal Concilio Ecumenico Vaticano II e nel ventesimo dell’approvazione del Catechismo della Chiesa Cattolica. Ad Assisi sarà significativo il confronto tra il card. Gianfranco Ravasi e il presidente della Repubblica italiana Giorgio Napolitano sul tema “Dio, questo sconosciuto”. Del resto, come ha sottolineato mons. Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, Dio oggi non è negato, ma è sconosciuto. Si dicono tante inesattezze su di lui e sulla sua Chiesa che influenzano, spesso irrimediabilmente, l’opinione pubblica e i singoli fedeli. Per questo le responsabilità dei media non possono essere sottovalutate. Se da un lato nel cuore dell’uomo c’è un profondo desiderio di conoscere Dio, dall’altro egli è totalmente sconosciuto spesso anche da coloro che si professano credenti. "È meglio essere cristiani senza dirlo, che dirlo senza esserlo», sosteneva sant’Ignazio di Antiochia. Far conoscere Dio: è questa l’odierna sfida del pontificato ratzingeriano. E la ricetta di Benedetto XVI non si fa attendere. "Io penso che la Chiesa dovrebbe anche oggi aprire una sorta di 'cortile dei gentili' dove gli uomini possano in una qualche maniera agganciarsi a Dio, senza conoscerlo e prima che abbiano trovato l’accesso al suo mistero, al cui servizio sta la vita interna della Chiesa. Al dialogo con le religioni deve oggi aggiungersi soprattutto il dialogo con coloro per i quali la religione è una cosa estranea, ai quali Dio è sconosciuto e che, tuttavia, non vorrebbero rimanere semplicemente senza Dio, ma avvicinarlo almeno come Sconosciuto". Il cortile al quale Benedetto XVI si riferisce si trovava nel tempio di Gerusalemme. In quella maestosa struttura, dopo le porte e i portici, c’era l’atrio dei gentili: una grande piazza dove stavano venditori e cambiavalute, quelli che Gesù scaccia con foga per purificare quello spazio nel quale avevano accesso tutti i popoli, e non solo gli israeliti, per poter pregare il Dio a loro ancora sconosciuto, anche se non potevano accedere all’interno del tempio e celebrare pienamente il mistero. Oltre una balaustra che delimitava l’atrio, al di là delle scritte che minacciavano la morte agli incirconcisi che avessero violato sacrilegamente quel confine sacro, stava il cuore del tempio con i luoghi destinati al culto e al sacrificio. Ma oggi chi sono i gentili? Quei non credenti che davanti alla nuova evangelizzazione, parola d’ordine della Chiesa wojtyliana, si spaventano perché non vogliono vedere se stessi come oggetto di missione, né rinunciare alla loro libertà di pensiero e di volontà. Oggi i gentili sono coloro per i quali la religione è una cosa estranea, eppure non vogliono rimanere semplicemente senza Dio, mentre sono stanchi e forse nauseati dai miti e dagli dei che l’irreligiosità ha posto, o imposto, loro. Questi nuovi miti sono l’ecologismo, il vitalismo, lo scientismo, il materialismo, lo psicologismo, lo sviluppismo, il terzomondismo, il pauperismo, l’ideologia del gender, l’ideologia della diversità, l’economicismo, l’inclusivismo, il narcisismo e tutte le forme di riduzionismo. Nelle parole del Papa c’è, innanzitutto, un giudizio negativo sull’irreligiosità odierna. In secondo luogo c’è l’invito a dialogare non in un ambito neutro o imparziale rispetto alla proposta del Dio di Gesù Cristo. Il cortile dei gentili, infatti, non era uno spazio fuori del tempio, ma dentro di esso. Non era un luogo profano, ma già sacro. È un luogo non ancora confessionale, non ancora liturgico, non ancora ecclesiastico, ma religioso. Benedetto XVI non propone discussioni con i non credenti solo di tipo filosofico e accademico. Egli sostiene che i nuovi gentili vorrebbero pregare e adorare Dio anche come "Sconosciuto". Nella proposta di un cortile dei gentili c’è l’idea ratzingeriana che il Dio di Gesù Cristo sia la risposta definitiva alle profonde attese dell’umanità e come tale dovrebbe essere presentato dalla Chiesa. La proposta di fede e di religione è perciò anche una proposta di ragione. Il percorso però non procede mai dalla ragione alla fede, ma dalla fede alla ragione. In questo consiste la principale novità della proposta di un cortile dei gentili. Ma in un mondo che nega l’esistenza di Dio, che lo rifiuta e vuole relegarlo nella sfera privata perché lo considera irrilevante, si può parlare di un luogo di incontro e di dialogo per i non credenti? Oggi sembra davvero molto difficile rivolgersi nell’agorà a coloro che si professano cristiani. Come è possibile, allora, parlare ad alta voce a coloro che non sono credenti? Un’esperienza significativa in questo senso è stata realizzata oltre venti anni fa a Milano dal card. Carlo Maria Martini ed è nota come la "cattedra dei non credenti". Essa nasceva, nella visione del porporato, dal presupposto che ciascun uomo ha in sé un non credente e un credente che si parlano dentro, che si interrogano a vicenda, che rimandano continuamente domande pungenti l’uno all’altro. La cattedra di Martini non era, dunque, uno spazio per estranei, ma un modo per appropriarsi di quel dialogo interiore senza il quale non si ha maturità umana e di fede. Benedetto XVI, invece, parte dalla persuasione che Dio sia una questione che la Chiesa deve tenere aperta in tutti, una nostalgia che l’apostolato dei vescovi non deve lasciar spegnere: essa può essere coltivata in quel cortile dei gentili e viene connessa con il dialogo interreligioso. La Cattedra dei non credenti di Martini e il Cortile dei Gentili di Joseph Ratzinger non sono sinonimi come erroneamente qualcuno sostiene. C’è un’assonanza, però, non trascurabile che supera i contesti e i tempi della loro attuazione: l’uomo ha bisogno di Dio. E la vicenda dei Vatileaks ne è paradossalmente la conferma.

Francesco Grana, Orticalab