giovedì 14 giugno 2012

Il Papa accetta la rinuncia di mons. Ivan Milovan alla guida della diocesi di Poreč i Pula. Il contenzioso con i benedettini sul monastero di Dajla

Se ne va il vescovo di Parenzo e Pola che lo scorso anno aveva rifiutato di firmare l’accordo con i benedettini per la proprietà del convento di Dalia (foto). Ivan Milovan nn aveva accettato che la Santa Sede intervenisse per risolvere la questione che da anni si trascinava in quella parte di Croazia che l’Istria, per un periodo parte dell’Italia. La controversia riguarda il monastero benedettino e il terreno nella città e parrocchia di Dalja, sotto la “protezione” della diocesi di Parenzo-Pola nella regione occidentale croata dell'Istria.Il monastero e la proprietà adiacente sono stati gestiti da benedettini italiani fino al 1948 quando la Jugoslavia comunista l’ha nazionalizzata. I benedettini di Praglia, vicino a Padova cui apparteneva l’abbazia di Dalja, che ora chiedono il ritorno della proprietà, erano stati risarciti dallo Stato italiano. Dopo la fondazione dello stato croato nei primi anni 1990 i benedettini di Praglia attraverso i tribunali croati hanno tentato di riconquistare la proprietà, che era stata assegnata alla diocesi di Parenzo-Pola da parte dello Stato croato nel processo di restituzione dei beni ecclesiastici nazionalizzati Chiesa. Rappresentanti della diocesi e dei Benedettini hanno tenuti vari colloqui e trattative, ma non sono arrivati ad un accordo per vari motivi. Così il Vaticano ha istituito una commissione composta da tre cardinali (tra cui il cardinale arcivescovo di Zagabria Josip Bozanic) e i risultati, che sono stati consegnati al Papa alla fine del 2010, che prevedevano la restituzione dei beni ai Benedettini. Il Santo Padre ha confermato i risultati della Commissione. E questa sarebbe potuta essere la conclusione di una procedura interna alla Chiesa. I problemi sono iniziati quando il vescovo di Parenzo-Pola mons. Ivan Milovan ha rifiutato di firmare l'accordo con i benedettini come approvato dal Vaticano. Anche questo atto di disobbedienza avrebbe potuto rimanere una questione interna della Chiesa.Purtroppo non è stato così. Invece l'intera questione è stata sbattuta sulle prime pagine dei media croati nelle TV, radio e su Internet. Informazioni e documenti non erano trapelate, ma erano apertamente, ingenuamente o intenzionalmente, arrivate alla stampa laica affamata di titoli sensazionalistici, tramite ecclesiastici di alto livello. Il triste della vicenda sta nel fatto che da questa disobbedienza iniziale di un vescovo cattolico, è nata una valanga di commenti contro la Chiesa e il Vaticano. E resta il fatto più triste che i documenti interni della Chiesa e le dichiarazioni verbali sono state fornite da alti funzionari della diocesi di Parenzo-Pola sotto la guida del Cancelliere diocesano Ilija Jakovljevic. Il vescovo Milovan per aver rifiutato di firmare gli accordi del Vaticano è stato sospeso dalla Santa Sede per un breve periodo in modo che un altro vescovo, lo spagnolo Santos Abril y Castello, potesse farlo al suo posto. Nel frattempo la diocesi ha formato un “pool legale” per rappresentare i suoi interessi. Mons. Milovan nel frattempo ha fatto una visita, molto pubblicizzata, al presidente croato, al primo ministro e al governo in cerca di aiuto. Tutti rispondevano che avrebbero scritto al Santo Padre e al Vaticano richiamando gli Accordi di Osimo del 1975 tra Italia e Jugoslavia. Il Vaticano ha rilasciato una dichiarazione per ricordare che la vicenda era rigorosamente un affare interno della Chiesa. Anche la Commissione permanente della Conferenza episcopale croata ha anche sostenuto le conclusioni della commissione vaticana. Nel frattempo, la maggioranza dei sacerdoti della diocesi di Parenzo-Pola e il loro vescovo in un incontro appositamente convocato, hanno “votato” per ridare la proprietà contesa “indietro” allo stato croato in evidente opposizione alle istruzioni del Vaticano.

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RINUNCE E NOMINE