AsiaNews
venerdì 12 novembre 2010
La 'Sakineh' di cui non si parla: in Pakistan una donna cristiana condannata a morte per blasfemia. Legge strumento di discriminazioni e violenze
Il Pakistan ha "varcato una linea" condannando a morte una donna cristiana per blasfemia. Asia Bibi, madre di due bambini, operaia agricola di 37 anni, ha ricevuto la sua sentenza da un tribunale del Punjab domenica sera. E’ stata giudicata colpevole di blasfemia, commessa di fronte ad alcuni colleghi di lavoro, in una discussione molto animata avvenuta nel giugno 2009 a Ittanwali. Alcune delle donne che lavoravano con lei cercavano di convincerla a rinunciare al cristianesimo e a convertirsi all’islam. Durante la discussione, Bibi ha risposto parlando di come Gesù sia morto sulla croce per i peccati dell’umanità, e ha chiesto alle altre donne che cosa avesse fatto Maometto per loro. Le musulmane si sono offese, e dopo aver picchiato Bibi l’hanno chiusa in una stanza. Secondo quanto raccolto da Release International una piccola folla si è radunata e ha cominciato a insultare lei e i bambini. La polizia l’ha presa in custodia, salvandola da una folla feroce. L’organizzazione caritativa, che sostiene i cristiani perseguitati, ha detto che su pressione dei leader musulmani locali è stata sporta denuncia per blasfemia contro la donna. Il direttore di Release International, Andy Dipper, ha espresso il suo shock verso la sentenza di domenica. “Il Pakistan ha varcato una linea – ha detto – condannando a morte una donna per blasfemia”. Bibi inoltre è stata multata dell’equivalente di due anni e mezzo di del suo stipendio. Un’altra donna cristiana, Martha Bibi (non è parente di Asia), è sotto processo per blasfemia a Lahore. “Occorre salvare la vita” a Asia Bibi e per questo “è urgente lanciare una campagna sostenuta da leader per i diritti umani e governi...Nessuno deve rimanere in silenzio”: è l’appello che il prof. Asghar Ali Engineer, studioso musulmano indiano fa attraverso l'agenzia AsiaNews. Altri messaggi giunti ad AsiaNews chiedono che la comunità internazionale si muova per Asia Bibi con una campagna simile a quella lanciata per salvare la vita a Sakineh, la donna iraniana che è nel braccio della morte, condannata per adulterio. “In Pakistan, spiega il prof. Asghar, è ormai evidente che le leggi contro la blasfemia sono divenute un comodo strumento nelle mani di coloro che vogliono colpire le minoranze. La legge sulla blasfemia è stata introdotta per dare legittimità al dittatore Zia ul-Haq e non ha alcun rapporto evidente con gli standard dottrinali della legge islamica classica”. “Questa legge infamante – spiega lo studioso musulmano, direttore del Centro studi per la società e il secolarismo - è usata con impunità contro le minoranze religiose da quelli che sono spinti da inimicizie personali, guadagni monetari, materiali o politici o perfino per rubare terre...Non c’è nulla di religioso in tutto questo”. L’appello di Asghar Ali Engineer avviene quasi in contemporanea con la condanna della sentenza da parte dell’All India Christian Council. In una dichiarazione diffusa martedì dal segretario generale, il cattolico John Dayal, l’Aicc domanda al governo indiano di sollevare il caso alla Commissione Onu per i diritti umani e chiede al governo pakistano e alla comunità internazionale di “salvare la vita della donna”. Anche il prof. Asghar punta il dito contro i governi: “Il governo del Pakistan – dice – è responsabile per assicurare la protezione della vita delle minoranze. Noi possiamo solo condannare questi atti crudeli contro l’umanità. Va detto con tristezza: quando i governi di tante rispettabili nazioni rimangono in silenzio, noi possiamo solo condannare questi atti. Per questo è essenziale una campagna internazionale per fermare tutto questo”. Secondo i dati della Commissione nazionale di giustizia e pace della Chiesa Cattolica, dal 1986 all’agosto del 2009 almeno 964 persone sono state incriminate per aver profanato il Corano o diffamato il profeta Maometto. Fra questi 479 erano musulmani, 119 cristiani, 340 ahmadi, 14 indù e altri 10 di altre religioni. La legge sulla blasfemia costituisce anche un pretesto per attacchi, vendette personali o omicidi extra-giudiziali: 33 in tutto, compiuti da singoli o folle inferocite.