giovedì 17 novembre 2011

Il Papa in Benin. Domani Benedetto nel Paese per rilanciare la speranza in Africa e esaltarne l'impegno troppo spesso ignorato dai media occidentali

Il Benin si prepara ad accogliere il Papa che domani pomeriggio giungerà nell’aeroporto internazionale di Cotonou “Cardinale Bernardin Gantin”. Il 22° viaggio apostolico di Benedetto XVI, il secondo in terra africana, si inserisce nei festeggiamenti per i 150 anni dell’evangelizzazione del Paese. Tra gli eventi principali, la consegna dell’Esortazione Apostolica "Africae munus", che raccoglie quanto emerso nel II Sinodo dei vescovi per l'Africa, l’omaggio alla tomba del card. Gantin nella Basilica di Ouidah e la visita al seminario della città, il primo dell’Africa Occidentale. E’ il Benin degli abiti colorati, delle ceste di frutta portate con fierezza sulla testa dalle donne, dei fumosi e intrepidi zemidjan, i motorini di Cotonou, capitale economica del Paese, che si appresta ad abbracciare il Papa. Un Paese povero, dove le bancarelle in lamiera e legno scorrono senza soluzione di continuità sotto le palme che collegano il tragitto che farà il Papa in questi giorni, da Cotonou a Ouidah, capitale religiosa dello Stato, e dove le zuppe sono vendute sul ciglio della strada, vicino a bottiglie di benzina non regolare a basso costo, banane, spezie, copertoni, ananas, papaya persino divani e bare. In queste ore, nonostante il caldo e la forte umidità, si lavora senza sosta per pitturare, tappare buche, asfaltare, abbellire il più possibile. “Arriva il Santo Padre” è la frase ricorrente, anche di chi non è cattolico, che vuole comunque ascoltare la voce di un “Capo importante”, rimarcano. Tutte le testate del Paese scrivono della imminente venuta del Successore di Pietro: il quotidiano La Nation apre con una foto-notizia del Papa e la didascalia: “L’Africa è un continente da esplorare”. Il quotidiano ha anche realizzato uno speciale sulla visita di circa 80 pagine. Fraternité scrive come la capitale si stia facendo bella. Benedetto XVI arriverà a Cotonou, prima tappa di un viaggio di tre giorni, attraversando entrambi i lati della città. Vedrà i grandi cartelloni che ritraggono il suo volto con scritto “Kwabo” “Ekabo Wezon, Nakayo”, “Benvenuto” nelle lingue locali. Soprattutto vedrà e respirerà l’accoglienza di un intero popolo che nella sua semplicità, povertà, e diversità di culti attende con amore filiale le parole di riconciliazione, giustizia e pace che porterà con sé. Nel suo intervento al termine del Sinodo per l'Africa, pronunciato completamente a braccio, due anni fa il Papa definì "una sfida non facile" il tema "Riconciliazione, giustizia e pace" perchè "implica certamente una forte dimensione politica, anche se è evidente che riconciliazione, giustizia e pace non sono possibili senza una profonda purificazione del cuore, senza un rinnovamento del pensiero, una 'metanoia', senza una novità che deve risultare proprio dall’incontro con Dio. Ma anche se questa dimensione spirituale è profonda e fondamentale, pure la dimensione politica è molto reale, perché senza realizzazioni politiche, queste novità dello Spirito comunemente non si realizzano. Perciò la tentazione poteva essere di politicizzare il tema, di parlare meno da pastori e più da politici, con una competenza, così, che non è la nostra". "L’altro pericolo - disse il Papa riassumendo bene le difficoltà emerse nelle discussioni tra i vescovi africani - è stato proprio per fuggire da questa tentazione: quello di ritirarsi in un mondo puramente spirituale, in un mondo astratto e bello, ma non realistico. Il discorso di un pastore, invece, deve essere realistico, deve toccare la realtà, ma nella prospettiva di Dio e della sua Parola. Quindi questa mediazione comporta da una parte essere realmente legati alla realtà, attenti a parlare di quanto c’è, e dall’altra non cadere in soluzioni tecnicamente politiche; ciò vuol dire indicare una parola concreta, ma spirituale". "Alzati, Chiesa d'Africa", esortò poi Joseph Ratzinger nella Messa concelebrata in San Pietro al termine del Sinodo affermando che la Nuova Evangelizzazione "assume oggi il nome della riconciliazione" e richiede di "instaurare rapporti di giustizia tra gli uomini per costruire una pace equa e duratura...". In sostanza, dunque, Benedetto XVI intende valorizzare il ruolo del continente africano come "polmone spirituale" di un mondo in crisi di spiritualità e come portatore di una cultura e una religiosità su cui il cristianesimo può innervarsi positivamente, come testimonia l'appello fortissimo lanciato nelle scorse settimane, ricevendo i vescovi angolani, ai quali ha chiesto la difesa di bimbi e anziani, vittime della stregoneria e delle pratiche magiche. Benedetto XVI, in Benin, parlerà prevalentemente in francese. In qualche momento anche in inglese e in portoghese, cioè le altre lingue più parlate nel Continente e i discorsi saranno in tutto dodici. "L'Occidente parla solo dei mali dell'Africa o parla dell'Africa solo se sono coinvolti i propri interessi, come nel caso della Libia e di Gheddafi, anche per questo per noi africani è importante che il Papa venga in Africa e manifesti la vicinanza della Chiesa", ha detto da parte sua padre Jean Pierre Bodijoko, responsabile del programma africano della Radio Vaticana.

Radio Vaticana, Agi