Va alle cause della crisi attuale: un’economia dominata dalle speculazioni finanziarie, in cerca di rapidi e facili guadagni, una mentalità individualistica e materialistica. Ma indica una causa più profonda, l'attaccamento al denaro, l'avarizia umana: “L'avarizia umana è idolatria. Noi dobbiamo denunciare questa idolatria che sta contro il vero Dio e la falsificazione dell'immagine di Dio con un altro Dio, "mammona". Dobbiamo farlo con coraggio ma anche con concretezza" [Incontro con i parroci e il clero della diocesi di Roma (26 febbraio 2009)].
Benedetto XVI invita a non scoraggiarsi: la crisi può diventare un’opportunità per rivedere i modelli di sviluppo. Ma occorre cambiare gli stili di vita: “Forse mai come oggi la società civile comprende che soltanto con stili di vita ispirati alla sobrietà, alla solidarietà ed alla responsabilità, è possibile costruire una società più giusta e un futuro migliore per tutti” [Agli Amministratori della Regione Lazio, del Comune e della Provincia di Roma (12 gennaio 2009)].
Il Papa non demonizza il profitto, che è necessario, ma non deve essere l’unico scopo dell’economia e del lavoro di cui mette in evidenza la valenza etica: “Dal primato della valenza etica del lavoro umano, derivano ulteriori priorità: quella dell’uomo sullo stesso lavoro, del lavoro sul capitale, della destinazione universale dei beni sul diritto alla proprietà privata: insomma la priorità dell’essere sull’avere” [Ai dirigenti delle Associazioni Cristiane Lavoratori Italiani - ACLI (27 gennaio 2006)].
Chiede “un lavoro dignitoso per tutti”. “Il lavoro – afferma - riveste primaria importanza per la realizzazione dell’uomo e per lo sviluppo della società”, ma aggiunge: “Al tempo stesso, è indispensabile che l'uomo non si lasci asservire dal lavoro, che non lo idolatri, pretendendo di trovare in esso il senso ultimo e definitivo della vita” (19 marzo 2006: Santa Messa per i lavoratori).
Benedetto XVI ricorda l’importanza del riposo domenicale, scelta di civiltà che rimanda alla santificazione del lavoro. Affida quindi a San Giuseppe i giovani che fanno difficoltà a inserirsi nel mondo del lavoro. E a tutti i lavoratori indica lo stile del loro patrono, sposo di Maria, uno stile, del resto, fatto proprio anche da Gesù: “La sua grandezza risalta ancor più perché la sua missione si è svolta nell'umiltà e nel nascondimento della casa di Nazaret … Dall'esempio di San Giuseppe viene a tutti noi un forte invito a svolgere con fedeltà, semplicità e modestia il compito che la Provvidenza ci ha assegnato” (Angelus, 19 marzo 2006).
Radio Vaticana