“Solo Dio può dare alla Chiesa l’unità”. Con queste parole, pronunciate a braccio, Benedetto XVI ha concluso la catechesi dell’Udienza generale di questa mattina nell'Aula Paolo VI, interamente dedicata alla Settimana di preghiera per l’Unità dei cristiani. L’impegno ecumenico, ha spiegato il Papa, comprende la “dimensione della nostra responsabilità”: di qui la necessità di “fare tutto ciò che è possibile per arrivare veramente all’unità”. Ma accanto alla responsabilità umana, ha puntualizzato il Santo Padre, c’è “l’azione divina”, perché “solo Dio può dare alla Chiesa l’unità”. “Noi desideriamo la Chiesa di Dio fatta da Dio”, ha proseguito il Papa sempre a braccio: “Dio creerà l’unità quando noi siamo preparati”. Nella parte finale dell’udienza Benedetto XVI ha fatto notare inoltre “quanti progressi reali ha raggiunto la collaborazione, la fraternità di tutti i cristiani negli ultimi 50 anni”. Ma “dobbiamo sapere che il lavoro ecumenico non è un processo lineare”, ha aggiunto, perché “problemi vecchi perdono il loro peso e nascono nuovi problemi e difficoltà”. “Dobbiamo essere disponibili per un processo di purificazione, nel quale il Signore ci renda capaci di essere umili”, ha esortato il Papa, chiedendo la preghiera dei fedeli per “una nuova testimonianza comune di fedeltà a Cristo”, da parte dei cristiani, “davanti a questo nostro mondo”. “La divisione tra i discepoli di Gesù non solo contraddice apertamente alla volontà di Cristo, ma anche è di scandalo al mondo e danneggia la causa della predicazione del Vangelo ad ogni creatura”. Il Papa ha ricordato questo insegnamento del Concilio, riferendosi al tema della Settimana per l’unità dei cristiani ed esortandoli a “superare le divergenze esistenti” e a “camminare verso la piena comunione”. “Oltre al nostro sforzo di sviluppare relazioni fraterne e promuovere il dialogo per chiarire e risolvere le divergenze che separano ancora le Chiese e le comunità ecclesiali - ha ammonito Benedetto XVI - è necessaria la fiduciosa e concorde invocazione al Signore”. Citando poi la Conferenza di Edimburgo del 1910, il Papa ha spiegato che essa “rimane come uno dei punti fermi dell’ecumenismo moderno” perché “tra i problemi allora discussi vi fu quello della difficoltà oggettiva di proporre con credibilità l’annuncio evangelico da parte dei cristiani ancora divisi tra loro”. “Se ad un mondo che non conosce il Signore, che si è allontanato da Lui o che si mostra indifferente al Vangelo, essi si presentano non uniti, anzi spesso contrapposti, sarà credibile l’annuncio di Cristo?”, si è chiesto il Papa, secondo il quale “il rapporto fra unità e missione da quel momento ha rappresentato una dimensione essenziale dell’intera azione ecumenica”, ribadito poi con forza dal Concilio. “Il movimento ecumenico moderno si è sviluppato in modo così significativo da diventare, nell’ultimo secolo, un elemento importante nella vita della Chiesa, ricordando il problema dell’unità tra tutti i cristiani e sostenendo anche la crescita della comunione tra loro”. Il movimento ecumenico, ha affermato Benedetto XVI, “non solo favorisce i rapporti fraterni tra le Chiese e le comunità ecclesiali, ma stimola anche la ricerca teologica”,oltre a coinvolgere “la vita concreta delle Chiese con tematiche che toccano la pastorale e la vita sacramentale”, come “il mutuo riconoscimento del battesimo” o le questioni relative ai “matrimoni misti”. “Nel solco di tale spirito ecumenico – ha proseguito il Papa - i contatti sono andati allargandosi anche a movimenti pentecostali, evangelici e carismatici, per una maggiore conoscenza reciproca, al fine di giungere ad una qualche testimonianza comune, in un’epoca, come la nostra, di crescente secolarizzazione”. La Chiesa cattolica, dal Concilio in poi, “è entrata in relazioni fraterne con tutte le Chiese d’Oriente e le comunità ecclesiali d’Occidente, organizzando con la maggior parte di esse, dialoghi teologici bilaterali, che hanno portato a trovare convergenze o anche consensi in vari punti, approfondendo così i vincoli di comunione”. Nell’anno appena trascorso, ha proseguito il Papa ripercorrendo idealmente il 2009 sotto il profilo ecumenico, “i vari dialoghi hanno registrato positivi passi”. In particolare, per Benedetto XVI, quello con le Chiese ortodosse è un “dialogo delicato essenziale per l’intero movimento ecumenico”. La Commissione Mista Internazionale per il Dialogo Teologico in questo ambito, ha ricordato il Papa, ha iniziato “lo studio di un tema cruciale nel dialogo fra cattolici e ortodossi: Il ruolo del vescovo di Roma nella comunione della Chiesa nel primo millennio, cioè nel tempo in cui i cristiani di Oriente e di Occidente vivevano nella piena comunione”: uno studio che “si estenderà in seguito al secondo millennio”, ha annunciato il Papa. Anche con le antiche chiese ortodosse d’Oriente (copta, etiopica, sira, armena) è in atto “un dialogo profondo e ricco di speranze”. Tra gli eventi recenti, Benedetto XVI ha citato la commemorazione del decimo anniversario della “Dichiarazione congiunta sulla dottrina della giustificazione”, celebrato insieme da cattolici e luterani il 31 ottobre 2009 “per stimolare il proseguimento del dialogo”, e la visita a Roma dell’arcivescovo di Canterbury, Rowan Williams. “Il comune impegno di continuare le relazioni e il dialogo sono un segno positivo, che manifesta quanto sia intenso il desiderio dell’unità”, ha commentato il Papa. La conoscenza di Cristo “implica una dimensione intellettuale, ma è molto più che un processo intellettuale, è un processo esistenziale”. Nella parte centrale della catechesi il Papa ha parlato a braccio della “testimonianza comune di Cristo”, contenuto imprescindibile dell’impegno ecumenico. “In Cristo il Dio lontano diventa Dio vicino”, ha esclamato Benedetto XVI, secondo il quale “Cristo non è mai solo”, perché “in Cristo, che riunisce l’umanità, conosciamo il futuro dell’umanità, la vita eterna”. “Conoscendo Cristo conosciamo Dio, la vita della Chiesa e la vita eterna”, ha proseguito il Papa, secondo cui “possiamo essere testimoni solo se conosciamo Cristo”. La conoscenza di Cristo, ha spiegato il Papa, va intesa “come un processo intellettuale e soprattutto esistenziale, è un processo che si fa testimonianza”. “Dal nostro incontro personale con Cristo –ha concluso Benedetto XVI – incontriamo veramente la vita, la fede diventa testimonianza e possiamo così contribuire alla novità del mondo, alla vita eterna”. Di qui l’auspicio che i cristiani si impegnino a “superare le divergenze esistenti, perché il mondo possa vedere l’unità del corpo di Cristo”.