giovedì 1 luglio 2010

I vescovi belgi: sugli abusi una concertazione costruttiva tra le autorità competenti senza il rischio di compromettere la fiducia delle vittime

“Una concertazione costruttiva tra le autorità competenti”: è l’auspicio dei vescovi del Belgio dopo le dimissioni, già annunciate ma presentate ufficialmente oggi, del presidente della Commissione indipendente di inchiesta sugli abusi sessuali istituita dalla Chiesa locale, Peter Adrianssens, e di tutti i suoi membri a seguito delle perquisizioni della Polizia, lo scorso 24 giugno, nella sede dell’arcivescovado di Malines-Bruxelles. “I vescovi – afferma in una nota mons. Guy Harpigny, vescovo di Tournai e delegato per i rapporti con la Commissione - non contestano il diritto delle autorità giudiziarie di condurre una perquisizione, se il diritto è esercitato nel quadro giuridico previsto, sulla base di legittimi e specifici indizi, utilizzando strumenti proporzionati”. Essi tuttavia “esprimono rincrescimento per le modalità con le quali si è proceduto nei locali della Commissione”. “Requisendo tutti i dossier sulle vittime” si è impedito ad essa “di proseguire nella sua delicata ma salutare missione”. Di qui l’auspicio del presule di “una concertazione costruttiva tra le autorità competenti, che permetta di valutare se tale missione possa proseguire in una forma o nell’altra, senza il rischio di compromettere una volta di più la fiducia delle vittime”. Da mons. Harpigny, a nome dei vescovi del Belgio, il “rispetto e la comprensione” per chi “ha trovato il coraggio di confidare le proprie ferite alla Commissione”, e il ringraziamento “dal profondo del cuore” al presidente e ai membri di quest’ultima “per la generosità e l’impegno mostrati. A fronte delle numerose denunce loro pervenute in poco tempo hanno infatti lavorato velocemente e bene e – tiene a precisare il vescovo – in modo del tutto indipendente dai vescovi”. “Mai – chiarisce – questa Commissione si è eretta a tribunale parallelo; al contrario è stato sempre consigliato alle vittime, se l’avessero voluto, di rivolgersi alla giustizia ordinaria”. L’azione della Commissione “s’inscriveva infatti nel rispetto del diritto costituzionale, che lascia ai corpi sociali la libertà di organizzarsi al loro interno. La designazione di un magistrato di riferimento da parte del ministro della Giustizia – conclude il presule - aveva inoltre rafforzato la garanzia dei diritti di ciascuno”.

SIR