giovedì 15 settembre 2011

Dalla Torre: ingiusto chiamare in causa chi come il Papa, già da cardinale, si è distinto per denuncia dei preti pedofili e attenzione alle vittime

La denuncia di un gruppo di associazioni di vittime dei preti pedofili di Benedetto XVI, insieme al segretario di Stato vaticano card. Tarcisio Bertone e al suo predecessore, card. Angelo Sodano, oltre che al prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, card. William Joseph Levada, alla Corte penale internazionale dell’Aja per crimini contro l’umanità, ha poche probabilità di essere accettata, se non altro perché è dubbia la competenza della Corte in tale caso e, tra i 117 Paesi che hanno firmato il trattato costitutivo, non figura il Vaticano. Di sicuro, il ricorso è riuscito a far andare la vicenda sui giornali, dando visibilità a quanti l’hanno promosso. “I media – spiega all'genzia SIR il giurista Giuseppe Dalla Torre, rettore della Lumsa – hanno dato molta eco alla vicenda perché si tratta di un’iniziativa clamorosa, senza precedenti e per certi aspetti paradossale”. Il rettore la definisce “inutile enormità”, pur ricordando che dietro “possono esserci altri interessi”: da parte dei promotori “ce ne sono senz’altro di meramente economici”; inoltre “la presenza della Chiesa, e in particolare il Magistero di Benedetto XVI, non sono graditi a qualche parte ideologicamente o eticamente orientata in maniera diversa”. “Vi è, soprattutto nel mondo occidentale, una forte presenza anticattolica, e anzi si potrebbe dire che il pregiudizio anticattolico è l’unico ancora tollerato”. Proprio sulla pedofilia, però, “Benedetto XVI ha dato delle risposte forti – osserva il giurista – sia recentemente, sia quando era prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede. Pertanto è ingiusto chiamare la Chiesa sul banco degli imputati: ci sono errori di singole persone, e queste devono pagare. Ma ancor più ingiusto è chiamare in causa chi, come Papa Benedetto, sia da cardinale sia da pontefice si è distinto per la denuncia dei preti pedofili e per un atteggiamento di umana e cristiana attenzione verso coloro che sono stati vittime di questi fatti”. Guardando, con gli occhi del diritto, la questione, “si tratta di un’iniziativa senza alcuna base giuridica – riprende Dalla Torre – sia perché la Santa Sede non ha firmato il trattato istitutivo, sia perché la giurisdizione di quest’autorità non si sostituisce a quella degli Stati, bensì funziona solo qualora gli Stati stessi non esercitino le loro funzioni. E non è questo il caso”, dal momento che i sacerdoti accusati di comportamenti pedofili, nei vari Paesi, sono stati perseguiti e, se colpevoli, condannati. In terzo luogo la fattispecie dell’accusa, “crimini contro l’umanità”, “comporta da un lato una notevole estensione numerica, come potrebbe essere una parte consistente del popolo di un determinato Paese, con l’intenzionalità e la consapevolezza di compiere un’azione collettiva diffusa”. Ma le vicende denunciate, commenta il giurista, “mi sembrano assolutamente non riconducibili” a questo requisito. Poi, aggiunge, “bisogna considerare – spostandosi dal diritto internazionale a quello canonico – che le Chiese particolari non sono realtà che hanno una dipendenza dalla Santa Sede: c’è autonomia, e dunque una responsabilità che non può essere trasmessa al soggetto ‘Santa Sede’. Non è come una holding, per la quale si arriva alla società madre che risponde di tutto: qui c’è una responsabilità del vescovo diocesano – o del superiore, laddove si tratti di ordini religiosi – che per il diritto canonico ha la pienezza dei poteri”. “Serve una vera opera d’informazione per rendere giustizia a quanto fatto dal Pontefice”, rileva in una nota l’Aiart, associazione di spettatori radiotelevisivi.

SIR