lunedì 29 marzo 2010

Pasqua 2010. Il card. Ruini nella Via Crucis al Colosseo: Signore liberaci dalla presunzione di poter costruire da soli la nostra felicità e vita

Saranno in libreria domani le meditazioni della Via Crucis che sarà presiduta dal Papa il Venerdì Santo al Colosseo. Autore dei testi è il card. Camillo Ruini. Trentamila le copie stampate dalla la Libreria Editrice Vaticana: 15 mila arriveranno nelle librerie religiose e nei punti vendita della Lev di Piazza San Pietro, Piazza Pio XII e Via di Propaganda, le altre 15 mila saranno distribuite al Colosseo. Le illustrazioni che arricchiscono la pubblicazione riproducono la Via Crucis della prima metà dell’800 di Joseph Führich che si trova nella Chiesa di San Giovanni Nepomuceno di Vienna. L’introspezione, il dolore e la speranza i temi proposti dal cardinale Ruini. “Signore, Dio Padre onnipotente...Libera la nostra volontà dalla presunzione...ingenua e infondata, di poter costruire da soli la nostra felicità e il senso della nostra vita”: è uno stralcio della preghiera che aprirà la Via Crucis, che inviterà i fedeli a brevi e profonde riflessioni. La prima è quella che scaturisce dalla crocifissione di Gesù dovuta ai nostri peccati, come anche spiegano le Scritture. Da qui l’esortazione a guardare “al male e al peccato che abitano” in noi “e che troppo spesso fingiamo di ignorare” e a percorrere nella Via Crucis un itinerario di penitenza, di dolore e di conversione, fin quando Gesù è spogliato delle vesti per essere inchiodato sulla Croce. Lì tocca a noi denudarci, davanti a Dio e ai nostri fratelli, “spogliarci della pretesa di apparire migliori di quello che siamo, per cercare invece di essere sinceri e trasparenti”, non ipocriti. Via via che il percorso di Cristo torna alla memoria attraverso i brani evangelici della Passione, il passato è collegato all’oggi, sicché gli atti di scherno e di disprezzo dei soldati verso Gesù giudicato da Pilato possono richiamare, per il card. Ruini, alle “mille pagine della storia dell’umanità e della cronaca quotidiana” fatte di violenza e soprusi. Alla crudeltà dell’uomo, capace “delle cose peggiori, perfino di cose incredibili”, quando la luce del bene che alberga nella sua coscienza è “oscurata dai risentimenti, da desideri inconfessabili, dalla perversione del cuore”. Ma per il porporato meditare la Passione è anche prendere atto “del dolore fisico che” Gesù “ha dovuto sopportare”, “un dolore enorme e tremendo, fino all’ultimo respiro sulla Croce, un dolore che non può non fare paura”. E se oggi “la sofferenza fisica è la più facile da sconfiggere, o almeno da attenuare” con le nuove tecniche e metodologie”, “le anestesie e le terapie del dolore”, che pur non fanno scomparire la “gigantesca massa di sofferenze fisiche...nel mondo”, come non tener conto del fatto che “Gesù non ha rifiutato il dolore fisico”. “Così – scrive il card. Ruini – si è fatto solidale con tutta la famiglia umana, specialmente con quella grande parte di essa la cui vita, anche oggi, è segnata da questa forma di dolore”. Allo stesso modo, anche noi dobbiamo aprirci alla solidarietà nella sofferenza altrui. E ricordare Gesù sotto il peso della Croce significa anche pensare alle “tante diverse forme” di croce “nella vita di ogni giorno”, spesso considerate sfortune o disgrazie, mentre invece, considera il porporato, il cristiano che vuole andare dietro a Cristo rinnegando se stesso, può scorgerle come porte che nella vita si aprono verso un bene più grande. E per quelle disgrazie che sono perdite, c’è da pensare al Risorto che la morte l’ha già vinta. Anche se, bevendo “fino in fondo il suo amaro calice”, rivolgendosi al Padre ha chiesto: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”. Un grido che però richiama ad aver fiducia in Dio, a fidarci di Lui che ha risuscitato il Figlio. C’è poi il ricordo di Giovanni Paolo II nelle meditazioni del card. Ruini; proprio venerdì ricorrerà il quinto anniversario della morte, e considerando il male di cui l’uomo è capace, il porporato ha voluto fare memoria di quanto Papa Wojtyla in proposito affermava: “il limite imposto al male, di cui l’uomo è artefice e vittima è … la Divina Misericordia”. E terminando la Via Crucis, arriva il silenzio, quello che sgorga di fronte alla morte di Gesù. Silenzio di adorazione, silenzio nel quale affidiamo noi stessi al Cristo. E guardando Maria ai piedi della Croce, silenzio che fa comprendere come “per essere veramente cristiani...bisogna essere legati” a Gesù con “la mente, la volontà, il cuore” nelle “piccole e grandi scelte quotidiane”, senza ridurre Dio ad “una consolazione che dovrebbe essere sempre disponibile”, che non deve “interferire...con gli interessi concreti in base ai quali operiamo”. E se dinanzi al Sepolcro di Gesù le strade di credenti e non si dividono sulla Risurrezione, ancora oggi per i cristiani è la notizia di Maria di Magdala agli Apostoli narrata nei Vangeli ad aver trasformato “il cammino della Croce” in “sorgente di vita”.

Radio Vaticana