sabato 17 ottobre 2009

Il Papa al concerto dell'Accademia pianistica di Imola: la musica eleva la mente e il cuore a Dio, da forma a ciò che non si riesce a dire

Un avvincente iter storico-artistico che ci ha permesso ancora una volta di gustare la bellezza della musica, linguaggio spirituale e quindi universale che può diventare preghiera. Così, in sintesi, il Papa ha parlato del singolare concerto ascoltato in Aula Paolo VI e offerto al Pontefice e ai Padri Sinodali presenti dall’Accademia pianistica internazionale di Imola a 20 anni dalla sua fondazione. L’evento ha ripercorso la storia del pianoforte su 7 strumenti d’epoca restituendo sonorità originali alle più belle pagine della letteratura pianistica da Bach a Liszt. Lunghi applausi per la giovane artista cinese Jin Ju, talento dell’Accademia, che alla fine ha offerto anche un bis speciale al Papa sulle note dell’amato Johann Sebastian Bach. Sono bastate le prime note del clavicembalo ben temperato di Bach per rapire in un silenzio assorto la platea dell’Aula Nervi, per riportarla ad un passato che richiede un ascolto attento e per stabilire la preziosità di un concerto reso unico da 7 strumenti sul palco. Sono mobili gioiello, dal legno chiaro, gli intarsi raffinati. Sono i fortepiano del 700 e dell’800, “strumenti conosciuti e prediletti”, ha ricordato il Papa, "dai compositori più famosi, capaci di offrire una non piccola gamma di sfumature musicali armoniche". "Costituiscono di per sé un patrimonio estetico, artistico e storico, sia perché emettono quei suoni che hanno ascoltato gli uomini del passato, sia perché testimoniano il progresso dell’artigianato del pianoforte, rivelando le intuizioni e i successivi perfezionamenti di abili e impareggiabili costruttori.La dimensione domestica di uno Scarlatti suonato sul fortepiano a tavolo "wood small" del 700 inglese, cede il posto a fine secolo al suono argentino di Mozart e poi alle sonorità protoromantiche di Czerny sugli strumenti del signor Schantz a Vienna. Ma è con il fortepiano di Conrad Graf, a metà ‘800, che arriva il suono maturo amato da Beethoven. Un lungo applauso segue la Sonata “Al chiaro di luna” e un altro, l’esecuzione di Chopin sul fortepiano da lui preferito, l’Erard. Siamo all’ultimo capitolo prima del ‘900 dominato dai pianoforti Steinway and Sons, meccanica perfetta, come piaceva a Liszt. Come non gustare la bellezza di questo “linguaggio spirituale e quindi universale”, ha detto il Papa al termine del concerto, “veicolo quanto mai adatto alla comprensione e all’unione tra persone e popoli”. "La musica fa parte di tutte le culture e, potremmo dire, accompagna ogni esperienza umana, dal dolore al piacere, dall’odio all’amore, dalla tristezza alla gioia, dalla morte alla vita. Vediamo come, nel corso dei secoli e dei millenni, la musica è sempre stata utilizzata per dare forma a quello che non si riesce a fare con le parole, perché suscita emozioni altrimenti difficili da comunicare". E’ il concetto espresso anche in apertura dal direttore dell’Accademia pianistica di Imola il maestro Franco Scala, che il Papa completa così, prima di impartire la sua benedizione: "La grande musica, distende lo spirito, suscita sentimenti profondi ed invita quasi naturalmente ad elevare la mente e il cuore a Dio in ogni situazione, sia gioiosa che triste, dell’esistenza umana. La musica può diventare preghiera".