Il mondo che ha smarrito in larga parte la consapevolezza di essere stato creato da Dio, e che dunque ha bisogno di tornare a comprendere questa verità, è il concetto attorno al quale Benedetto XVI ha strutturato in questi anni gli interventi dedicati al lavoro degli atenei cattolici: “Porre al centro il tema della verità non è un atto meramente speculativo, ristretto a una piccola cerchia di pensatori; al contrario, è una questione vitale per dare profonda identità alla vita personale e suscitare la responsabilità nelle relazioni sociali. Di fatto, se si lascia cadere la domanda sulla verità e la concreta possibilità per ogni persona di poterla raggiungere, la vita finisce per essere ridotta ad un ventaglio di ipotesi, prive di riferimenti certi” [Visita alla Pontificia Università Lateranense (21 ottobre 2006)].
Così, osserva in un’altra occasione, “la dimensione sociale si disperde in mille frammenti, mentre quella personale si ripiega su se stessa e tende a chiudersi a costruttive relazioni con l’altro e il diverso da sé. L’Università, invece, per sua natura vive proprio del virtuoso equilibrio tra il momento individuale e quello comunitario, tra la ricerca e la riflessione di ciascuno e la condivisione e il confronto aperti agli altri, in un orizzonte tendenzialmente universale”. Inoltre, insiste il Pontefice in quella circostanza, non c’è riforma che non sia collegata anche al rispetto della libertà: di insegnamento, di ricerca, di affrancamento dai “poteri economici e politici”.
“Questo non significa isolamento dell’Università dalla società, né autoreferenzialità, né tanto meno perseguimento di interessi privati approfittando di risorse pubbliche. Non è di certo questa la libertà cristiana! Veramente libera, secondo il Vangelo e la tradizione della Chiesa, è quella persona, quella comunità o quella istituzione che risponde pienamente alla propria natura e al proprio fine, e la vocazione dell’Università è la formazione scientifica e culturale delle persone per lo sviluppo dell’intera comunità sociale e civile” [Ai docenti e agli studenti dell'Università degli Studi di Parma (1° dicembre 2008)].
L’Università è insegnamento, e quindi i docenti, ma anche crescita e formazione, e dunque gli studenti. “Credere nello studio” è la parola d’ordine che Benedetto XVI affida tre anni fa agli universitari cattolici. Credere nello studio, spiega, “vuol dire riconoscere che lo studio e la ricerca – specialmente durante gli anni dell’Università – posseggono un’intrinseca forza di allargamento degli orizzonti dell’intelligenza umana, purché lo studio accademico conservi un profilo esigente, rigoroso, serio, metodico e progressivo”. Da qui scaturisce per il Papa la possibilità di dare una "convinta testimonianza della ‘possibile amicizia’ tra l’intelligenza e la fede, che comporta lo sforzo incessante di coniugare la maturazione nella fede con la crescita nello studio e l’acquisizione del sapere scientifico...In effetti, perché ritenere che chi ha fede debba rinunciare alla ricerca libera della verità, e chi cerca liberamente la verità debba rinunciare alla fede? E’ invece possibile, proprio durante gli studi universitari e grazie ad essi, realizzare un’autentica maturazione umana, scientifica e spirituale" [Ai membri della Federazione Universitaria Cattolica Italiana (9 novembre 2007)].
In definitiva: “Ecco allora la grande sfida delle Università cattoliche: fare scienza nell'orizzonte di una razionalità vera, diversa da quella oggi ampiamente dominante, secondo una ragione aperta alla questione della verità e dei grandi valori iscritti nell’essere stesso. Aperta quindi al trascendente, a Dio” [Inaugurazione dell’Anno Accademico dell’Università Cattolica del Sacro Cuore (25 novembre 2005)].
Radio Vaticana