sabato 21 gennaio 2012

Il Papa: il vero diritto inseparabile dalla giustizia. La maturità cristiana conduce ad amare la legge, a volerla comprendere ed applicare con fedeltà

Questa mattina, nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico Vaticano, il Santo Padre Benedetto XVI ha ricevuto in udienza i prelati uditori, gli officiali e gli avvocati del Tribunale della Rota Romana in occasione della solenne inaugurazione dell’Anno giudiziario. Il diritto canonico, ha esordito il Papa, trova nelle verità di fede il suo fondamento e il suo stesso senso. E l’interpretazione “è strettamente legata alla concezione stessa della legge della Chiesa”. Il Pontefice ha sottolineato che ''l'ermeneutica del diritto canonico è strettamente legata alla concezione stessa della legge della Chiesa. Qualora si tendesse a identificare il diritto canonico con il sistema delle leggi canoniche, la conoscenza di ciò che è giuridico nella Chiesa consisterebbe essenzialmente nel comprendere ciò che stabiliscono i testi legali". Per il Papa "risulta evidente l'impoverimento che questa concezione comporterebbe: con l'oblio pratico del diritto naturale e del diritto divino positivo, come pure del rapporto vitale di ogni diritto con la comunione e la missione della Chiesa, il lavoro dell'interprete viene privato del contatto vitale con la realtà ecclesiale". ''Negli ultimi tempi - ha aggiunto il Papa - alcune correnti di pensiero hanno messo in guardia contro l'eccessivo attaccamento alle leggi della Chiesa, a cominciare dai Codici, giudicandolo, per l'appunto, una manifestazione di legalismo. Di conseguenza, sono state proposte delle vie ermeneutiche che consentono un approccio più consono con le basi teologiche e gli intenti anche pastorali della norma canonica, portando ad una creatività giuridica in cui la singola situazione diventerebbe fattore decisivo per accertare l'autentico significato del precetto legale nel caso concreto. La misericordia, l'equità, l''oikonomia' così cara alla tradizione orientale, sono alcuni dei concetti a cui si ricorre in tale operazione interpretativa. Conviene notare subito che questa impostazione non supera il positivismo che denuncia, limitandosi a sostituirlo con un altro in cui l'opera interpretativa umana assurge a protagonista nello stabilire ciò che è giuridico''. Benedetto XVI ha osservato anche che ''manca il senso di un diritto oggettivo da cercare, poichè esso resta in balìa di considerazioni che pretendono di essere teologiche o pastorali, ma alla fine sono esposte al rischio dell'arbitrarietà. In tal modo l'ermeneutica legale viene svuotata: in fondo non interessa comprendere la disposizione della legge, dal momento che essa può essere dinamicamente adattata a qualunque soluzione, anche opposta alla sua lettera. Certamente vi è in questo caso un riferimento ai fenomeni vitali, di cui però non si coglie l'intrinseca dimensione giuridica''. “Esiste un'altra via – ha ribadito - in cui la comprensione adeguata della legge canonica apre la strada a un lavoro interpretativo che s'inserisce nella ricerca della verità sul diritto e sulla giustizia nella Chiesa”. "Il vero diritto è inseparabile dalla giustizia. Il principio - ha spiegato il Papa - vale ovviamente anche per la legge canonica, nel senso che essa non puo' essere rinchiusa in un sistema normativo meramente umano, ma deve essere collegata a un ordine giusto della Chiesa, in cui vige una legge superiore. In quest'ottica la legge positiva umana perde il primato che le si vorrebbe attribuire, giacché il diritto non si identifica più semplicemente con essa; in ciò, tuttavia, la legge umana viene valorizzata in quanto espressione di giustizia, anzitutto per quanto essa dichiara come diritto divino, ma anche per quello che essa introduce come legittima determinazione di diritto umano". Per rispondere poi alla “domanda cruciale” su quel che è giusto in ciascun caso “occorre sempre guardare alla realtà che viene disciplinata, e ciò non solo quando la legge sia prevalentemente dichiarativa del diritto divino, ma anche quando introduca costitutivamente delle regole umane”. In tale prospettiva realistica, “l'interpretazione della legge canonica deve avvenire nella Chiesa. Non si tratta di una mera circostanza esterna, ambientale: è un richiamo allo stesso humus della legge canonica e delle realtà da essa regolate. Il 'sentire cum Ecclesia' ha senso anche nella disciplina, a motivo dei fondamenti dottrinali che sono sempre presenti e operanti nelle norme legali della Chiesa”. "La maturità cristiana – ha proseguito - conduce ad amare sempre più la legge e a volerla comprendere ed applicare con fedeltà". "Questi atteggiamenti di fondo si applicano a tutte le categorie di interpretazione: dalla ricerca scientifica sul diritto canonico, al lavoro degli operatori giuridici in sede giudiziaria o amministrativa, fino alla ricerca quotidiana delle soluzioni giuste nella vita dei fedeli e delle comunità". Secondo Benedetto XVI "occorre spirito di docilità per accogliere le leggi, cercando di studiare con onestà e dedizione la tradizione giuridica della Chiesa per potersi identificare con essa e anche con le disposizioni legali emanate dai Pastori, specialmente le leggi pontificie nonché il magistero su questioni canoniche, il quale è di per sé vincolante in ciò che insegna sul diritto". "Riflessioni – ha spiegato – che acquistano una peculiare rilevanza nell'ambito delle leggi riguardanti l’atto costitutivo del matrimonio, la sua consumazione e la ricezione dell’Ordine sacro, e di quelle attinenti ai rispettivi processi". "Qui la sintonia con il vero senso della legge della Chiesa diventa una questione di ampia e profonda incidenza pratica nella vita delle persone e delle comunità e richiede una speciale attenzione". "Vanno anche applicati - ha affermato il Pontefice - tutti i mezzi giuridicamente vincolanti che tendono ad assicurare quell'unità nell'interpretazione e nell'applicazione delle leggi che è richiesta dalla giustizia: il magistero pontificio specificamente concernente questo campo, contenuto soprattutto nei discorsi alla Rota Romana; la giurisprudenza della stessa Rota Romana, le norme e le dichiarazioni emanate da altri dicasteri della Curia romana". Quindi l’esortazione del Papa “all’unità ermeneutica” che “non mortifica in alcun modo le funzioni dei tribunali locali, chiamati a confrontarsi per primi con le complesse situazioni reali che si danno in ogni contesto culturale”. “Ciascuno di essi infatti – ha concluso - è tenuto a procedere con un senso di vera riverenza nei riguardi della verità sul diritto, cercando di praticare esemplarmente, nell’applicazione degli istituti giudiziali e amministrativi, la comunione nella disciplina, quale aspetto essenziale dell'unità della Chiesa”.

Radio Vaticana, Asca, AsiaNews

UDIENZA AL TRIBUNALE DELLA ROTA ROMANA IN OCCASIONE DELL’INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO - il testo integrale del discorso del Papa