giovedì 15 settembre 2011

Fonti vaticane: il ricorso all'Aja mossa mediatica, il Papa ha imposto la sua linea con chiarezza e autorevolezza, non c'è rischio di contraccolpi

Difficile dire se prevalgano l'incredulità o lo sconforto. Appena si diffonde l'iniziativa delle associazioni americane, la prima reazione Oltretevere è che non metta conto reagire davanti a "una bufala così evidente", una "mossa mediatica" di alcuni legali per far parlare di sé, "son cose che lasciano il tempo che trovano". Si tratta di decidere se spiegare che "non vale neanche la pena di commentare" o restare proprio in silenzio, come poi si è fatto. "La pubblicità non è mai troppa, ma stiamo scherzando?", declina un alto prelato Vaticano. "Il solito tentativo anticattolico", sbotta dalla Germania il cardinale di Napoli Crescenzio Sepe, ma in Vaticano il clima è diverso. Perché si riflette su (almeno) due paradossi, in questa vicenda. Il primo è che Joseph Ratzinger, eletto Papa nel 2005, è stato sempre un tenace avversario della vecchia mentalità del "sopire, troncare" per difendere "l' istituzione": già alcuni lo consideravano "poco garantista" quando guidava l'ex Sant' Uffizio, arrivando a definirlo "il rottweiler di Dio", fu lui a denunciare "la sporcizia nella Chiesa" nella Via Crucis del 2005, e di fatto è il Pontefice che più di ogni altro nella storia ha combattuto la pedofilia nel clero, il primo a esporsi pubblicamente e chiedere "perdono" per gli abusi commessi dai preti, impegnato a incontrare le vittime e invocare "purificazione e rinnovamento" nella Chiesa, a far dimettere i vescovi omertosi, a commissariare i Legionari di Cristo per i crimini del fondatore e a disporre "collaborazione con le autorità civili" e norme più severe in tutte le diocesi del mondo. Il secondo paradosso, di conseguenza, è che l'attacco rischia di fare il gioco di chi, nella Chiesa, avrebbe voluto da subito rispondere a muso duro agli scandali evocando montature e "complotti", ed è nel frattempo è rimasto spiazzato dalla scelta di trasparenza di Benedetto XVI. Ai piani alti del Vaticano, però, si rassicura: "Il Santo Padre ha ormai imposto la sua linea con tale chiarezza e autorevolezza che non c'è il rischio di contraccolpi". Al di là dell'inconsistenza giuridica, resta l'amarezza per un'associazione, la più polemica, che anche sempre respinto ogni dialogo ("progressi minimi"). Del resto negli Usa ci sono in ballo cause milionarie, e anche questo conta. Così da Oltretevere arrivano considerazioni desolate: "Sembra che non siano molto impegnati a salvaguardare nel concreto i bambini. Cercare vie per attaccare la Chiesa Cattolica nel suo insieme, oltre ad essere ridicolo, non è proporzionato alla gravità del tema: tutti dovrebbero sapere che purtroppo la questione va ben oltre, che anche negli Stati Uniti esistono decine di migliaia di vittime di abusi e il problema riguarda solo in minima parte la Chiesa ma coinvolge l'intera società". C'è chi sospetta un "fuoco di sbarramento" alla vigilia del viaggio del Papa nella sua Germania. Del resto, all'inizio del mese, il Vaticano aveva già respinto le accuse del governo irlandese. Il legale americano della Santa Sede, Jeffrey Lena, di recente spiegava che su "20 milioni di documenti" non si era mai trovato un solo appiglio a sostegno di "coperture" romane: sono i vescovi responsabili delle singole diocesi. Ma la risposta vaticana all'Irlanda, respingendo le accuse, non a caso ha evitato polemiche: "La collaborazione con le autorità civili è richiamata oltre venti volte", aveva fatto notare padre Federico Lombardi. E Benedetto XVI ha voluto che "entro maggio 2012" tutte le diocesi del mondo mandino a Roma "linee guida" anti pedofilia: responsabilità dei vescovi nel raccogliere le segnalazioni e "il dovere di dare risposte adeguate", accoglienza di vittime e familiari, programmi di prevenzione per assicurare ai minori "ambienti sicuri», formazione dei seminaristi e del clero, trasparenza e così via. Ecco perché lo sconforto del Vaticano: "Simili attacchi senza senso non aiutano in nessun modo la tutela dei bambini non solo nella Chiesa ma più in generale nella società. E questo mostra la credibilità di chi li fa".

Gian Guido Vecchi, Corriere della Sera