martedì 27 ottobre 2009

Sinodo dei vescovi per l'Africa. Mons. Bressan: bella esperienza di fraternità. Non è un continente senza speranza, la Pentecoste è ancora possibile

Un’esperienza “altamente positiva per il senso di responsabilità dei vescovi africani, il senso di un cammino che è nella Chiesa, una passione testimoniata e vissuta per il bene della gente africana. È stata una bella esperienza di fraternità”. A tracciare un bilancio del secondo Sinodo dei vescovi per l’Africa è mons. Luigi Bressan, arcivescovo di Trento e presidente della Commissione episcopale per l’evangelizzazione dei popoli e la cooperazione tra le Chiese della CEI, il quale ha partecipato all’Assemblea come “membro di nomina pontificia”. Durante i lavori sinodali, afferma mons. Bressan parlando delle priorità maggiormente sottolineate, è emersa “la coscienza che la situazione è diventata insostenibile per vari motivi: miseria diffusa, corruzione diventata metodo ordinario di gestione amministrativa, sfruttamento da parte di potenze estere, depauperamento delle risorse ambientali, imposizione di ideologie contrarie alla famiglia e alla vita”. Ma, nello stesso tempo – nota l’arcivescovo di Trento, che ha lavorato in Africa dal 1974 al 1976, come segretario della Nunziatura apostolica di Abidjan (Costa d’Avorio) – è emersa “anche una forte speranza basata sulla fede in Cristo e voglia di continuare, ed anzi crescere, nella promozione integrale delle nazioni africane, promozione della formazione nella dottrina sociale della Chiesa”. Nel suo intervento in assemblea mons. Bressan ha ricordato che l’Italia si sente “per più motivi particolarmente legata al continente africano”. Attualmente, spiega, “i missionari italiani in Africa sono oltre 3.600 in ben 48 dei 53 Stati di quel continente. E dietro a ogni missionario ci sono famiglie, parrocchie, diocesi, comunità che solidarizzano, ecc.”. Purtroppo, afferma l’arcivescovo, “la stampa italiana ha piuttosto ignorato questo Sinodo, e non ha dato attenzione nemmeno alla forte denuncia della corruzione locale. Nel G8 del maggio scorso, grazie anche a qualche pressione di cattolici italiani, a dir il vero, i "potenti" promisero un contributo di 20 miliardi all’Africa: in sé una bella attenzione! Ma i Padri Sinodali hanno anche avvertito con chiarezza che spesso tali aiuti non arrivano alla gente”. Da qui la proposta di mons. Bressan: “L’Italia potrebbe vigilare perché anzitutto le promesse si traducano in realtà e poi perché si arrivi al popolo e non solo alle istituzioni bancarie; le Chiese locali potrebbero essere partners”. Per l’arcivescovo, “l’Africa non è un continente senza prospettive e senza speranza. Nei vari incontri si è imparato a riconoscere molte qualità e risorse che vi sono in Africa” tra cui i giovani e le donne. “Sì – conclude – la Pentecoste è ancora possibile”.

SIR