mercoledì 10 giugno 2009

Il Papa: autorità e ragione non possono essere in contrasto. Il più grande tormento di una creatura razionale è la privazione di Dio

“Autorità e ragione non possono mai essere in contrasto l’una con l’altra, perché la vera religione e la vera filosofia coincidono”. Così il Papa ha riassunto, a braccio, uno dei capisaldi del pensiero di Giovanni Scoto Eriugena, il teologo vissuto in epoca carolingia, a cui ha dedicato la catechesi dell'Udienza generale del mercoledì in Piazza San Pietro, davanti a circa 15 mila fedeli. In Giovanni Scoto – ha detto Benedetto XVI, definendo il teologo un “uomo eccezionale” – emerge “il coraggio della ragione,che risulta da una certezza: l’autorità vera è ragionevole, perché Dio è la ragione creatrice”. “Non è vera autorità – spiega ad esempio Scoto Eriugena in una delle sue opere, "De divisione naturae" – se non quella che coincide con la verità scoperta in forza della ragione” e “ottenuta grazie ad una retta contemplazione razionale”, poiché “l’autentica autorità non contraddice mai la retta ragione, né quest’ultima può mai contraddire una vera autorità. L’una e l’altra provengono senza alcun dubbio dalla stessa fonte, che è la sapienza divina”. Di qui l’attualità degli insegnamenti di Scoto anche per i teologi contemporanei, esortati ad “esercitare un discernimento appropriato su ciò che viene presentato” come “auctoritas vera” e a “continuare a cercare la verità fino a che non se ne raggiunga una qualche esperienza nell’adorazione silenziosa di Dio”. “Non è l’uomo che è stato creato per la Scrittura, della quale non avrebbe avuto bisogno se non avesse peccato, ma è piuttosto la Scrittura – intessuta di dottrina e di simboli – che è stata data per l’uomo. Grazie ad essa infatti la nostra natura razionale può essere introdotta nei segreti dell’autentica pura contemplazione di Dio”. È una frase di Giovanni Scoto Eriugena citata dal Papa, a testimonianza dell’attualità dell’insegnamento del teologo, da cui “derivano alcune conseguenze ermeneutiche, che possono indicare ancora oggi la strada giusta per una corretta interpretazione delle Scritture”. In particolare, risulta ancora valido l’invito di Scoto a “scoprire il senso nascosto nel testo sacro”, compito questo che “suppone un particolare esercizio interiore grazie al quale la ragione si apre al cammino sicuro verso la verità”. In sintesi, per Scoto, “tale esercizio consiste nel coltivare una costante disponibilità alla conversione”. “Per giungere infatti alla visione in profondità del testo – ha detto Benedetto XVI parafrasando il pensiero del teologo – è necessario progredire simultaneamente nella conversione personale e nell’analisi concettuale della pagina biblica sia essa di carattere cosmico, storico o dottrinale. È infatti solo grazie alla costante purificazione sia dell’occhio del cuore sia dell’occhio della mente che si può conquistare l’esatta comprensione”. “Non si deve desiderare altro se non la gioia della verità che è Cristo, né altro evitare se non l’assenza di lui”. “Il più grande tormento di una creatura razionale sono la privazione e l’assenza di Lui”, ha proseguito il Papa, sempre citando il teologo medievale, il cui pensiero teologico “è la dimostrazione più palese del tentativo di esprimere il dicibile dell’indicibile Dio”, partendo dalla consapevolezza “dell’assoluta inadeguatezza dei termini” per esprimere la realtà divina, con pagine che toccano “in profondità l’animo anche di noi credenti del XXI secolo”. “Questo cammino impervio ed entusiasmante, fatto di continue conquiste e relativizzazioni del sapere umano – le parole del Papa – porta la creatura intelligente fin sulla soglia del mistero divino, dove tutte le nozioni accusano la propria debolezza e incapacità e impongono perciò, con la semplice forza libera e dolce della verità, di andare sempre oltre tutto ciò che viene continuamente acquisito”. “Il riconoscimento adorante e silenzioso del mistero, che sfocia nella comunione unificante – ha concluso Benedetto XVI – si rivela come l’unica strada di una relazione con la verità che sia insieme la più intima possibile e la più scrupolosamente rispettosa dell’alterità”.
Salutando al termine dell’Udienza generale i giovani, i malati e gli sposi novelli, il Papa ha detto che “la festa del Corpus Domini, che celebreremo domani, ci offre l’occasione per approfondire la nostra fede e il nostro amore per l’Eucaristia”. “Cari giovani – ha proseguito Benedetto XVI salutando, in particolare, i ragazzi di Castellaneta, che hanno ricevuto da poco la prima comunione – il sacramento del Corpo e del Sangue di Cristo sia l’alimento spirituale d’ogni giorno per avanzare nel cammino della santità; per voi, cari ammalati, sia il sostegno ed il conforto nella prova e nella sofferenza; e per voi, cari sposi novelli, sia la ragione profonda del vostro amore che si esprime nella vostra quotidiana condotta”.

SIR

L’UDIENZA GENERALE - il testo integrale della catechesi e dei saluti del Papa