martedì 5 febbraio 2013

Mons. Sako: a Benedetto XVI ho detto i miei timori per questo nuovo incarico e lui mi ha risposto 'Non preoccuparti, siamo tutti con te!'. Lo abbiamo davvero sentito come un padre, il suo sorriso ci ha aperto una dimensione più grande

"Il Papa ha mostrato tutta la sua vicinanza a noi, alla nostra Chiesa caldea; noi tutti siamo stati commossi per questa sua amicizia. Lo abbiamo davvero sentito come un padre". Lo ha dichiarato il nuovo patriarca dell'Iraq, Louis Raphael I Sako, ricevuto ieri da Benedetto XVI insieme ai membri del Sinodo dei Vescovi della Chiesa Caldea che lo hanno eletto venerdì scorso a Roma. "A Benedetto XVI - ha rivelato il nuovo patriarca iracheno - ho detto i miei timori per questo nuovo incarico e lui mi ha risposto: 'Non preoccuparti, siamo tutti con te!'". Parole che Sua Beatitudine ha avvertito come "un sostegno molto grande per noi tutti in questo Paese che vive un tempo molto critico". "Il Papa - ha sottolineato alla Radio Vaticana - ci ha comunicato tanta speranza! E il suo sorriso ci ha aperto una dimensione più grande, più ampia rispetto a quella che noi spesso viviamo, che è a volte un pò ristretta. Adesso noi ci sentiamo confermati nella speranza e anche nella perseveranza". Secondo il capo della comunità caldea, "tutto è pubblicizzato". "Anche il card. Bertone, che abbiamo incontrato, ci ha detto - ha concluso Sako - di essere molto preoccupato della situazione, che prega e che la Santa Sede fa il possibile per aiutare questi Paesi sulla strada del dialogo, per la pacifica convivenza. Ma bisogna aprire le orecchie e il cuore per ascoltare la voce di Dio, la voce dell'uomo, nostro fratello". Il nuovo Patriarca è stato intervistato da Baghdadhope: dalle sue parole emerge bene l'identikit di un pastore aperto, che vuole rilanciare il dialogo. Spiegando il suo motto patriarcale che contiene le parole autenticità, unità e rinnovamento, il pastore della Chiesa caldea ha detto: "La prima parola del motto è autenticità e con essa intendo la necessità di essere veri e sinceri nei confronti di se stessi e degli altri, essere chiari e parlare senza timori. Essere liberi di esprimere la propria opinione anche se contraria a quella del nostro interlocutore usando però la delicatezza ed il tatto necessari affinché la critica diventi costruttiva". "Per quanto riguarda l'unità - ha aggiunto - anch'essa deve essere perseguita a livello personale, ecclesiastico, ecumenico ed interreligioso e per farlo - non mi stancherò mai di ribadirlo - è necessario il dialogo che è l'unica via da opporre alla violenza e perché solo in esso c'è per noi futuro. Per quanto riguarda il rinnovamento sarà necessario molto impegno. Bisognerà porre attenzione alla formazione sì quantitativa, ma soprattutto qualitativa, del clero insistendo sul suo compito di "ispiratore e portatore" di dialogo, interno alla chiesa ed all'esterno di essa. Bisognerà dare maggiore attenzione alla figura del laico nella chiesa, laico che è partner e deve diventare sempre più parte integrante dei consigli pastorali e diocesani. Perché questo partenariato funzioni devono cadere le barriere tra clero e laici eliminando ogni traccia di clericalismo legato a tradizioni rispettabili ma antiche. Si deve, insomma, smettere di vivere nel passato. Il messaggio della Chiesa deve essere incarnato nei tempi presenti e nell'uomo di oggi". Significative anche le parole del patriarca sulla liturgia: "Come diceva San Giovanni Crisostomo: 'la liturgia è per l'uomo' e non l'uomo per la liturgia. Noi siamo orientali e come tali abbiamo una linea pastorale e spirituale di natura orientale che però deve adeguarsi ai tempi moderni con un linguaggio più diretto che non dimentichi le nostre tradizioni di "Chiesa dei martiri" ma che parli al fedele anche di grazia e di gioia, di salvezza e speranza". Rispondendo a una domanda sull'introduzione della lingua araba nella liturgia, Sako ha detto: "Noi tutti siamo legati e rispettiamo le tradizioni e la nostra storia proponendone in alcuni casi addirittura il recupero... Rispetto delle tradizioni, dunque, ma allo stesso tempo necessità di essere vicini alla gente non solo usando un linguaggio semplice in grado di essere compreso quanto anche nell'uso della lingua del luogo che può essere l'arabo ma anche il curdo o il persiano. La Buona Novella deve rinnovarsi". Infine il nuovo Patriarca ha risposto a una domanda sulle "spinte nazionalistiche" che soprattutto negli ultimi dieci anni hanno lacerato la Chiesa caldea, con riferimento al diffondersi dell'atteggiamento che vuole i caldei diversi dai fedeli delle altre chiese in Iraq non solo dal punto di vista religioso ma anche da quello etnico. "E' un argomento - ha detto Sako - che dovrebbe essere studiato approfonditamente su basi storiche, scientifiche e linguistiche ed in ciò la Chiesa ed i laici possono dare un gran contributo. La nostra Chiesa è allo stesso tempo locale ed universale e termini come 'caldeo' o 'assiro' sono retaggi del colonialismo che mirava a dividere una comunità con origini comuni... Nazionalismo e fondamentalismo da qualsiasi parte traggano origine sono ostacoli sulla via dello sviluppo e della pace". Sako, dopo aver preannunciato una riorganizzazione delle diocesi caldee e la possibilità di crearne una in Europa, ha anche detto che non intende indossare lo "Shash", il tipico copricapo un tempo portato dal clero caldeo, che consiste una sorta di turbante: "Mi sembra una tradizione antica e legata al folklore locale. Voglio essere semplice e diretto, non alzare barriere nei confronti di nessuno ed anche un certo modo di vestire in un certo senso è una barriera. Niente Shash, magari qualcosa di più semplice".

Agi - Andrea Tornielli, Vatican Insider