venerdì 27 maggio 2011

In Libano il primo grande raduno tra leader cristiani e musulmani dell’area mediorientale e nordafricana. Svolta nei rapporti sostenuta dal Papa

Un vento nuovo soffierà presto sulla bonaccia dei rapporti tra Vaticano e islam. Se fino a oggi la diplomazia della Santa Sede ha faticato, a causa principalmente dell’inafferrabilità dell’interlocutore islamico – il cardinale francese Jean-Louis Tauran, diplomatico di razza, molto preparato soprattutto circa i risvolti sociali, politici e culturali del medio oriente, ha canali aperti al Cairo con l’antica Università Al-Azhar ma ne ha pochi altrove – da domani potrebbe iniziare un percorso diverso, grazie all’iniziativa di mons. Béchara Boutros Raï (nella foto con Benedetto XVI), nuovo Patriarca di Antiochia dei maroniti e cioè dell’unica Chiesa orientale sempre rimasta fedele a Roma. Béchara Raï, infatti, insieme al gran Mufti del Libano, Mohammad Rashid Qabbani, ha annunciato il 14 aprile scorso a Benedetto XVI l’idea del primo grande raduno tra leader cristiani e musulmani dell’area mediorientale e nordafricana. Un raduno che, se trovasse, come sembra sia possibile, una vasta partecipazione, rappresenterebbe un novum importante, un primo risultato concreto degli auspici di Papa Ratzinger che vuole un dialogo “sulle modalità tramite le quali convivere” e non sulle teologie, che non possono che restare diverse. Béchara Raï, uomo concreto, fondatore della redazione in lingua araba della Radio Vaticana, incarna questa visione e non a caso a lui è stata affidata la pesante eredità del card. Nasrallah Pierre Sfeir. Quando due mesi fa il piccolo conclave maronita di 38 vescovi è arrivato a eleggerlo dopo dodici scrutini, per le strade del Libano non c’erano solo i cristiani a festeggiare, ma tanti musulmani, sunniti e sciiti. Ha detto recentemente Béchara Raï a Consulente Re, rivista mensile on line emanazione del Gruppo Re, specializzato in servizi finanziari per uomini e istituzioni di Chiesa: “Vogliamo che l’incontro avvenga presto. C’è un gran brutto clima. C’è un rifiuto dei cristiani condito di continue minacce in Iraq, in Egitto e anche in altri paesi. Se dovessimo riuscire a concretizzare l’incontro per un patto di amicizia tra cristiani e musulmani nell’intera regione, ciò avrebbe sicuramente ricadute positive in tutti i paesi coinvolti, in cui non mancano oggi tensioni e insicurezza che preoccupano molto”.
Béchara Raï ha una visione molto concreta della galassia islamica. Ed è da questa visione che intende partire per impostare il dialogo nel grande raduno presto in agenda. A suo dire non si può dialogare fattivamente dimenticando che l’islam non distingue tra stato e religione. Dice: “Dove la religione di stato è l’islam, la fonte della legislazione civile è il Corano, e i poteri politico, giudiziario e militare sono in mano ai musulmani. Nel mondo musulmano mediorientale solo il Libano fa eccezione”. E ancora: “Oggi c’è molta preoccupazione per il fondamentalismo islamico che legalizza violenza e terrorismo. Ogni volta che dall’occidente esce una dichiarazione antimusulmana, ne soffrirà qualche gruppo di cristiani d’oriente. Infatti i musulmani pensano che l’occidente sia cristiano e ciò che fa o dice sia espressione del cristianesimo”. Quando Benedetto XVI tenne la lectio magistralis di Ratisbona dove richiamò le religioni affinché agiscano secondo ragione e non si pieghino all’odio e alla violenza nel nome di Dio, Béchara Raï era vescovo di Jbeil-Byblos. Subito si schierò in difesa del Papa dicendo che finché l’islam non abbandona l’idea degli stati teocratici che mescolano politica e religione il dialogo con il mondo cristiano non sarebbe potuto avvenire. Per queste sue idee Béchara Raï guida oggi la Chiesa maronita. Per queste idee il Papa lo segue e lo appoggia, e con lui la diplomazia vaticana che vede nel raduno presto in agenda finalmente una svolta decisiva.


Paolo Rodari, Il Foglio