venerdì 16 aprile 2010

In una lettera del 2001 il card. Hoyos si congratula con un vescovo per non aver denunciato un prete pedofilo. Lombardi: non è la linea del Vaticano

''Mi congratulo con lei di non aver denunciato un prete all'amministrazione civile''. Così scriveva l'8 settembre 2001 il card. Dario Castrillon Hoyos, all'epoca prefetto della Congregazione del Clero, più di recente artefice della remissione della scomunica ai quattro vescovi lefebvriani. La lettera del porporato colombiano, oggi in pensione, era diretta a mons. Pierre Pican, vescovo di Bayeux, che qualche giorno prima era stato condannato a tre mesi di prigione con la condizionale per non aver denunciato un prete pedofilo della sua diocesi: una condotta, per il porporato, che doveva essere presa ad esempio da tutti i vescovi del mondo. La lettera è stata pubblicata dalla rivista francese Golias. ''Le scrivo in qualità di prefetto della Congregazione per il Clero, incaricato di collaborare alla responsabilità del Padre comune su tutti i preti del mondo'', esordiva Castrillon Hoyos nove anni fa. La Congregazione per la dottrina della fede, guidata dal card. Joseph Ratzinger, poco meno di quattro mesi prima, nel maggio del 2001, aveva pubblicato la lettera “De delictis gravioribus” con cui avocava al dicastero la gestione di tutti i casi di abusi su minori commessi da preti ma la situazione, evidentemente, era ancora confusa in Vaticano. ‘’Lei ha agito bene e mi felicito di avere un confratello nell'episcopato che, agli occhi della storia e di tutti gli altri vescovi del mondo avrà preferito la prigione piuttosto che denunciare il suo figlio-prete''. Castrillon Hoyos, facendo eco all'auto-difesa del vescovo che aveva invocato il ''segreto professionale'' nel rapporto preti-vescovo, sottolineava come questa relazione fosse ''una relazione sacramentale che crea dei legami molto speciali di paternità spirituale. Questo tema è stato ampiamente regolato dall'ultimo Concilio, dal Sinodo dei vescovi del 1971 e da quello del 1991''. Il vescovo, aggiungeva l’allora responsabile del Clero, ''ha altri modi di agire, come ha spiegato di recente la Conferenza Episcopale francese; ma non si può esigere da un vescovo che sia lui a denunciare. In tutti gli ordinamenti giuridici civili è riconosciuto al prossimo la possibilità di non testimoniare a carico di un parente diretto''. E Castrillon Hoyos ricordava un passo della lettera di San Paolo ai Filippesi: ''A tutti quelli del pretorio e a tutti gli altri è divenuto noto che sono in catene per Cristo; e la maggioranza dei fratelli nel Signore, incoraggiati dalle mie catene, hanno avuto più ardire nell'annunciare senza paura la parola di Dio''. ''Questa Congregazione - concludeva il cardinale -, per incoraggiare i fratelli nell'episcopato in una materia così delicata trasmetterà copia di questa missiva a tutti i fratelli vescovi. Assicurandole ancora la mia prossimità fraterna nel Signore, la saluto insieme al suo ausiliare e tutta la sua diocesi''. Il direttore della sala stampa vaticana, padre Federico Lombardi, interviene con una dichiarazione ufficiale sulla lettera del card. Hoyos, secondo cui "non rappresenta la linea presa dalla Santa Sede". ''Questo documento - afferma padre Lombardi - è una riprova di quanto fosse opportuna l'unificazione della trattazione dei casi di abusi sessuali di minori da parte di membri del clero sotto la competenza della congregazione della dottrina della fede, per garantirne una conduzione rigorosa e coerente, come avvenne infatti con i documenti approvati dal Papa nel 2001''.

Asca