Ad aprile Benedetto XVI compirà 85 anni e sarà il Papa più longevo dell'ultimo secolo: si profila dunque per la Chiesa Cattolica una stagione di oggettiva trepidazione che le circostanze storiche potrebbero rendere drammatica. E tuttavia il Papa teologo per il momento non mette nel conto la possibilità di ritirarsi. In più momenti, nei discorsi dei tre giorni del Concistoro, ha lasciato intendere che andrà avanti. Avremo dunque probabilmente una seconda testimonianza sacrificale da parte di un Papa dopo quella di Giovanni Paolo II e ne verrà forse un vantaggio forte alla Chiesa, come sono generalmente, sul piano della fede, gli acquisti che maturano nella sofferenza. Il volto mite e l'occhio a tratti accorato con cui Joseph Ratzinger si è mostrato nelle celebrazioni di sabato e di domenica indicano lo spirito con cui l'uomo affronta la sua battaglia. Un Papa dunque anziano ma che ha in cantiere grandi impegni per far fronte a quella che chiama, senza aggiustamenti di parole, "crisi della fede" e che vede grave soprattutto in Europa. Il prossimo mese andrà a Cuba e in Messico, in autunno forse andrà in Libano nel mezzo delle "primavere arabe", per ottobre ha convocato un Sinodo sulla Nuova Evangelizzazione e sempre allora darà il via all'Anno della fede nel cinquantesimo del Vaticano II. Su questi profili alti era programmato il Concistoro di questi giorni, come un'occasione per mettere a fuoco la grande sfida dell'abbandono della fede in tante componenti della vecchia cristianità e ad essi si è attenuto il dibattito. Ma nei corridoi, nelle pause, a tavola, i cardinali hanno parlato anche degli affari correnti e dei malesseri curiali. Il Papa, basta guardarlo negli occhi quando le telecamere lo danno in primo piano, sembra lontanissimo da ogni interesse per questo livello basso del dibattito e delle lotte interne. Neanche alle riforme che pure ogni tanto vengono ventilate appare interessato: "Se non troviamo una risposta alla crisi della fede, tutte le altre riforme rimarranno inefficaci", ha detto alla Curia il 22 dicembre scorso. Quanto alla Curia, appare chiaro il suo orientamento a non privarsi della consolidata collaborazione del Segretario di Stato card. Bertone. Nessun dubbio che il lavoro dei "corvi" che hanno fatto fuggire documenti riservati lungo le ultime quattro settimane fosse diretto anche a ottenere la sua sostituzione. Ma ora Bertone è per il Papa quel punto d' appoggio che egli, Ratzinger, era stato per Giovanni Paolo II negli ultimi anni. Ovviamente, dopo tanta tempesta, il primo compito del Segretario di Stato sarà quello di riportare ordine nella Curia. Per i Papi il rapporto con la "corte" e la Curia è sempre stato fonte di guai. Un Papa non italiano ha il vantaggio di mantenere un distacco strategico dai personalismi che vi dominano, ma questo vantaggio si rovescia in un ostacolo se gli italiani che lì operano, e che ne costituiscono la grande maggioranza, non trovano una composizione ai loro contrasti.
Luigi Accattoli, Corriere della Sera