Un appello perché in Sudan, Uganda, Ciad, Repubblica democratica del Congo e Repubblica Centrafricana “il linguaggio delle armi sia sostituito da quello del dialogo e delle trattative”: è contenuto nella lettera che i Padri Sinodali hanno inviato ai presidenti delle Conferenze Episcopali di quelle nazioni africane dove “perdurano azioni belliche che producono distruzioni, violenze, morte tra la popolazione innocente”. La lettera, datata 20 ottobre e firmata da mons. Nikola Eterovic, segretario generale del Sinodo dei vescovi e dai tre presidenti delegati, è stata letta oggi in apertura della diciassettesima congregazione generale della II Assemblea speciale per l’Africa del Sinodo dei vescovi. “Per salvare la propria vita, centinaia di migliaia di persone sono state costrette ad abbandonare le loro case e a rifugiarsi nei Paesi limitrofi in condizioni di estrema precarietà – si legge nel testo -. Non mancano, poi, preoccupanti fenomeni di bambini soldato, di orfani, di mutilati di guerra e di persone con gravi problemi di salute fisica e psichica". Di fronte a questa drammatica situazione i Padri sinodali esprimono “la più viva comunione fraterna ai vescovi delle diocesi coinvolte in tali disumane sofferenze nei confronti della popolazione innocente”. I Padri Sinodali i rivolgono poi “a tutte le parti in causa implorando che quanto prima il linguaggio delle armi sia sostituito da quello del dialogo e delle trattative”. “Con il dialogo – affermano -, nel rispetto reciproco e nella pace, tutti i problemi possono essere risolti. La guerra, invece, rende tutto più difficile e in particolare tenta di trasformare i fratelli in nemici da abbattere”. Nella lettera i vescovi ricordano che “non è lecito uccidere innocenti per alcun motivo sociale, politico, etnico, razziale o religioso. Il sangue degli innocenti grida vendetta di fronte a Dio che prima o poi dovrà giudicare anche coloro che hanno macchiato le loro mani con il sangue dei poveri, che sono i privilegiati di Dio". I Padri Sinodali concludono implorando “il dono della pace perché si possa instaurare la giustizia ove è gravemente infranta e i cuori siano aperti alla grazia della riconciliazione con Dio e con il prossimo non solamente nella regione dei Grandi Laghi, bensì in tutta l'Africa".