Al centro del terzo capitolo l’evento di Betlemme: la nascita di Gesù in un preciso contesto storico-universale, che Benedetto XVI mette in luce sottolineando il clima dell’età di Augusto Imperatore romano: “Solo in questo momento, in cui esiste una comunione di diritti e di beni su larga scala, ed una lingua universale permette ad una comunità culturale l’intesa nel pensiero e nell’agire, un messaggio universale di salvezza, un universale portatore di salvezza può entrare nel mondo: è, di fatti, la pienezza dei tempi”. Gesù, precisa il Papa, non è nato nell’imprecisato “una volta” del mito: “Egli appartiene ad un tempo esattamente databile e ad un ambiente geografico esattamente indicato: l’universale e il concreto si toccano a vicenda. In lui, il logos, la ragione creatrice di tutte le cose, è entrato nel mondo, il logos eterno si è fatto uomo. E di questo fa parte il contesto di luogo e tempo”. Nella prospettiva di una lettura del Vangelo, secondo l’esegesi canonica, Benedetto XVI spiega poi, il significato di tanti particolari della narrazione della nascita, che da semplici fatti esteriori diventano parte della grande realtà in cui si attua in modo misterioso la redenzione degli uomini. In particolare, nel passo dedicato alla presentazione di Gesù al Tempio, si sottolinea come questa redenzione “non sia bagno di autocompiacimento ma una liberazione dall’essere compressi nel proprio io", che ha come costo la sofferenza della Croce. “Alla teologia della Gloria”, scrive il Papa “è inscindibilmente legata la teologia della Croce”. Quanto alla nascita di Gesù nella grotta, "nel Vangelo non si parla di animali", scrive Papa Ratzinger. "Ma la meditazione guidata dalla fede, leggendo l'Antico e il Nuovo Testamento collegati tra loro, ha ben presto colmato questa lacuna, rinviando ad Isaia 1,3: 'Il bue conosce il suo proprietario e l'asino la greppia del suo padrone, ma Israele non conosce, il mio popolo non comprende".Probabilmente, racconta il Papa, anche altri due libri della Bibbia di Abacuc e dell'Esodo hanno avuto un'influenza. "L'iconografia cristiana già ben presto ha colto questo motivo. Nessuna raffigurazione del presepe rinuncerà al bue e all'asino". Quanto al "canto degli angeli" raccontato dal Vangelo, "si può ben comprendere che il semplice popolo dei credenti abbia poi sentito cantare anche i pastori, e, fino a oggi, nella Notte Santa, si unisca alle loro melodie, esprimendo col canto la grande gioia che da allora sino alla fine dei tempi a tutti è donata". Il Papa non risparmia qualche rilievo critico alla traduzione della Bibbia della Conferenza Episcopale italiana e tedesca: soffermandosi sul versetto che racconta del canto degli angeli alla nascita di Gesù, 'Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace agli uomini...', commenta: "Ciò che fino a poco tempo fa veniva reso con 'uomini di buona volontà' è espresso ora nella traduzione tedesca con 'uomini della sua grazia'. Nella traduzione della Cei si parla di 'uomini che egli ama'". "La traduzione precedente, che parlava degli uomini 'di buona volontà', poteva essere fraintesa in questo senso. La nuova traduzione può essere male intepretata nel senso opposto, come se tutto dipendesse unicamente dalla predestinazione di Dio. L'intera testimonianza della Sacra Scrittura non lascia alcun dubbio sul fatto che nessuna delle due posizioni estreme è giusta", scrive il Papa, perché "grazia e libertà si compenetrano a vicenda, e non possiamo esprimere il loro operare l'una nell'altra mediante formule chiare". In questo senso il Papa preferisce la traduzione letterale del testo originale greco che suona così: "La pace agli uomini del suo compiacimento".
Ai Magi sapienti e alla fuga in Egitto, infine, è dedicato il quarto capitolo, dove con una ricca gamma di informazioni storico-linguistiche scientifiche, il Papa delinea i Magi e conclude che essi rappresentano non solo le persone che hanno trovato la via fino a Cristo, ma “l’attesa interiore dello Spirito umano, il movimento delle religioni e della ragione umana incontro a Cristo”. Una processione che, scrive Benedetto XVI, percorre l’intera storia. E anche nelle riflessioni su altri spunti del racconto, la natura della stella, la sosta dei magi a Gerusalemme fino alla fuga in Egitto e alla strage degli innocenti, Benedetto XVI oltre i semplici fatti, allarga l’orizzonte del lettore al grande progetto d’amore di Dio: la salvezza eterna offerta alla libertà dell’uomo. Scrive infatti il Papa: “Con la fuga in Egitto e con il suo ritorno nella terra promessa, Gesù dona l’esodo definitivo: egli è veramente il Figlio; egli non se ne andrà via per allontanarsi dal Padre: egli ritorna a casa e conduce verso casa. Sempre egli è in cammino verso Dio e con ciò conduce dall’alienazione alla Patria, a ciò che è essenziale e proprio”. La stella che guidò i Re Magi verso la grotta di Betlemme va probabilmente identificata con la congiunzione dei pianeti Giove, Saturno e Marte che si è verificata, secondo i calcoli moderni, tra il 7 e il 6 a. C., insieme forse all'esplosione di una supernova. Tuttavia, anche se Papa Ratzinger rifiuta la tesi di chi vuole vedere nella stella cometa solo ''un racconto teologico, che non si dovrebbe mescolare con l'astronomia'', il Pontefice sottolinea che essa è stata solamente un primo passo nel cammino dei Magi verso Gesù: ''La congiunzione astrale poteva essere un impulso, un primo segnale per la partenza esteriore ed interiore, ma non avrebbe potuto parlare a questi uomini, se non fossero stati toccati anche in un altro modo: toccati interiormente dalla speranza di quella stella che doveva spuntare da Giacobbe''. Insomma, riassume Benedetto XVI, ''non è la stella a determinare il destino del Bambino, ma il bambino guida la stella''.
In questo senso il breve epilogo con il racconto, secondo il Vangelo di Luca, di Gesù dodicenne che discute con i dottori al Tempio e poi si confronta con i genitori, in cui si manifesta il mistero della sua natura di vero Dio e insieme vero Uomo, è in certo modo il coronamento dell’opera e “apre la porta verso il tutto della sua figura, che poi”, scrive il Papa, “ci viene raccontato dai Vangeli”. Gesù "è presso il Padre, vede le cose e gli uomini nella sua luce. Tuttavia è anche vero che la sua sapienza cresce". "In quanto uomo, Egli non vive in un'astratta onniscenza, ma è radicato in una storia concreta, in un luogo e in un tempo, nelle varie fasi della vita umana, e da ciò riceve la forma concreta del suo sapere. Così appare qui, in modo molto chiaro, che Egli ha pensato ed imparato in maniera umana".
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