Asca
lunedì 19 aprile 2010
V anniversario dell'Elezione di Benedetto XVI. La pesante e ambigua eredità del predecessore che egli affronta con il suo stile pacato e raziocinante
Era stato eletto, si diceva allora, per un pontificato 'di transizione', quando non si era ancora spenta, nel mondo e nella Chiesa, l'impressione lasciata delle folle oceaniche accorse a Roma per i funerali di Papa Wojtyla il "Grande", acclamandolo a gran voce 'Santo Subito'; oggi, a cinque anni da quel 19 aprile del 2005, Papa Benedetto XVI, che di Giovanni Paolo II era stato per un quarto di secolo il braccio destro, si trova sempre di più a dover fare i conti con l'eredità complessa del suo predecessore sul trono di Pietro. Man mano che si allarga e scava sempre più a fondo nel passato recente della Chiesa, la crisi degli abusi sessuali sui minori da parte dei preti sembra infatti chiamare in causa il modo in cui la Curia, ai tempi di un Wojtyla già malato e sempre più distante dalla gestione quotidiana della macchina vaticana, affrontò i casi di pedofilia che le venivano presentati dai vescovi di tutto il mondo. Qualche giorno fa Golias, rivista cattolica francese non certo tenera con Papa Ratzinger, ha portato alla luce la lettera del 2001 con cui l'allora prefetto della Congregazione per il Clero, il card. Dario Castrillon Hoyos, si congratulava con un vescovo per non aver denunciato un prete molestatore, e lo presentava come modello per l'episcopato mondiale: un testo che rivela come una mentalità chiusa, all'insegna della logica dei 'panni sporchi si lavano in famiglia', fosse ancora vivissima nel cuore del Vaticano meno di 10 anni fa. Ma quella lettera mostra anche quanto in quegli anni fosse aperto e aspro, ai vertici della Chiesa, il confronto su come affrontare una crisi sulla quale, a detta di molti, si gioca la credibilità del cattolicesimo per i prossimi decenni, e per la prima volta il portavoce vaticano padre Federico Lombardi lo ha riconosciuto prendendo apertamente le distanze in un comunicato ufficiale dalle posizioni di Hoyos. In quel confronto, anche al di là di quanto gli organi di comunicazione vaticani possano mostrare, il prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, card. Joseph Ratzinger, cerco di portare avanti le ragioni della trasparenza, della pulizia da quella ''sporcizia'' da lui così significativamente evocata nella Via Crucis del 2005, proprio mentre Papa Wojtyla agonizzava. E mentre emergono particolari sempre più sordidi sulla 'doppia vita' del fondatore dei Legionari di Cristo, quel Marcial Maciel favorito e stimato da Giovanni Paolo II, che lo volle addirittura accanto sull'aereo che lo portava in Messico, dalle inchieste giornalistiche viene anche fuori che Joseph Ratzinger, unico tra i cardinali di Curia, aveva rifiutato le generose offerte in denaro contante con cui il Maciel oliava i meccanismi vaticani e si assicurava il sostegno dei suoi pezzi grossi. Tra questi, secondo quanto riportato dal settimanale cattolico statunitense National Catholic Reporter, in prima fila c'erano il segretario di Stato vaticano, card. Angelo Sodano, messo da parte Benedetto XVI, che gli ha preferito un suo collaboratore di lungo corso, anche se non un diplomatico come da tradizione, il card.Tarcisio Bertone, e il segretario personale di Wojtyla, card. Stanislaw Dziwisz. Una volta salito al soglio di Pietro, Papa Ratzinger, che di fronte all'accumularsi delle denunce aveva lottato a lungo in Curia perchè fosse aperta un'inchiesta in Vaticano, condannò Maciel ad una vita ''di preghiera e penitenza'' e, qualche mese fa, ha autorizzato una visitazione apostolica dell'intera congregazione dei Legionari, destinati con ogni probabilità al commissariamento. Ironicamente, c'è ancora il card. Castrillon Hoyos, che ha difeso la sua lettera dicendo che fu autorizzata da Papa Wojtyla stesso, dietro l'altra grande crisi che ha segnato fino ad oggi il pontificato di Benedetto XVI: quella lefebvriana. Il porporato colombiano era infatti alla guida della Pontificia Commissione ''Ecclesia Dei'' che ha negoziato la remissione della scomunica dei quattro vescovi tradizionalisti, tra cui quel Richard Williamson che, pochi giorni prima, aveva negato l'esistenza dell'Olocausto in un'intervista alla tv svedese. Un corto circuito che, come ammesso dallo stesso Pontefice nella Lettera scritta ai vescovi dopo l'esplosione di una polemica di dimensioni mondiali con il mondo ebraico, si sarebbe potuto evitare con una semplice ricerca su internet. Ma a Benedetto XVI saranno forse tornati in mente quei giorni del 1988 in cui fu proprio Papa Wojtyla a far saltare l'accordo raggiunto dall'allora card. Ratzinger con i lefebvriani, che avrebbe permesso di evitare la scomunica e lo scisma e l'aprirsi di una ferita che, però, nemmeno il suo gesto di generosità è riuscito finora a richiudere. Ha confidato infatti un suo amico intimo, il prof. Wolfgang Beinert, uno dei membri del Ratzinger Schuelerkreis, che il Pontefice starebbe ''perdendo il sonno'' per l'affaire lefebvriano, data l'inamovibilità dimostrata dai tradizionalisti durante i colloqui dottrinali in corso in Vaticano. E' quindi un'eredità paradossalmente pesante, quella lasciata da Wojtyla al suo successore, che si trova oggi, senza il fantomatico 'scudo mediatico' offerto al Papa polacco prima dal suo "carisma" e poi dalla sua lunga malattia, ad affrontare una lunga serie di debolezze, nodi irrisolti e scandali nascosti. Una situazione che Papa Ratzinger ha deciso di affrontare con lo stile pacato e raziocinante che gli è proprio, concentrandosi suoi 'fondamentali' della fede.