venerdì 23 gennaio 2009

La disputa teologica sulla natura di Gesù divide il gesuita Roger Haight da Papa Joseph Ratzinger

Ritorna nella Chiesa dopo 17 secoli, diventando sempre più aspra, la disputa sulla natura di Cristo. È essa insieme umana e divina, come afferma, fin dai tempi del concilio di Nicea dell’anno 325, la dottrina ufficiale? O forse occorre ammettere che fu soltanto umana, come insinua Roger Haight, il teologo americano appartenente alla Compagnia di Gesù, che a giudizio delle autorità vaticane ha sviluppato nei suoi scritti una cristologia incompatibile col Credo cattolico, nonché col Magistero dei Pontefici e in particolare di Benedetto XVI, che nel suo libro “Gesù di Nazaret”, ha ribadito con grande fermezza la duplice natura di Cristo? Un chiaro indizio della virulenza di questa controversia è il documento con cui la Congregazione per la Dottrina della Fede ha recentemente intimato di nuovo a Haight di rinunciare all’esercizio di ogni forma di insegnamento teologico negli istituti cattolici. Un provvedimento che è stato così commentato da Sandro Magister in www.chiesa. “Il Vaticano - dice il titolo dell'articolo - imbavaglia il gesuita Roger Haight. Tutta colpa di Gesù. Gli si contesta di occultare la divinità di Cristo, per renderlo più presentabile al mondo. Nel cuore della disputa c'è la Compagnia di Gesù. E anche un suo autorevolissimo membro, il card. Carlo Maria Martini”.
La storia del conflitto teologico fra Roger Haight e Papa Ratzinger incominciò una decina circa di anni fa, ossia quando Haight, che insegnava teologia alla Weston School of Theology di Cambridge, retta dai gesuiti, espose la sua personale interpretazione del problema della natura di Cristo in un libro intitolato “Jesus Symbol of God”. Pochi anni dopo, esattamente il 13 dicembre 2004, la Congregazione per la Dottrina della Fede, presieduta a quell'epoca dal card. Joseph Ratzinger, condannò quel libro vietando all’autore “l'insegnamento della teologia cattolica”. Haight allora abbandonò la sua cattedra, ma non smise di insegnare teologia. Passò allo Union Theological Seminar di New York, un istituto non cattolico, fondato dai presbiteriani nel 1836, in cui insegnarono teologi protestanti di prima grandezza come Reinhold Niebuhr e Paul Tillich, oggi indipendente dal controllo di singole denominazioni cristiane. E continuò a pubblicare libri di teologia che riproponevano le sue tesi di fondo. Due libri in particolare: “Christian Community in History”, in tre volumi, e “The Future of Christology”. Ma ora le autorità vaticane sono di nuovo intervenute contro di lui. Gli hanno ingiunto di cessare di insegnare teologia ovunque, anche in istituti non cattolici, e di non pubblicare libri e saggi di soggetto teologico. Questo - come già nella precedente notificazione - “finché le sue posizioni non siano rettificate così da essere in piena conformità con la dottrina della Chiesa”. Il nuovo provvedimento risale alla scorsa estate, ma solo ai primi di gennaio del 2009 è divenuto di dominio pubblico. Le ragioni portate a sostegno della condanna di Haight non sono di poco conto. A giudizio delle autorità vaticane, Haight usa un metodo teologico che subordina i contenuti della fede alla loro accettabilità da parte della cultura postmoderna. E alle realtà oggettive definite dagli articoli del Credo sostituisce dei simboli. Di conseguenza, si svuotano di sostanza verità capitali della fede cristiana come la preesistenza del Verbo, la divinità di Gesù, la Trinità, il valore salvifico della morte di Gesù, l'unicità e universalità della mediazione salvifica di Gesù e della Chiesa, la risurrezione di Gesù. C’è tuttavia chi sostiene il Gesù sdivinizzato di Roger Height non è in fondo molto diverso da quello presentato da un altro famoso gesuita, il card. Carlo Maria Martini, che nel suo libro “Conversazioni notturne a Gerusalemme. Sul rischio della fede”, ha tratteggiato un Gesù di sicuro successo, ma anch’esso lontanissimo dal Gesù vero Dio e vero uomo del libro “Gesù di Nazaret” di Benedetto XVI. Il senso di tutta la vicenda è stato magistralmente riassunto così da Magister: “Ancora una volta, è Gesù salvatore il grande segno di contraddizione su cui la fede cattolica sta o cade. Ed è singolare che nel cuore di questa disputa ci sia proprio la Compagnia di Gesù”. Sarà superfluo ricordare che il primo, leggendario negatore della natura divina di Cristo fu il teologo egiziano Ario, vissuto fra il III e il IV secolo d. C. E che la lettura “laica” della sua figura, e del senso della sua missione, trovò il suo più celebre fautore nel filosofo francese Ernest Renan (1823-1892), che in una sua celebre “Vita di Gesù”, pur difendendo l'esistenza storica di Cristo, ne negò la divinità, riconoscendo al suo insegnamento un semplice valore morale.