martedì 3 luglio 2012

I passi dimenticati dell'Istruzione sulla Teologia della liberazione firmata dal card. Ratzinger: condanna solo per quella che adotta analisi marxista

In occasione della nomina del nuovo prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, il vescovo tedesco Gerhard Ludwig Müller è stato ricordato il suo legame con Gustavo Gutierrez, uno dei padri della Teologia della Liberazione. Si è diffusa l’idea che Giovanni Paolo II e l’allora card. Joseph Ratzinger, prefetto dell’ex Sant’Uffizio, abbiano condannato senza appello questa teologia e dunque il rapporto tra un vescovo e un teologo liberazionista (peraltro mai condannato o sanzionato da Roma) sarebbe un elemento "sospetto". In realtà l’Istruzione "Libertatis nuntio", pubblicata dalla Congregazione per la Dottrina della Fede il 6 agosto 1984 metteva in guardia dai rischi e dalla deviazioni di quella Teologia della liberazione che adottava l’analisi marxista della realtà. Erano anni in cui nel "Continente della speranza" c’erano dittature e una parte della Chiesa era schierata con movimenti di liberazione di stampo marxista, anche se con il viaggio di Papa Wojtyla a Puebla, nel 1979, per la riunione dei vescovi del Celam aveva segnato una svolta. Erano gli anni di Reagan, e gli Stati Uniti stanno combattendo con tutti i mezzi "l’impero del male" sovietico: una battaglia cruciale avveniva proprio in America Latina. Nel mirino della Congregazione non c’era però tutta la Teologia della liberazione, nata nei Paesi dell’America Latina negli anni del post-concilio, né tanto meno la sua "opzione preferenziale per i poveri". Ma soltanto l’analisi marxista che alcuni dei teologi utilizzavano. Il documento parlava infatti della "tentazione di ridurre il Vangelo della salvezza ad un vangelo terrestre", del rischio di "dimenticare e rinviare a domani l’evangelizzazione". Contestava gli "a priori ideologici" che venivano usati come presupposti per la lettura della realtà sociale da parte di certa teologia, che presentava la lotta delle classi come "una legge oggettiva, necessaria" e faceva credere che "entrando nel suo processo, dalla parte degli oppressi si 'fa' la verità, si agisce 'scientificamente'. Di conseguenza, la concezione della verità va di pari passo con l’affermazione della necessità della violenza". L’Eucarestia si trasformava in "celebrazione del popolo in lotta", il "Regno di Dio e il suo divenire si tende ad identificarlo con il movimento della liberazione umana". È proprio con la pubblicazione di "Libertatis nuntio" che il card. Joseph Ratzinger, arrivato due anni prima alla guida del dicastero dottrinale della Santa Sede, comincia ad essere indicato come il "nemico" dei teologi più aperti, l’"affossatore" delle speranze che il Concilio aveva suscitato nei Paesi poveri. E quello che arriva dalla Chiesa Cattolica wojtyliana viene fatto passare come un segnale di appoggio ai regimi anticomunisti che governano diversi stati dell’area latinoamericana. Eppure, a leggere integralmente quel primo documento sulla Teologia della liberazione, si scoprono passaggi che dimostrano il contrario. "Questo richiamo - scrive la Congregazione nell’introduzione del documento - non deve in alcun modo essere interpretato come una condanna di tutti coloro che vogliono rispondere con generosità e con autentico spirito evangelico alla 'opzione preferenziale per i poveri'". L'Istruzione "non dovrebbe affatto servire da pretesto a tutti coloro che si trincerano in un atteggiamento di neutralità e di indifferenza di fronte ai tragici e pressanti problemi della miseria e dell’ingiustizia. Al contrario, essa è dettata dalla certezza che le gravi deviazioni ideologiche denunciate finiscono ineluttabilmente per tradire la causa dei poveri". "Più che mai - continua il documento - la Chiesa intende condannare gli abusi, le ingiustizie e gli attentati alla libertà, ovunque si riscontrino e chiunque ne siano gli autori, e lottare con i mezzi che le sono propri, per la difesa e la promozione dei diritti dell’uomo, specialmente nella persona dei poveri". L’istruzione sostiene inoltre che "lo scandalo delle palesi disuguaglianze tra ricchi e poveri... non è più tollerato". E che "il richiamo contro le gravi deviazioni, di cui sono portatrici talune 'teologie della liberazione', non deve assolutamente essere interpretato come un’approvazione, neppure indiretta, di coloro che contribuiscono al mantenimento della miseria dei popoli, di coloro che ne approfittano e di coloro che questa miseria lascia rassegnati o indifferenti. La Chiesa, guidata dal Vangelo della misericordia e dall’amore dell’uomo, ascolta il grido che invoca giustizia e vuole rispondervi con tutte le forze". Non manca, nel finale del documento, un riferimento al ruolo dei vescovi, particolarmente significativo per quegli esponenti della gerarchia cattolica considerati troppo "morbidi" con il potere se non "organici" ad esso. "I difensori della 'ortodossia' sono talvolta rimproverati di passività, di indulgenza o di complicità colpevoli nei confronti delle intollerabili situazioni di ingiustizia e dei regimi politici che mantengono tali situazioni. Si richiede da parte di tutti, e specialmente da parte dei pastori e dei responsabili la conversione spirituale, l’intensità dell’amore di Dio e del prossimo, lo zelo per la giustizia e la pace, il senso evangelico dei poveri e della povertà. La preoccupazione della purezza della fede non deve essere disgiunta dalla preoccupazione di dare, mediante una vita teologale integrale, la risposta di un’efficace testimonianza di servizio del prossimo, e in modo tutto particolare del povero e dell’oppresso".

Andrea Tornielli, Vatican Insider

Istruzione circa alcuni aspetti della Teologia della liberazione - Libertatis nuntius