La conversione di san Paolo, ebreo che abbracciò la fede cristiana dopo aver perseguitato i seguaci di Cristo, "non fu un passaggio dall'immoralità alla moralità, da una fede sbagliata ad una fede corretta, ma fu l'essere conquistato dall'amore di Cristo": lo ha spiegato il Papa durante la celebrazione dei Vespri presieduti nella asilica di San Paolo fuori le Mura al termine della Settimana di Preghiera per l'Unità dei cristiani. Ciò che guidò l'apostolo, ha detto Benedetto XVI, fu "la rinuncia alla propria perfezione, fu l'umiltà di chi si mette senza riserva al servizio di Cristo per i fratelli. E solo in questa rinuncia a noi stessi, in questa conformità con Cristo siamo uniti anche tra di noi, diventiamo 'uno' in Cristo". La divisione tra cattolici, protestanti e ortodossi è un "dramma" come quello della divisione tra la Corea del nord e la Corea del sud. Benedetto XVI ha menzionato il gesto del profeta Ezechiele che tiene due legni in una mano a simboleggiare il segno profetico della riunificazione del popolo d'Israele, per poi spiegare: "La scelta di questo brano del profeta Ezechiele la dobbiamo ai fratelli della Corea, i quali si sono sentiti fortemente interpellati da questa pagina biblica, sia in quanto coreani, sia in quanto cristiani. Nella divisione del popolo ebreo in due regni - ha spiegato - si sono rispecchiati come figli di un'unica terra, che le vicende politiche hanno separato, parte al nord e parte al sud. E questa loro esperienza umana - ha aggiunto - li ha aiutati a comprendere meglio il dramma della divisione tra cristiani". I frutti dei dialoghi teologici che si sono svolti negli anni tra cristiani delle diverse confessioni, ha detto ancora il Papa, "con le loro convergenze e con la più precisa identificazione delle divergenze che ancora permangono", spingono a "proseguire coraggiosamente in due direzioni: nella ricezione di quanto positivamente è stato raggiunto e in un rinnovato impegno verso il futuro", ha detto Papa Ratzinger. "Rimane aperto davanti a noi l'orizzonte della piena unità. Si tratta di un compito arduo, ma entusiasmante per i cristiani che vogliono vivere in sintonia con la preghiera del Signore: 'Che tutti siano uno, affinché il mondo creda'".La decisione di Giovanni XXIII di convocare il Concilio Vaticano II, annunciata dallo stesso Roncalli cinquanta anni fa, fu "provvida", secondo Benedetto XVI. "Vorrei concludere questa mia riflessione - ha detto Papa Ratzinger - facendo riferimento ad un avvenimento che i più anziani tra noi certamente non dimenticano. Il 25 gennaio del 1959, esattamente cinquant'anni or sono, il beato Papa Giovanni XXIII manifestò per la prima volta in questo luogo la sua volontà di convocare un Concilio ecumenico per la Chiesa universale. Da quella provvida decisione, suggerita al mio venerato Predecessore, secondo la sua ferma convinzione, dallo Spirito Santo - ha aggiunto il Papa - è derivato anche un fondamentale contributo all'ecumenismo".