lunedì 24 ottobre 2011

La diplomazia della Santa Sede secondo Benedetto XVI: è arte della speranza. Né calcoli o interessi, la forza della Chiesa sta nella fede in Cristo

Il pensiero di Benedetto XVI sulla diplomazia estera. Per la prima volta in un secolo e mezzo ai vertici del Vaticano ci sono un Pontefice e un segretario di Stato che non provengono dal servizio diplomatico della Santa Sede. Lo stesso card. Tarcisio Bertone, nel momento del suo insediamento alla terza loggia del Palazzo Apostolico, si definì "un segretario di Chiesa più che di Stato". In realtà la geopolitica di Benedetto XVI ha tratti specifici che hanno consentito di spostare in avanti il fronte del dialogo laddove la situazione era ferma da tempo, come nel confronto ecumenico con la Chiesa Ortodossa russa. Nell’udienza al nuovo ambasciatore dei Paesi Bassi presso la Santa Sede, Joseph Weterings, Benedetto ha tracciato il quadro della sua diplomazia: né calcoli o interessi, la forza della Chiesa sta nella fede in Cristo. La voce più autorevole in difesa dei cristiani è sempre quella del Papa, seppure molte di queste minoranze, è il caso dei copti egiziani, non siano in piena comunione con Roma. Sono 179 i Paesi nel mondo ad avere relazioni diplomatiche con il Vaticano. Manca ancora all’appello la Cina popolare: è il più grande tra i Paesi che non hanno rapporti diplomatici con la Santa Sede. Quindi sedici stati, perlopiù asiatici, in buona parte a maggioranza islamica. In nove di questi Paesi non è presente nessun inviato vaticano (Afghanistan, Arabia Saudita, Bhutan, Cina popolare, Corea del Nord, Maldive, Oman, Tuvalu e Vietnam). Mentre sono in carica dei delegati apostolici, rappresentanti pontifici presso le comunità cattoliche locali ma non presso i governi, in altri sette Paesi: tre africani (Comore, Mauritania e Somalia) e quattro asiatici (Brunei, Laos, Malaysia, Myanmar). Con alcuni di questi paesi comunque la Santa Sede ha già dei contatti. Con il Vietnam sono iniziate formalmente le trattative per arrivare a pieni rapporti diplomatici. La diplomazia è l’arte della speranza. E i diplomatici vaticani sanno che questa speranza ha un nome, perché è diplomazia di sacerdoti. Del resto la diplomazia della Santa Sede è nata dalla storia, cioè la Santa Sede fin dall’origine ha goduto di una personalità giuridica internazionale. Quindi, può svolgere anche tutte quelle attività che sono tipiche dei soggetti di diritto internazionale, che sono fondamentalmente gli Stati. C’è anche la possibilità di inviare degli ambasciatori e di ricevere degli ambasciatori. Il servizio diplomatico è uno strumento di cui si serve la Santa Sede come governo centrale della Chiesa cattolica, per lo svolgimento della sua missione. Il Vaticano cerca di entrare nelle situazioni di difficoltà o di crisi nel mondo: situazioni di inquietudine e di preoccupazione per tutta la comunità internazionale. E’ forte in Benedetto XVI la preoccupazione per la difesa e la promozione della dignità umana, una dignità fondata sulla dimensione trascendente delle persone, altro aspetto sul quale la Santa Sede ha una visione integrale dell’uomo, che non è ridotto ad una sola dimensione, solo alla dimensione fisica, alla dimensione materiale, alla dimensione economica, ma è visto, invece, nella sua integralità. E su questa integralità la Santa Sede insiste. Quindi, il tema della difesa della dignità dell’uomo, della difesa dei suoi diritti, a cominciare dal diritto della vita, del momento del concepimento fino alla morte naturale, ed alla difesa della sua libertà. L’altro aspetto è quello dell’educazione alla pace, la pace intesa come tutta quella serie di condizioni che permettono all’uomo di svilupparsi come uomo e come figlio di Dio e di creare intorno a sé dei rapporti sereni e fruttuosi con gli altri. L’autorevolezza della Chiesa in ambito internazionale poggia, secondo Joseph Ratzinger, su una base: la forza disarmata dei princìpi che scaturiscono dalla sua fede in Cristo. Quindi, libera dai calcoli legati alla conquista del consenso elettorale o dalle sudditanze che il denaro crea nelle relazioni fra Stati poveri e Stati ricchi. L’influenza che la Santa Sede esercita nel mondo vola più alto, sulle ali del messaggio del Vangelo e dei valori cristiani, calati dovunque nel vissuto dell’umanità, specie di quella più debole. La Chiesa ha vissuto e vive così la sua missione, anche se qualcuno per debolezza ogni tanto la tradisce. "Con vigore e la consueta trasparenza", evidenzia Radio Vaticana, il Papa sceglie di impostare il suo discorso al nuovo ambasciatore olandese accreditato in Vaticano partendo da una constatazione spesso sottolineata in queste circostanze. “La Santa Sede non è una potenza economica o militare”. E il suo contributo alla diplomazia internazionale è costituito in gran parte nell’articolazione di quei principi etici che dovrebbero sostenere l’ordine sociale e politico e nel richiamare l’attenzione sulla necessità di intervenire per rimediare alle violazioni di tali principi. Di qui, il dialogo diplomatico che impegna la Santa Sede viene condotto né in modo confessionale né per ragioni pragmatiche, ma sulla base dei principi universalmente applicabili, reali tanto quanto lo sono gli elementi fisici dell’ambiente naturale. Quella della Chiesa, e in particolare della Santa Sede è la voce forte di chi non può farsi udire perché indifeso, povero, ammalato, anziano, in minoranza o perché semplicemente non è ancora nato. La Chiesa cerca sempre di promuovere la giustizia naturale come è suo diritto e dovere di fare. Quindi, con schiettezza, precisa il Pontefice: "Pur riconoscendo con umiltà che i suoi stessi membri non sono sempre all'altezza degli elevati standard morali che essa propone, la Chiesa non può far altro che continuare a esortare tutte le persone, inclusi i suoi stessi membri, a cercare di fare tutto ciò che è in accordo con la giustizia e la retta ragione e a opporsi a ciò che è loro contrario". A giudizio di Benedetto XVI la diplomazia è l’arte della speranza, come dire che basta un tenue segno, un tenue accenno e si possono tessere delle trame importanti per l’uomo. Arte della speranza significa che c’è la possibilità di risolvere in maniera pacifica le difficoltà e i conflitti che ci sono. Ci sono stati numerosi esempi, tante situazioni, che hanno dimostrato come si sono realizzati gli sforzi della diplomazia. Non sempre i risultati sono all’altezza delle aspettative, ma la speranza aiuta la diplomazia pontificia ad andare avanti anche quando non si vedono immediatamente dei risultati. La Santa Sede lavora anche sui tempi lunghi. La diplomazia della Santa Sede è una diplomazia di sacerdoti, sorretti dalla grazia divina. Ogni inizio d’anno il Papa si rivolge agli ambasciatori accreditati presso la Santa Sede. E’ il momento dell’anno in cui si rende evidente il ruolo della chiesa cattolica nello scenario "geopolitico" mondiale. Attualmente ci sono paesi in cui i cristiani divengono martiri. Benedetto XVI raccoglie il loro grido d’aiuto.

Giacomo Galeazzi, Vatican Insider