mercoledì 9 giugno 2010

Anno Sacerdotale. Il card. Canizares: c'è bisogno di santità sacerdotale. Mons. Fisichella: le sfide dei preti vengono dall'interno della Chiesa

“A immagine del Buon Pastore”: questo il titolo del congresso svoltosi ieri pomeriggio a Roma dall’Istituto Sacerdos dell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum, in occasione della conclusione dell’Anno Sacerdotale. L’incontro, ha spiegato un comunicato stampa, si proponeva di "analizzare dal punto di vista spirituale, pratico e pastorale l’identità del sacerdote, la sua santificazione e le sfide che deve affrontare nel XXI secolo”. Tra l’altro sono stati anche presentati alcuni sacerdoti del secolo scorso che “possono servire da modello a qualunque presbitero: il card. Antonio Innocenti, Prefetto della Congregazione per il Clero negli anni ottanta, San Rafael Guizar Valencia, il beato don Carlo Gnocchi e altri. “Ci aspettano cammini di santità in questo anno sacerdotale. Per mezzo dei sacerdoti Cristo è presente nel mondo contemporaneo. Davanti a questa realtà straordinaria rimaniamo attoniti”, ha detto il card. Antonio Canizares Llovera, prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti. “Nel suo abbondante Magistero quest’anno il Papa ha messo in luce la dimensione ontologica della vita del sacerdote, l’essere ontologicamente come Cristo, con le sue esigenze di santità. Non possiamo essere contraddizione davanti a Dio e alla sua Chiesa”, ha aggiunto il cardinale. “Bisogna essere come Lui, santi e obbedienti, in una ascetica di oblazione e donazione. Cioè con gli stessi sentimenti di Cristo sommo ed eterno sacerdote che è anche capo e pastore della Chiesa”. “Per questo – ha proseguito - non può esserci una vita mediocre nel sacerdote, tanto meno nel presente in cui siamo chiamati a mostrare la vita di Cristo”. “In questi momenti così duri c’è bisogno di santità sacerdotale. Bisogna essere grandi santi e presto santi, riferendosi anche ai seminaristi”. Per mons. Rino Fisichella, presidente della Pontificia Accademia per la Vita, “le sfide sulle quali siamo chiamati a dare una risposta come sacerdoti, provengono direttamente dall’interno della Chiesa”. “La prima sfida è costituita dal comprendere appieno il nostro essere sacerdoti, che non è una conquista umana ma è dono di Dio. Perdere di vista questa dimensione vocazionale equivarrebbe ad equivocare tutto, a fare del sacerdote un impiegato, non un uomo che svolge un ministero nel segno della piena gratuità”. Mons. Fisichella ha poi aggiunto: “La vera sfida consiste nel comprendere noi stessi in relazione al mistero che celebriamo, in relazione quindi all’Eucarestia a cui è dovuto rispetto e devozione, senza mai pretendere che abbiamo a gestire il mistero di cui siamo servi come se ne fossimo i padroni”. “Il mondo di oggi ha bisogno di preti ben preparati altrimenti non si comunica la ricchezza del Vangelo”, ha poi affermato.

SIR