Questa mattina il Santo Padre Benedetto XVI ha presieduto in Piazza San Pietro la solenne Celebrazione liturgica della Domenica delle Palme e della Passione del Signore, davanti a oltre cinquantamila persone, che ha aperto i riti della Settimana Santa. Il Papa ha benedetto le palme e gli ulivi, poi la processione di oltre mezz'ora di cardinali, vescovi, sacerdoti e fedeli con in mano rami d'ulivo ha accompagnato Benedetto XVI che, sulla papamobile, vestito dei paramenti rossi, ha poi raggiunto l'altare per la Santa Messa della Passione del Signore. La processione ricorda l'ingresso in Gerusalemme di Gesù acclamato dalla folla. Benedetto XVI ha concelebrato con il vicario di Roma card. Agostino Vallini e con il presidente e il segretario del Pontificio Consiglio per i Laici, card. Stanislaw Rylko e mons. Josef Clemens. Alla celebrazione hanno preso parte, in occasione della ricorrenza diocesana della XXVI Giornata Mondiale della Gioventù, giovani di Roma e di altre Diocesi, come preludio della GMG 2011 che si terrà dal 16 al 21 agosto a Madrid. Nell'omelia, pronunciata dopo la proclamazione della Passione del Signore secondo Matteo, Benedetto XVI si è soffermato sul significato di questo farsi pellegrini assieme con Gesù nel salire a Gerusalemme.
"È in cammino verso la comune festa della Pasqua, memoriale della liberazione dall’Egitto e segno della speranza nella liberazione definitiva. Egli sa che Lo aspetta una nuova Pasqua e che Egli stesso prenderà il posto degli agnelli immolati, offrendo se stesso sulla Croce”. Ecco allora, ha soggiunto, che “il termine ultimo del suo pellegrinaggio è l’altezza di Dio stesso alla quale Egli vuole sollevare l’essere umano”. “La nostra processione odierna vuole quindi essere l’immagine di qualcosa di più profondo, immagine del fatto che, insieme con Gesù, c’incamminiamo per il pellegrinaggio: per la via alta verso il Dio vivente. È di questa salita che si tratta. È il cammino a cui Gesù ci invita”. Un cammino, ha riconosciuto, che “è al di sopra delle nostre possibilità”. "Da sempre - ha detto il Pontefice - gli uomini sono stati ricolmi, e oggi lo sono quanto mai, del desiderio di 'essere come Dio', di raggiungere essi stessi l'altezza di Dio. In tutte le invenzioni dello spirito umano si cerca, in ultima analisi, di ottenere delle ali, per potersi elevare all'altezza dell'Essere, per diventare indipendenti, totalmente liberi, come lo è Dio. Tante cose l'umanità ha potuto realizzare: siamo in grado di volare. Possiamo vederci, ascoltarci e parlarci da un capo all'altro del mondo. E tuttavia, la forza di gravità che ci tira in basso è potente. Insieme con le nostre capacità non è cresciuto soltanto il bene. Anche le possibilità del male sono aumentate e si pongono come tempeste minacciose sopra la storia. Anche i nostri limiti sono rimasti: basti pensare alle catastrofi che in questi mesi hanno afflitto e continuano ad affliggere l'umanità".
Il Papa ha ricordato come già i Padri della Chiesa hanno affermato che l’uomo si trova nel punto di intersezione tra due campi di gravitazione. Uno che lo tira verso il basso, “verso l’egoismo, la menzogna e verso il male”. Ad esso si contrappone la forza di gravità dell’amore di Dio. “L’essere amati da Dio e la risposta del nostro amore – ha detto – ci attirano verso l’alto”. “L’uomo si trova in mezzo a questa duplice forza di gravità, e tutto dipende dallo sfuggire al campo di gravitazione del male e diventare liberi di lasciarsi totalmente attirare dalla forza di gravità di Dio, che ci rende veri, ci eleva, ci dona la vera libertà”. E ancora: il cuore, “quel centro dell’uomo in cui si uniscono l’intelletto, la volontà e il sentimento, il corpo e l’anima”, ha bisogno di essere “elevato”. Eppure “noi da soli siamo troppo deboli per sollevare il nostro cuore fino all’altezza di Dio. Non ne siamo in grado. Proprio la superbia di poterlo fare da soli ci tira verso il basso e ci allontana da Dio. Dio stesso deve tirarci in alto, ed è questo che Cristo ha iniziato sulla Croce. Egli è disceso fin nell’estrema bassezza dell’esistenza umana, per tirarci in alto verso di sé, verso il Dio vivente. Egli è diventato umile, ci dice la seconda lettura. Soltanto così la nostra superbia poteva essere superata: l’umiltà di Dio è la forma estrema del suo amore, e questo amore umile attrae verso l’alto”. "Le grandi conquiste della tecnica - ha aggiunto il Santo Padre - ci rendono liberi e sono elementi del progresso dell'umanità soltanto se le nostre mani diventano innocenti e il nostro cuore puro, se siamo in ricerca della verità, in ricerca di Dio stesso, e ci lasciamo toccare ed interpellare dal suo amore".
"Tutti questi elementi dell'ascesa sono efficaci soltanto se in umiltà riconosciamo che dobbiamo essere attirati verso l'alto; se abbandoniamo la superbia di volere noi stessi farci Dio. Abbiamo bisogno di Lui: Egli ci tira verso l'alto, nell'essere sorretti dalle sue mani, cioè nella fede, ci dà il giusto orientamento e la forza interiore che ci solleva in alto. Abbiamo bisogno dell'umiltà della fede che cerca il volto di Dio e si affida alla verità del suo amore". A conferma del dramma umano descritto, Benedetto XVI ha citato Sant’Agostino. In polemica con alcuni filosofi platonici, che immaginavano di trovare “mezzi di purificazione” perché l’uomo “potesse liberarsi dal grave peso che lo tira in basso”, egli dice: “Riconoscete dunque che la forza dell’uomo e di tutte le sue purificazioni non basta per portarlo veramente all’altezza del divino, all’altezza a lui adeguata”. Sant’Agostino “avrebbe disperato di se stesso e dell’esistenza umana, se non avesse trovato Colui che fa ciò che noi stessi non possiamo fare; Colui che ci solleva all’altezza di Dio, nonostante tutta la nostra miseria: Gesù Cristo che, da Dio, è disceso verso di noi e, nel suo amore crocifisso, ci prende per mano e ci conduce in alto”. “Manifestiamo al Signore – ha concluso il Papa - il nostro desiderio di diventare giusti e Lo preghiamo: Attiraci Tu verso l’alto! Rendici puri! Fa’ che valga per noi la parola che cantiamo col Salmo processionale; che possiamo appartenere alla generazione che cerca Dio, ‘che cerca il tuo volto, Dio di Giacobbe’”.
Corriere della Sera.it, Radio Vaticana, AsiaNews
CELEBRAZIONE DELLA DOMENICA DELLE PALME E DELLA PASSIONE DEL SIGNORE - il testo integrale dell'omelia del Papa